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Le foglie non si muovono. C’è caldo e siamo fermi, immobili. Nemmeno un soffio di vento o una nuvola che copre il sole, può rasserenarmi. Bagno il pavimento, appoggio la testa sulle piastrelle fresche, vedo le stelle.
Ora posso scrivere, ma devo sbrigarmi, mi rimane poco tempo, scrivo, prima che le stelle svaniscano e che il pavimento sia di nuovo bollente. L’estate mi porta indietro nel tempo e si prende tutto. Anche la pazienza. Non posso fermarmi, devo scrivere. Devo distaccarmi dalla realtà, abbandonare il corpo e viaggiare nei ricordi. Cerco qualcosa che mi aiuti a sopportare il caldo. Cancello tutto, riscrivo, ma la pagina rimane arida. Mi chiedo: Perché odio l’estate? È solo colpa dell’afa? Perché quand’ero piccolo mi piaceva così tanto ed ora no?
Non posso più chiederlo al bambino che sono stato. Però posso ricostruire un’immagine, addentrarmi nelle memorie e ripopolarle.
Con l’estate penso alla Sicilia. Quand’ero un bambino finivo la scuola, poi, trascorrevo tre mesi -i più caldi- dai nonni, nell’isola della triade. Il caldo non si sentiva, ero libero. Come se dopo nove mesi, una volta all’anno scappassi dalla prigione di massima sicurezza di Parma e latitassi a Palermo, dove nessuno poteva trovarmi. Ho avuto un’infanzia difficile per via della scuola. Dai compagni, non mi sono mai sentito troppo considerato, nemmeno da chi credevo amico. Mi sono sempre sentito sbagliato, perché mi facevano sentire diverso. Andare via, per me, significava cambiare aria, uscire dalla cella, cercare una nuova casa. E ci riuscivo, tutte le volte. Così bene, che tornare a Parma era sempre un trauma. In estate mi abituavo troppo bene. Stare con i nonni diventava normale, come essere felice e tranquillo. Ero in vacanza, ma sarei stato lì per sempre. Spesso avrei voluto che il volo Parma-Palermo fosse solo andata. Non è mai stato così, e purtroppo, non c’è più il desiderio che sia così, anche se l’estate era il mio salvagente.
Ora…
Non ho più ragioni di crederlo. Non è più così semplice. La vita non è più semplice.
La Sicilia mi è rimasta impressa nel cuore, scrivo spesso di lei. Penso spesso a chi l’ha costruita, guarita, migliorata, come i miei miti: Falcone e Borsellino. Le loro idee, il loro lavoro e il loro coraggio, sono sicuro che continueranno ad ispirare le attività di magistrati, uomini di giustizia, di diritto. Rimarranno impresse: in tutte le persone che non rappresentano e non si assoceranno mai, allo Stato marcio di quegli anni, e a quello di oggi, che ancora si abbuffa di innocenti. Sono sicuro che passare da Capaci, mi susciterebbe gli stessi sentimenti di sempre.
Ma dove ho lasciato l’amore non è rimasto più niente. Non ci sono più i nonni, non c’è più la casa dove ho passato tutto quel periodo felice.
Non ha più senso tornare. E se non torno più a casa, cosa me ne faccio dell’estate!? È una stagione come le altre. Forse, è quella che mi ha deluso di più. Tanto da farsi odiare.
Odio l’estate, perché è appena iniziata, ma per me è già finita, da diverso tempo.
Autore
Massimiliano Rossetti