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Domani parto. Non aspettatemi. Voglio dimenticare. Il Treno fischia, nessuno lo sente, credono che io sia pazzo. Prendo una pausa, ti lascio un addio, perché io temo l’amore, e me ne voglio privare. Me ne devo privare, devo scappare. Le campane suonano, il tempo ci ha lasciati a pensare, ora pretende una risposta. Questo suono mi perseguita, un ticchettio che mi fa sbattere le palpebre, mi ricorda i primi passi, dove sono finito per camminare, senza alzare mai lo sguardo. Continuo il cammino, continua a cambiare il paesaggio, ma le gambe sono sempre le stesse: stanche. Dove devo arrivare? Potrò finire la corsa? Basterà il fiato?
Oggi sono sul letto che penso, ed immagino come andrà a finire quando ti vedrò. Temo che non ci possa essere un finale. Una clessidra ferma, una sinfonia tacita, un mare piatto. Rimango in apnea per un po’. “Chissà se avrò la forza di uscire”. Non è stato, mai, così tanto difficile scegliere. Vivere imponendosi di vivere così, o vivere con la speranza che qualcosa cambi. Ma un cambiamento di per sé ha il bisogno di una detonazione, di un trampolino di lancio. Sennò tanto vale stare fermi e aspettare, che tanto, solo i padroni del proprio destino gioiranno della bellezza delle piccole cose, della vita e dell’amore. Chi è schiavo di sé stesso è destinato a perdersi, a legarsi alle brutte abitudini, all’apparenza delle cose. Se temo un amore che non conosco, come posso pretendere di essere amato? Merito la solitudine.
Ieri, stavo costantemente solo, tanto da non incontrare mai una persona che riconoscesse il mio dolore. Questo non faceva che accrescere il mio desiderio di cercarti. Quante volte mi sono sentito incompreso, quante volte non c’eri e pensavo di non poterti mai trovare. L’amore era l’impossibilità certa, la volontà di respirare, poco alla volta, non affannosamente, non così tanto da finire il fiato. Qualcosa che non basta mai, che si vuole divorare ma che ci divora, consuma, che ci esaurisce. Non volevo prenderti in giro dio tempo, volevo solo fermarmi un attimo per piangere. Ogni lacrima per rinascere, per affrontare il dolore di ieri, di oggi e di domani. Autocommiserazione come unico inizio e unica fine, Io non so Amare Te, ma nemmeno me stesso.
Autore
Massimiliano Rossetti