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È successo in pieno centro, in borgo del Parmigianino.
La sera del 28 ottobre, si è consumato uno scempio per cui la procura di Parma ha aperto un fascicolo. Un gruppo di giovani (probabilmente già famigerato nei chiostri universitari) ha intonato cori fascisti a suon di «Viva il Duce!», frasi che hanno riecheggiato nelle vie della nostra città, sporcandola, togliendole onore e rispetto in tutta Italia, imbrattandola con uno dei più vili crimini di cui un ragazzo o una ragazza si possano macchiare: l’apologia del fascismo.
Perché, badate bene, è proprio di questo che si sta parlando: di un crimine orrendo.
Certo, dall’elettorato medio di Fratelli d’Italia non potevamo aspettarci altro: la segretaria del loro partito, nonché premier, fin dai suoi esordi nelle politiche giovanili, lo ha sempre asserito con grande convinzione: «Mussolini è stato un grande politico e un grande statista».Certamente non si poteva pretendere qualcosa di migliore dai suoi seguaci, più stupidi, di Parma.
Intanto, il caso è diventato oggetto di polemiche su scala nazionale: «È un fatto molto grave. Aspettiamo di sentire una presa di distanza dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. O forse tacerà anche questa volta? Chissà», ha commentato la segretaria del PD, Elly Schlein.
A nostro avviso, la «politica del silenzio», così cara a Giorgia Meloni, non cesserà nemmeno in questo momento, tanto più per le immagini di quei ragazzi che, sotto sotto -ma nemmeno così tanto- stima, e in cui rivive la propria giovinezza. Molto probabilmente, in loro rivive tutte le volte in cui anche lei avrà cantato Faccetta nera. È proprio in questo spazio che collochiamo il problema cruciale: chi era fascista negli anni Novanta oggi governa il nostro Paese e legittima quelle bocche che alimentano l’odio razziale, la discriminazione di genere, il manganello e, infine, il fascismo stesso, senza averlo mai vissuto, sicuramente senza averlo mai studiato e senza conoscerne gli orrori, le trame losche, le violazioni dei diritti umani, la guerra e la soppressione della libertà.
Anche il nostro sindaco, Michele Guerra, si è espresso a riguardo:
«I valori che rappresenta questa città sono del tutto alternativi e contrapposti a quelli che, senza alcun pudore, si propagandano nella sede di Fratelli d’Italia, dove si inneggia al Duce, si cantano cori per le camicie nere e gli squadristi. Parma non accetterà né ora né mai la squallida propaganda di un tempo passato e orrendo. Non lo ha fatto da ottant’anni a questa parte, non lo farà nemmeno adesso».
E dobbiamo dire, signor Guerra, che siamo d’accordo: Parma è città di Resistenza, dei dodicimila partigiani delle valli del Ceno e del Taro, della battaglia del Lago Santo; è la città del Monumento al Partigiano, ben piantato in piazzale della Pace, che sotto la pioggia e sotto il sole ricorda a questi fascisti qual è la bandiera del nostro ducato, della nostra città, della nostra terra e del nostro popolo.
Autore
Antonio Mainolfi
Alessandro Mainolfi
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