3
La sera del 12 dicembre, al Teatro al Parco di Parma, la redazione di Punto e Virgola Indipendente ha assistito allo spettacolo Rumori fuori scena, celebre commedia di Michael Frayn, tradotta da Filippo Ottoni e portata in scena dalla giovane compagnia The Kitchen Company, con la regia di Massimo Chiesa, nell’ambito della programmazione promossa dalla Fondazione Solares. Una performance dalla dinamicità e dalla comicità irresistibili, che cresce di ritmo nel suo stesso progredire e che riesce a coinvolgere anche gli spettatori più scettici, fino a farci alzare dalle poltrone con gli occhi colmi di lacrime per le risate.
Lo spettacolo si articola in tre atti distinti. Nel primo, insieme al regista Lloyd, nascosto tra il pubblico, si assiste alle prove generali della farsa e a tutti gli errori che la compagnia commette: equivoci causati dalle dimenticanze degli attori o da incomprensioni del testo, ingressi e uscite di scena sbagliati, piatti di sardine che appaiono e scompaiono, problemi tecnici che si accumulano. Nel secondo atto, gli spettatori sono testimoni di un vero e proprio cambio di prospettiva e si ritrovano dietro le quinte, durante una replica in tournée. Qui emergono le dinamiche interpersonali tra i membri della compagnia, che influenzano direttamente ciò che accade sul palco, rendendo la farsa ancora più caotica e assurda: oggetti di scena e personaggi scambiati, battute forzatamente improvvisate o ripetute più volte, svenimenti improvvisi. Arrivati al terzo atto, la platea torna a osservare il palco, ma la rappresentazione teatrale è ormai irrimediabilmente compromessa. La farsa si è trasformata in una catastrofe, con gli attori che continuano a inciampare in scena, a litigare nei panni dei loro personaggi e, di conseguenza, a confondere e intrecciare scena e retroscena.
Oltre a essere un esempio perfettamente riuscito di metateatro, la sfida principale per la compagnia in questa produzione non risiede tanto nel narrare la trama, quanto nel sostenere il suo estenuante ritmo fisico. La regia di Massimo Chiesa accoglie questa difficoltà puntando su una precisione quasi millimetrica: la scenografia, elemento cardine che nel secondo atto ruota svelando il caotico “dietro le quinte”, si configura come un vero e proprio partner di scena, che il cast domina con notevole agilità.
Il punto di forza dello spettacolo risiede nella gestione dei tempi comici, fondamentali per evitare che la farsa fittizia collassi nel caos puro degli equivoci. Se nel primo atto la compagnia riesce a tratteggiare con intelligenza le dimenticanze e le incomprensioni degli attori, è nel secondo che la performance assume un carattere decisamente atletico. Qui la recitazione si concentra soprattutto sul corpo: la quasi totale assenza di dialoghi parlati esalta la capacità mimica di tutti gli interpreti (Eleonora d’Urso, Mauro D’Amico, Andrea Tich, Fatima Corinna Bernardi, Caterina Cottafavi, Federico Calistri, Daria D’Aloia, Fabio Facchini, Marco Zanutto), capaci di comunicare gelosie, litigi e sabotaggi attraverso una coordinazione coreografica ammirevole.
Tra le sfide affrontate dagli attori e dalle attrici spicca anche la gestione delle diverse flessioni vocali: tutti si dimostrano abilissimi nel passare istantaneamente dal tono impostato della farsa Con niente addosso a quello nevrotico e privato dei loro ruoli “reali”. Più che una semplice commedia, questa produzione si rivela così un vero e proprio omaggio alla fatica del mestiere teatrale, dove la professionalità si traduce in una tecnica attoriale solida e travolgente, indispensabile per salvare l’opera dal collasso definitivo nel terzo atto.
Attraverso questo continuo e perfetto scambio tra scena e retroscena, l’opera svela agli spettatori i meccanismi più segreti delle rappresentazioni teatrali e dell’essere umano stesso, creando un connubio efficace che non solo diverte, ma invita anche a riflettere sulla complessità del teatro e delle relazioni umane. Rumori fuori scena ci ricorda che il teatro è un organismo vivo, in cui il confine tra personaggio e persona è sottilissimo: un ingranaggio apparentemente fragile che, proprio mentre finge di rompersi, regala al pubblico una delle pièce più coinvolgenti e divertenti della stagione.