21 settembre giornata mondiale dell’Alzheimer
Con l’aumento dell’età media della popolazione mondiale, fattori di stile di vita e ambientali negativi, si è assistito negli ultimi anni a un incremento di patologie di demenza, che colpiscono soprattutto le persone anziane.
La più diffusa tra le diverse tipologie di demenze esistenti è la malattia di Alzheimer, la quale secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità rappresenta la settima causa di morte nel mondo (The top 10 causes of death, OMS).
Cosa comporta questa patologia? Essa determina una progressiva degenerazione della comunicazione neuronale, dovuta alla presenza di un accumulo di strutture proteiche anormali nel cervello. Con l’avanzare della malattia, il tessuto cerebrale si atrofizza determinando progressivi deficit cognitivi quali perdita di memoria, attenzione, linguaggio, capacità di ragionamento, pianificazione e percezione; una perdita di autonomia nelle azioni quotidiane con difficoltà a camminare e a deglutire oltre che un crescente stato di confusione, disorientamento seguito da allucinazioni, deliri. È una malattia che coinvolge non solo chi ne è affetto, ma tutti coloro che gli stanno attorno, i familiari sopra chiunque altro. Sono coloro che ogni giorno devono fare i conti con l’idea di star perdendo lentamente e irrimediabilmente una persona cara, amata. Questa è una malattia ladra. A chi n’è affetto ruba, pian piano, tutti i ricordi, pezzettino per pezzettino, creando lacune dal fondo buio; ruba l’autonomia e infine ruba persino l’identità. La luce vitale e luminosa degli occhi si affievolisce e si perde nei meandri dell’oblio.
Secondo il Rapporto Annuale ISTAT 2025 (al Cap. 2, Popolazione e società) l’Italia si conferma uno dei Paesi più anziani al mondo, con 1/4 della popolazione di over-65 e più di 4,5 milioni d’individui over-80. Basandoci sulle ultime stime (effettuate tra 2021/2023) pubblicate dal Ministero della Salute, sono circa 1 milione e mezzo i casi di demenza presenti, ad oggi, in Italia ai quali si associano circa 3 milioni di caregiver (operatori sanitari di servizio, badanti, familiari) che si occupano dei pazienti affetti da questa malattia neuro-degenerativa. È una cifra destinata ad aumentare significativamente nei prossimi anni, con numeri che arriveranno a superare i 2 milioni nel 2050 a causa dell’invecchiamento della popolazione.
L’Italia invecchia, ma le condizioni di vita non migliorano.
Molti passi sono stati mossi dal governo italiano negli ultimi anni, ma ancora molto c’è da fare. Si parla di una vera e propria emergenza di salute pubblica che viene evidenziata dall’irrobustirsi della malattia: una nuova diagnosi ogni 3 secondi.
Nel 2014 in Italia è nato il Piano Nazionale Demenze, un importante documento di sanità pubblica che fornisce indicazioni strategiche per la promozione e il miglioramento degli interventi nel settore delle demenze. Grazie al sostegno di legge, scritto con il contributo della Federazione Alzheimer Italia, nel 2020 è stato approvato il Fondo per l’Alzheimer e le Demenze ovvero uno strumento utile a finanziare progetti regionali sperimentali. Questi si basano su 5 linee guida progettuali che riguardano: potenziamento della diagnosi precoce dei disturbi neuro-cognitivi (MCI) e sviluppo di carte del rischio cognitivo; una diagnosi tempestiva dei disturbi neuro-cognitivi maggiori; sperimentazione e diffusione di interventi di telemedicina per la continuità assistenziale; sperimentazione e diffusione di interventi di tele-riabilitazione, per migliorare la qualità della vita dei pazienti; sperimentazione e diffusione di trattamenti psico-educazionali, cognitivi e psicosociali.
Un primo finanziamento del fondo ha previsto l’investimento di 15 milioni di euro per il triennio 2021-2023 e un secondo finanziamento di circa 34 milioni di euro è stato approvato con la legge di bilancio 2024, per il triennio 2024-2026. Nel caso specifico, l’Emilia Romagna finanzia l’assistenza a persone con demenza e Alzheimer tramite il Fondo Regionale per la Non Autosufficienza (FRNA) che supporta servizi quali centri per disturbi cognitivi (CDDC), assistenza domiciliare(ASL), centri diurni, e interventi temporanei di sollievo per i familiari (attraverso RSA, residenze sanitarie assistenziali). Per accedervi è necessario rivolgersi al medico di famiglia, al servizio assistenza anziani o all’assistente sociale del proprio comune, che possono indirizzare verso la rete di servizi territoriali.
L’Alzheimer è una malattia estremamente complessa, causata da processi biologici non del tutto compresi poiché colpiscono il cervello in modi diversi. Non esistono farmaci specifici per fermare la malattia, ma la ricerca continuerà a investire sulla prevenzione analizzando gli specifici fattori di rischio. La maggior parte delle terapie prevede trattamenti non farmacologici e psicosociali ovvero trattamenti di stimolazione cognitiva, di adattamento alla realtà, che aiutano a gestire i disturbi di comportamento legati alla demenza i quali sono i più difficili da sostenere, perché spesso sono legati, non tanto alla malattia, quanto a un bisogno non intercettato del paziente.
Le ultime novità nel campo delle terapie possibili per il trattamento della malattia in fase precoce risalgono a quest’anno.
Nel gennaio 2025 sulla rivista scientifica internazionale Alzheiemr’s Research&Therapy è stata pubblicata una ricerca sulla scoperta di un nuovo gene, GRIN2C, coinvolto nella patologia dell’Alzheimer. Il 15 aprile 2025 l’EMA (Agenzia Europea per i medicinali) ha approvato l’ingresso in Europa del farmaco Lecanemab, contenente il primo anticorpo monoclonale anti-amiloide per il solo trattamento in fase precoce di malattia. Inoltre, ad agosto 2025 è stata pubblicata una ricerca sulla rivista scientifica Nature da un team della Harvard Medical School, la quale suggerisce che la carenza di litio nel cervello potrebbe portare allo sviluppo dell’Alzheimer. I risultati di queste ricerche lasciano aperte nuove opportunità per diagnosi, prevenzione e trattamento della patologia, ma sono necessari ulteriori studi metodologicamente rigorosi sugli esseri umani per decretarne l’effettiva efficacia.
Nonostante la ricerca prosegua e nonostante i supporti finanziari fin ora approvati dal governo italiano, persistono delle criticità di tipo sociale, psicologico ed economico puntualizzate da medici, assistenti sanitari e pazienti stessi: carenza di supporto per i caregiver, l’aumento dei costi a carico delle famiglie (il costo annuale per paziente è salito del 15% rispetto al 2015) e la conseguente necessità di riforme nel servizio di assistenza sanitaria.
Dall’ultimo report pubblicato dall’organizzazione internazionale no-profit Alzheimer’s Disease International nel 2024, oltre a queste criticità è emerso con prepotenza un ulteriore problema relativo alla malattia. Un problema civile, che riguarda e coinvolge tutti noi: lo stigma sociale.
È stato effettuato un sondaggio su oltre 40mila intervistati tra persone con demenza, caregiver, personale sanitario assistenziale e popolazione generale, provenienti da 166 Paesi in tutto il mondo, sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza. I risultati rivelano che il 65% dei professionisti sanitari e assistenziali e l’80% della popolazione generale crede erroneamente la demenza come parte inevitabile del processo di invecchiamento, piuttosto che una condizione medica. Questi numeri rappresentano un significativo aumento rispetto al 14% e 66% dell’ultima indagine condotta nel 2019. Peggiora anche lo stigma che circonda la demenza, che viene sperimentato dall’88% delle persone che vivono con la malattia, tanto che 1/3 delle persone ha dichiarato di evitare le situazioni sociali. Infatti, la solitudine e l’isolamento colpiscono non solo le persone con demenza, ma anche chi si prende cura di loro: il 47% dei caregiver ha smesso di accettare inviti da amici e familiari, il 43% non invita più ospiti a casa propria.
Dall’indagine emergono anche alcuni dati positivi: sempre più persone sono consapevoli degli effetti del proprio stile di vita sul rischio di sviluppare la malattia, con oltre il 58% del pubblico generale che ritiene che la demenza sia causata da abitudini non sane. Inoltre, più del 96% crede nell’importanza di una diagnosi medica.
Il World Alzheimer Report del 2024 ci invita a rivedere conoscenze e pregiudizi legati alla demenza, di acquisire consapevolezza in merito ed è un richiamo alla necessità di promuovere azioni coordinate di politica sanitaria per creare ambienti inclusivi e di supporto per le persone con demenza e i loro caregiver.
Nessuno è estraneo all’Alzheimer. Non è solo una malattia individuale: è una sfida sociale che ci riguarda tutti.
Chi ha il privilegio di ricordare non resti indifferente verso chi non può più farlo.
Ricordiamoci di chi dimentica – ogni giorno – e impegniamoci, attraverso l’informazione, l’empatia e la consapevolezza, a superare lo stigma che ancora la circonda. Solo così potremo sostenere davvero i pazienti, le loro famiglie e affrontare insieme una delle sfide più urgenti della nostra società. Solo così potremo custodire, insieme alla memoria, la dignità, l’identità e l’unicità di chi, pur dimenticando, non smette di essere una persona con la propria storia alle spalle.
Fonti: Federazione Alzheimer Italia, sito Ministero della Salute, World Alzheimer Report 2024 su Alzheimer Disease International.
Autore
Erica Zambrelli