Il 23 maggio, l'estate si avvicina, le giornate si allungano, inizia a fare caldo e si iniziano a vedere i frutti estivi che crescono sotto i bei raggi di sole.
Lungo l’autostrada ci sono macchine che camminano, che iniziano a dirigersi verso le loro case o le mete più ambite.
C'è anche un magistrato che da anni combatte un fenomeno che, nella bella e radente Sicilia, ha portato tanto sangue e tante risposte mai date.
Con lui c’è anche la moglie, Francesca Morvillo, la prima donna magistrato a lottare in numerose battaglie per la giustizia.
Nella stessa macchina ci sono altre persone che non hanno mai avuto voce, ma che hanno giurato sulla Costituzione per difendere la patria: sono gli agenti della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Avanti, la macchina corre lungo l'autostrada, ma ad un certo punto, all’altezza di Capaci, il mondo si ferma per qualche minuto…
La giustizia italiana perde uno dei più grandi magistrati della sua storia.
Sono ore di terrore, ore in cui si cerca in tutti i modi di trovare le persone, di trovare in mezzo alle macerie una speranza, ancora, in quella terra piena di gioia.
Continuano ad arrivare persone, elicotteri, vigili del fuoco, e continua il lavoro incessante per cercare di trovare ancora qualcuno in mezzo a quelle macerie.
Qualche giorno dopo ci sono i funerali. La chiesa brulica di gente che cerca di farsi spazio per dare l’ultimo saluto a persone che hanno combattuto contro quel male chiamato mafia, che ha creato troppo, troppo dolore.
Qualche mese dopo muore anche il compagno di lotte di Falcone, Paolo Borsellino, anche lui ucciso sotto il tritolo, sotto l’indifferenza di uno Stato che non riesce a dare risposte o soluzioni per combattere il fenomeno mafioso.
Gli anni passano, però il ricordo – ma soprattutto le idee – rimangono più forti che mai, in tutte quelle persone che ogni giorno portano avanti l’idea di legalità, l’idea di un mondo migliore, contro la mafia, contro gli indifferenti.
Gli anni passano, ma il ricordo – e soprattutto le idee – restano più vivi che mai in tutte le persone che ogni giorno scelgono di portare avanti l’idea di legalità e giustizia.
Perché, come ci ha insegnato Antonio Gramsci, il vero nemico non è solo chi compie il male, ma anche chi si volta dall’altra parte, chi sceglie l’indifferenza.
Gramsci odiava gli indifferenti, quelli che “patteggiano”, che non prendono posizione, che evitano di schierarsi quando è necessario.
Perché l’indifferenza è complice del male: è un silenzio che lascia spazio all’ingiustizia, è una scelta che permette alla mafia di sopravvivere.
Ecco perché scegliere di lottare, di parlare, di agire, è un atto di coraggio e di responsabilità. Non si può restare neutrali davanti alla sofferenza e all’ingiustizia.
Qualche giorno fa, la città di Parma ha conferito la cittadinanza onoraria a Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Libera è molto più di un’associazione: è una rete viva e presente in tutta Italia, che da anni si impegna nel costruire una cultura della legalità e della responsabilità civile, lottando ogni giorno contro le mafie, la corruzione e l’indifferenza.
Con il suo lavoro, Libera dà voce ai familiari delle vittime innocenti, supporta i giovani, tutela i più deboli e promuove l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. È un esempio concreto di come si può trasformare il dolore in impegno, la memoria in azione.
Nel suo discorso, Don Ciotti ha citato Trilussa, ricordandoci che si resta giovani finché si continua a conoscere, a cercare, a lottare per ciò in cui si crede. È questo spirito che ci deve guidare: la voglia di costruire un futuro fondato sulla giustizia, sull’impegno quotidiano, sull’amore per la verità.
E dopo queste citazioni, possiamo solo continuare a portare avanti le idee che Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani hanno difeso fino all’ultimo istante, perdendo la vita per un’Italia migliore.
Autore
Pietro Intini
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