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Oggi parleremo dei diritti umani, di come vengono sistematicamente e globalmente calpestati, come un metodo trasversale tra vari Stati che stanno provando sulla loro pelle cosa significa una deriva autoritaria, tra i quali si può menzionare anche l’Italia.
Nonostante le dichiarazioni universali e le promesse di progresso, i diritti umani sono sistematicamente violati in tutto il mondo. Le categorie più vulnerabili, tra cui donne, migranti, persone povere, la comunità arcobaleno e i lavoratori, continuano a subire discriminazioni, violenze e sfruttamento. La crescente disuguaglianza economica, esacerbata dall'accumulo di ricchezza da parte di una ristretta élite di miliardari, è un fattore che aggrava ulteriormente queste violazioni.
La politica non fa altro che alimentare un clima di contrapposizione che purtroppo porta a un clima di ostilità verso queste categorie, che però stanno fortunatamente reagendo alla violenza e alla retorica mediatica ostile, supportate sempre di più da persone non polarizzate, che magari non votano né a destra né a sinistra, perché si potrebbe anche dire che è quasi come scegliere tra due opzioni poco soddisfacenti. Il popolo italiano in particolare ha un’alta percentuale di astensionismo, ma ha alte percentuali a favore di alcuni diritti, come il matrimonio gay o l’aborto, che invece vengono osteggiate da una minoranza molto influente e ricca che rappresenta la nostra classe dirigente.
Partendo dalle donne e dalle bambine, esse sono esposte a violazioni di diritti umani a ogni livello: a livello globale si stima che circa il 35% delle donne nel mondo abbia subito violenza fisica e/o sessuale, spesso all'interno delle mura domestiche da parte del proprio partner, o del padre o di un parente stretto, è emblematico il caso di Gisele Pelicot. In molte regioni, la violenza di genere è una piaga radicata e difatti milioni di bambine sono costrette a sposarsi con uomini molto più grandi; il matrimonio precoce è un fenomeno che le espone a violenze e nega loro il diritto all'istruzione e all'autonomia.
Ci sono anche altri generi di violenza, come la mutilazione genitale femminile, una pratica dannosa, non medicalmente necessaria, ancora diffusa e inflitta a milioni di donne e bambine, che causa conseguenze fisiche e psicologiche permanenti.
Un’altra forma di violenza, forse la più grave, è la tratta di esseri umani, nella quale le donne sono le vittime principali, spesso finalizzata allo sfruttamento sessuale e lavorativo.
In Italia, la violenza sulle donne è ancora oggi molto diffusa: i femminicidi sono purtroppo frequenti, e le donne che denunciano violenza e non vengono credute o aiutate nel modo più giusto e necessario sono troppe; emblematici sono i casi di uomini che sono riusciti a togliersi il braccialetto elettronico e a uccidere l’ex. Le istituzioni italiane non fanno abbastanza, e tra l’altro manca una parità anche a livello salariale: una donna, rispetto a un uomo, a parità d’impiego, guadagna due terzi dello stipendio. C’è molto da fare per arrivare alla parità, ed è deludente avere un presidente del consiglio donna che non dà ascolto a queste esigenze.
Cambiando argomento, le persone in cerca di sicurezza, asilo o migliori opportunità economiche affrontano un inesorabile deterioramento dei diritti fondamentali, subendo violenza sulle rotte che dall’equatore li portano in Libia, Egitto, Marocco, Tunisia. Dopo questi viaggi devastanti e costosi, migliaia di rifugiati e migranti sono soggetti a estreme forme di violenza, tortura, rapimenti e sfruttamento, in particolare lungo le rotte terrestri e marittime verso l'Europa. Il deserto del Sahara è tristemente noto per avere un numero di vittime stimato doppio rispetto a quelle che avvengono nel Mediterraneo, e prima di attraversare il Mediterraneo, i migranti sono trattenuti a spese di Stati che applicano politiche molto dure, in strutture fortemente restrittive, in condizioni di forte limitazione.
Mi soffermerei sulle politiche di chiusura delle frontiere, sui respingimenti e sulla detenzione contestata in centri di trattenimento (come i Centri di Permanenza per il Rimpatrio o CPR) che sono diventati la prassi, compromettendo i diritti di richiedenti asilo e migranti, senza offrire loro l’opportunità agognata di un luogo dove poter lavorare. Una responsabilità importante di queste migrazioni è da attribuire alle guerre in corso in Africa, conflitti alimentati anche da interessi economici esterni per ottenere preziose risorse a basso costo. Chi non fuggirebbe da una guerra di stampo neo-coloniale per andare in un luogo migliore?
Parliamo poi della disuguaglianza economica che si traduce direttamente in violazioni dei diritti per la popolazione più povera e per i lavoratori, e che si potrebbe migliorare con un salario minimo, adottato ormai da moltissime nazioni, per costruire armonia sociale e restituire così dignità ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti, soprattutto dopo la grande crisi dovuta al Covid-19, ma non solo: stiamo ancora pagando la crisi dei subprime e sicuramente quella della guerra in Ucraina, che ha portato alle stelle i prezzi dei beni di prima necessità, come anche quelli dell’energia, in tutto il mondo occidentale.
Ma c’è di più: l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima che decine di milioni di persone siano vittime del lavoro forzato. I lavoratori sono spesso privati del diritto di sciopero, di libertà di associazione e di contrattazione collettiva in molte nazioni, anche nelle nostre democrazie, che a chiamarle così, come cantava Gaber, ci vuole fantasia.
Le crisi economiche hanno portato all’introduzione di politiche di austerità, che hanno duramente colpito i servizi pubblici essenziali, aumentando le disuguaglianze e minacciando diritti fondamentali come il diritto a una vita dignitosa, all'istruzione, alla previdenza sociale, alla salute, all’ambiente e alla casa.
Inoltre l'incidenza della povertà individuale tra gli occupati è in aumento in molte aree, e questo si chiama “lavoro povero”, mentre la ricchezza continua a concentrarsi in modo sproporzionato nelle mani di pochissime persone, alimentando una crisi di accesso alle risorse e alle opportunità.
Le famiglie del ceto medio e del ceto basso risentono molto delle politiche economiche di certi governi, che favoriscono l’1% più ricco e riducono i diritti di base al resto della popolazione, attribuendo poi la responsabilità di ciò ai migranti.
Rapportandoci invece alla comunità arcobaleno assistiamo alla criminalizzazione dell'esistenza, sempre metodica, sempre parte dell’impostazione ideologica di alcuni governi, come il nostro.
Le persone arcobaleno sono sottoposte a discriminazioni, violenze e, in alcuni casi, alla pena di morte per il loro orientamento sessuale o identità di genere: vedo pochissima differenza tra l’Iran e gli Stati Uniti, o l’Italia sul piano dell’ostilità sociale o politica verso certi diritti.
In molti paesi, l'omosessualità e l'identità di genere non conforme sono ancora criminalizzate. In undici stati vige la pena di morte per gli atti omosessuali.
Gli attivisti per i diritti arcobaleno sono spesso bersaglio di attacchi, aggressioni, violenze sessuali e arresti arbitrari. Le leggi contro la cosiddetta "propaganda" gender limitano la libertà di espressione e di associazione, e in Italia questo fenomeno si manifesta in varie forme. Inoltre la comunità arcobaleno è spesso frammentata al suo interno e deve necessariamente fare fronte comune contro l’odio, andando al di là dei personalismi e degli individualismi.
Molte nazioni negano ancora il riconoscimento legale a matrimoni e unioni tra persone dello stesso sesso, privando le coppie di pari diritti e protezioni; l’Italia e l’Ungheria sono le uniche nell’Unione Europea a negare il matrimonio gay. Inoltre, è drammatico il numero di persone trans maltrattate e uccise perché trans. Non si può parlare di omofobia o transfobia: fobia significa paura, qui c’è altro, c’è un odio radicato a livello istituzionale e sociale, che deve essere contrastato.
La libera espressione e la libera manifestazione e protesta sono in pericolo, e sempre più ostacolate da governi molto vicini agli interessi delle grandi aziende e dei grandi patrimoni, che hanno interesse a mantenere la popolazione in una posizione di minor forza civile. Ma qualcosa sta cambiando, perché la soglia di sopportazione dei popoli, sovraccarichi di narrazioni fuorvianti, è stata superata da tempo. Infatti l'ascesa dei governi definiti come populisti di destra o con tendenze autoritarie in tutto il mondo rappresenta un paradosso fondamentale: mentre si presentano come difensori del "popolo" contro le élite e la globalizzazione, le loro politiche mostrano spesso una profonda convergenza con gli interessi delle multinazionali, dei miliardari e delle banche.
Questa dinamica ha un impatto diretto e pesante sulla negazione degli aiuti sociali e sulla protezione dei più deboli.
Questi governi sono strettamente allineati agli interessi finanziari: nonostante la loro retorica "anti-sistema" favoriscono il grande capitale e la concentrazione della ricchezza attraverso la riduzione delle tasse per le grandi imprese e i redditi più alti (tasse sul reddito delle società e flat tax). Questo priva lo Stato di risorse essenziali che potrebbero essere utilizzate per finanziare i servizi pubblici e il welfare. Le multinazionali beneficiano di un ambiente fiscale sempre più permissivo.
Inoltre i governi di destra populista spesso promuovono la deregolamentazione del mercato del lavoro, riducendo le tutele per i dipendenti, limitando il potere dei sindacati e rendendo più facili i licenziamenti. Ciò aumenta la flessibilità per le aziende a scapito della sicurezza economica dei lavoratori.
Questi governi poi privatizzano i servizi pubblici (sanità, istruzione, trasporti) e introducono modelli manageriali aziendali nel settore pubblico, esponendo così i settori vitali di un Paese, e sta accadendo in Italia come altrove, alla logica del profitto, rendendo i servizi essenziali meno accessibili per i più vulnerabili e più vantaggiosi per gli operatori privati.
Questo avviene attraverso il lobbying e i finanziamenti ai partiti da parte dell'élite finanziaria che poi influenzano significativamente i processi decisionali di questi governi, assicurando che le leggi emanate riflettano i loro interessi, spesso in contrasto con il benessere del cittadino comune.
Inoltre fanno in modo di orientare pesantemente l’informazione attraverso la concentrazione dei mezzi di comunicazione, diffondendo talvolta dati controversi o discutibili, come per esempio i numeri sulla disoccupazione in Italia o la notizia circolata che Meloni avrebbe dimezzato il debito pubblico italiano.
Niente di tutto questo è accettabile a mio parere, bisogna lottare per cambiare.
Autore
Samuele Vegna