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Socchiudo i cassetti dei sogni e apro quello più grande, della speranza. Ci sono giorni in cui penso al piccolo principe che c’era in me, ormai arrendevole. Si stringe un cerchio mentre invecchiamo, sempre più impotenti contro la vita.
Abbandonato in una strada, tra due marciapiedi, vedo una riga sbiadita segnata dalle crepe nel cemento, dalle macchie d’olio e dalle impronte delle gomme. Chiunque attraversa quella strada, ma c’è sempre chi si ferma in mezzo, irrisolto, incapace di scegliere la direzione. Le macchine però passano lo stesso: t’investono, incuranti ti schiacciano e costretto diventi un’altra vittima dell’indifferenza, dell’invidia e del rimorso.
La speranza ti lascia sospeso in aria. Non puoi essere travolto dall’ignavia, ma non puoi nemmeno muoverti: non puoi scegliere. Tenti qualche passettino… ma non rischi mai fino in fondo! Ti affidi a Dio o a ciò in cui credi. Speri per tutta la vita che succeda qualcosa: che arrivi una scintilla o si scateni un fuoco. Ma abbandonarsi al caso, prima o poi, indipendentemente da come decidiamo di non muoverci, brucia ogni nostro modo di esistere.
Non voglio cibarmi di pallide speranze. Non voglio dipendere dagli altri per continuare a vivere. Desidero essere il protagonista di questa vita.
La speranza ai deboli, a chi non vive, alle persone in malafede, a chi piange nel rimorso, ai traditori, ai seguaci, alle storie fiabesche, ai millantatori, ai doppiogiochisti, alle vittime di sé stessi, a chi si lascia illudere e ferire.
Giochi, combatti o speri… siamo tutti uguali. Siamo tutti spogli davanti alle nostre fragilità. Baudelaire racconta, in uno dei suoi libri, di una speranza che, come un pipistrello dentro una cella, sbatte le ali e cerca una via d’uscita ma, continuando a scontrarsi contro le pareti della stanza, è destinato a una fine angosciante. Rispetto alle difficoltà di questo mondo noi siamo figli dell’angoscia. Non della speranza, che ci illude e che ci tradisce con gentilezza, mentre l’anima si chiude dentro una stanza e smette di respirare.
Noi siamo un forte respiro. Non possiamo chiuderci dentro una stanza, dove volare diventa inutile, designati a soccombere e soffrire. Non si possono fare dei buchi nelle pareti, ma ci si può sempre muovere senza scontrarsi con i limiti, senza cadere; ogni volta mantenersi, credendo di fare la cosa giusta. Poi un giorno faremo i conti con il passato e tireremo le somme. Fino ad allora non ci resta che vivere, sbattere le ali, combattere ed essere forti. Tutti nasciamo nudi, aggrappati alla stessa esistenza, nulla ci viene regalato. Esistiamo per metterci alla prova, per sudare e ripagare i sacrifici, rialzandoci nei momenti difficili e ripartendo per trovare il nostro spazio, la nostra identità tra la gente, nel caos, tra chi spera, prega, lotta o muore.
Autore
Massimiliano Rossetti
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