“E quando torni? Quando ci vediamo? Sei stato pochi giorni. Ti voglio vedere presto. In estate, con tua madre, prendete un volo e venite. Promettimelo.”
“Nipote” di una terra lontana. Distante per i chilometri, per l’infecondabile e forte identità, per i valori della gente e per il calore umano che ti avvolge e ti protegge dalla solitudine.
Sicilia. Tra le onde e il vento, tra l’azzurro e il verde, dalla profondità all’altitudine.
Terra mozzafiato, di principi, di pescatori e contadini. Di olive e agrumi. Profumi e spezie che inebriano e caratterizzano i borghi, le case e le piazze. La cucina è l’amore di una madre, è convivialità e famiglia. Mi sono disabituato a non riconoscermi in mezzo alle persone di queste vie. Mi sono sempre sentito parte di questa gente, abbandonavo i miei pensieri per perdermi nei ricordi.
“Il gelso? Non c’è più. C’è solo il masso tigrato, ov’io sedea, nascosto, all’ombra. Vaghi pensieri indefiniti, come un’aura lieve, l’anima infantile mi commoveano. Arcani godimenti, ansie d’ignota attesa! Eran le foglie l’ali del ramo? E di volar la brama non le facea così forse brillare? Così gl’incetti desideri allora palpitavano in me quasi senz’ali. ”
Pirandello nella poesia “Ritorno” rievoca l’infanzia, e nel passo sopracitato, attraverso un forte legame con la natura, descrive cosa gli provoca ritornare in luoghi e memorie a lui cari. Il gelso non c’è più, perché il tempo inesorabile ha fatto sì che rimanesse solo un masso. Racconta il forte mistero negli occhi di un bambino, che non sa cosa desidera, come le foglie vorrebbe volare ma non ha le ali, sogna inconsapevole della vita difficile che gli spetta, perché non ha ancora vissuto nulla. Da adulto nota che c’è una grande distanza tra il passato e il presente, tant’è che il luogo scompare perché non è più lo stesso, rimangono solo i ricordi puri che vibrano la memoria.
Ho viaggiato per tanto tempo con la mente, per cercare di non scordarmi nulla del mio passato e di dare valore ad ogni singolo momento sacro della mia vita. Riviverlo con lo sguardo da bambino ormai adulto è un’altra cosa. La sensazione è piacevole, ma a volte si rivela ingannevole e amara. Ogni estate rivivevo quei posti che mi hanno cullato e cresciuto. Costantemente con una visione diversa della vita. Questa volta il ritorno è stato più difficile del previsto, perché ho perso tanto per strada, così tanto da smarrire e dover ritrovare il senso del viaggio e del legame con questa Terra.
Sono tornato, ma sento freddo stavolta.
Ho camminato per le vie del paese e ho cercato ricordi d’infanzia, d’estate, che mi infrangessero, che mi scaldassero e che sciogliessero le barriere che negli anni mi sono creato. Non è facile partire da zero, perché credi di essere stato troppo lontano da qualcosa che non senti più vivo dentro di te.
Tornare a casa non è un viaggio qualsiasi. Non è un’esperienza nuova, non è una vacanza. È una missione, una lotta con il passato, è l’abbraccio di chi non se n’è mai andato, di chi ha scelto di non partire, ma è anche la conferma che qualcosa è cambiato, che qualcuno non c’è più e che nessuno ti tiene più la mano: non sei più bambino e devi contare solo sulle tue gambe, solo su te stesso. Tutto cambia. Io sono cambiato, gli occhi della gente, il cielo, il sapore dei cibi sono diversi. L’aeroporto non è più lo stesso: gli aerei sono sempre più popolati, la gente vola sempre più lontano. Ci sono più macchine ma la strada è sempre più dissestata.
Accetti di dare un altro volto all’immagine che avevi di casa, di legami e di amore?
Ho rivisto negli sguardi famiglia, unione, sorrisi e ho rivisto mamma felice, dopo diverso tempo. Sono passato a salutare chi non c’è più, gli ho portato fiori e lacrime. Ho superato un cancello, mentre seppellivano delle bare, c’erano dei vasi spogli e degli occhi spenti. Cercavo un cognome, una foto, l’ultima memoria. Toccavo delle loro foto i volti e la loro espressione mi entrava nel cuore, io aprivo e richiudevo il lucchetto. Tutto quello che mi manca in un’immagine. La Sicilia era casa, i nonni erano casa. E tornare nell’isola in cui sono cresciuto non sarà mai più lo stesso. Si è infranto un legame insieme alla morte di chi mi è stato sempre più vicino. Ora ricostruirlo sembra impossibile, ma se quell’immagine dovrò cercare per ripensare a quell’amore ormai perduto. Allora, lo farò e non smetterò di ritrovarti mai, mia isola, nonostante sia sempre difficile riabbracciarti e poi dirti addio. Per l’ennesima volta.

Ero felice utilizzavo solo parole nude
avevo da poco disimparato a vestirmi
La pelle era una coperta di domande
Sur mes cahiers d’écolier
il mio nome
E l’orizzonte ferito
da un capello di vene
Cominciavano i luoghi dove il battesimo del pianto
produceva ricordi disossati
Dio non aveva più altari
bestemmiava il nostro stesso freddo
Ero breve
Ero neve
Subaffittavo il respiro
Traslocavo
Migravo negli orinatoi della nebbia
Torna mio
una preghiera
Non fingermi vostro
leccami il perdono dalle labbra
le tenebre dalle unghie
Ripetimi dove cadrà la mia vergogna