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Giovedì due Ottobre ero in giro per sbrigare alcune commissioni a nome del giornale. Nel bel mezzo della mattinata ricevo la chiamata di un mio collaboratore che, più o meno, dice questo «Corri, per Dio!! Vieni qua insomma!! Dove sei?? Vieni al chiostro di lettere, qui c’è del fermento, sbrigot!». Controllo il conta km: ho 15 euro in tasca e la macchina in riserva. Imbraccio la macchina fotografica come se fosse una bandiera (chi ci ha visti per strada sa che alle volte la è stata) e mi precipito sul posto. Appena arrivato, effettivamente, il quadro che emerge dalla manifestazione per la Flotta è abbastanza raccapricciante. Ma facciamo un passo indietro: il chiostro di Lettere dell’università di Parma quella mattina, come comunicato sui social precedentemente e in linea con lo sciopero nazionale, era stato occupato dalle rappresentanze studentesche e dai liberi studenti come atto di solidarietà alla causa palestinese. Come a Parma, anche nel resto d'Italia si sono registrate centinaia di migliaia di persone scendere in piazza e occupare gli spazi pubblici per esprimere il proprio dissenso. A mio parere, è stato una evento di grande cifra etica. Tornando al chiostro di lettere: arrivo, noto che un gruzzolo di persone (da ambedue le parti) tutte concitate e in preda all’isteria discute sotto i portici dell’università, urla e si fa trattenere come intenzionata a violenze di vario tipo. Secondo alcuni presenti il fermento sarebbe nato dopo l’arrivo di «Azione Universitaria»: alcuni ragazzi hanno avuto l'idea di contestare una manifestazione pacifica senza nessun tipo di contro appello, ma muniti di piccoli fogli scarabocchiati con scritto sopra «basta occupazione». La discussione si è fatta confusa, i toni si sono accesi e qualcuno ha faticato ad esprimere le proprie ragioni. Da lì, in tutta onestà, non ho capito chi abbia iniziato a discutere. «Qui c’è profumo di notizia!!» Ho pensato. Mi avvicino e una ragazza mi ferma: «tu sei Mainolfi, di Puntoevirgola?» «Certo, sono io… Ovviamente! Portami sul luogo del delitto». Tiro spallate a destra e a manca per farmi strada (leggermente), qualcuno mi riconosce, mi accendo una sigaretta, penso alla meraviglia di quella manifestazione che abbracciava le strade di Parma da giorni e intanto mi chiedo quali possano essere le obiezioni contro questo movimento che ha visto ventiduemila persone scendere nelle strade e nelle piazze della nostra città. Quali possano essere le obiezioni contro lo sciopero, le manifestazioni, la solidarietà verso un popolo oppresso, la voce di una parte d’Italia che lotta al fianco di qualcuno per un mondo più giusto. Cammino così: pieno di domande e proprio lì, nella nebbia dei miei pensieri e l’orizzonte coperto dalle spalle di colleghi e colleghe, mi si para davanti X (lettera fittizia). Tal X. è un esponente di azione universitaria (che non citerò perché non c’è stato abbastanza tempo per una discussione più completa sui temi trattati). Dapprima un po’ preoccupato alla parola «giornale», decide poi, spinto dagli amici, di rispondere ad alcune domande. Vi avviso, quello che ne è uscito è davvero sconcertante. Maradini Riccardo, mio caro amico e collaboratore, parte con la prima domanda: «Perché non si supera questa narrazione polare che divide l’Italia tra fascisti e comunisti? È vecchia e non funziona più» La risposta di X, che ho prontamente appuntato sulle note del mio telefono davanti ai suoi occhi, e agli occhi di tutti, è esattamente questa: «al mondo d’oggi, poiché la storia è ciclica, l’opinione pubblica si ritrova polarizzata, non esistono sfumature. Il riflesso della polarizzazione è che i partiti di centro non esistono. La separazione della carriera e dei magistrati è una misura di destra. Manca democrazia cristiana…..» arrivato a questo punto X. smette di parlare, inizia a leggere dallo schermo e si gratta la testa crucciato, mi prende il telefono dalla mano e prova a cancellare alcune cose asserendo: «no no, ma così non si capisce cosa intendo». Ma procediamo…. A questo punto chiediamo «la vostra presenza oggi sta ad indicare una contrarietà rispetto allo sciopero per la flotta, o rispetto al blocco studentesco?» Da qui iniziano a partire alcune voci indistinte dal gruppetto poco distante «Per l’università!», «Per la flotta in generale e lo sciopero» e poi, addirittura, «Per l’economia Italiana». Il gruppo si ricompone e X. rilascia così un’altra dichiarazione (è gasatissimo), che citerò, anch’essa, letteralmente: «Siamo contrari agli scioperi che interferiscono con i pubblici servizi. Si può solo se sono autorizzati. Se non sono sovversivi (ha impiegato diverso tempo nella spiegazione del termine “sovversivo” che, detto in tutta sincerità, non ho capito).» E poi prosegue «Anche il messaggio non deve essere sovversivo: contro l’ordine prestabilito. Dal momento che dici “fuori la meloni” è già sovversivo». Lì capisco che la discussione si è spinta su un terreno curioso: se lo spazio pubblico è, per definizione, servizio pubblico, allora — seguendo questa logica — non si potrebbe manifestare da nessuna parte. Se ogni voce contraria all’ordine costituito è “sovversiva” resta solo il silenzio. Di conseguenza mi sembra di evincere che si possa manifestare unicamente nelle mura della propria cameretta… chissà, forse su Omegle? Mi riavvio alla macchina, prendo un estathé e un caffè, fumo una sigaretta, l’ultima, e le vado a ricomprare. Il conta km segna riserva sparata, in tasca ho tre euro, ma almeno mi sono scompisciato dalle risate.
Autore
Antonio Mainolfi
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