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Alla luce dei cambiamenti che ci sono stati negli ultimi anni relativi all’approvvigionamento energico, ci si è resi conto delle difficoltà del nostro paese a reperire energia elettrica. Il decreto legislativo 199 del 2021 varato dal governo Draghi ha l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050 così come indicato all’articolo 1 del suddetto d.lgs.
Il decreto ha semplificato lo sviluppo dei campi agrivoltaici, prevedendo la definizione dei criteri per scegliere le zone adatte in intesa con le Regioni. L’Emilia-Romagna ha definito alcuni criteri per favorire gli impianti nelle aree di minore pregio (discariche, cave dismesse, aree industriali) e ha fissato come paletto la distanza di 500 metri da luoghi di pregio storico e culturale. La corsa a costruire impianti agrivoltaici – spinta anche dal Pnrr – si è accelerata. Generando un braccio di ferro tra comuni e governo.
Il tema ha suscitato ampio dibattito tra i cittadini di Sant'Ilario d'Enza, soprattutto dopo che, nell'estate del 2024, sono emersi progetti di installazione di impianti fotovoltaici su terreni privati, attualmente destinati alla coltivazione di grano ed erba medica. Questi moduli, previsti tra Sant'Ilario e Calerno, interessano una vasta porzione di territorio, sollevando preoccupazioni e discussioni sull'impatto di tale iniziativa.
Il processo di autorizzazione per gli impianti con potenza inferiore a 10 MW segue una procedura amministrativa semplificata (PAS), che si applica anche agli impianti fotovoltaici. In questo caso, il progetto viene presentato dal proponente e il comune è responsabile di richiedere i pareri alla provincia e gli altri enti competenti.
La Regione aveva già definito le aree idonee per la costruzione di impianti, come ad esempio cave dismesse o altre zone che avrebbero ridotto al minimo l’impatto sociale. Tuttavia, non aveva specificato in modo chiaro le aree non idonee, lasciando da parte considerazioni su vincoli come quelli paesaggistici e la distanza da luoghi sensibili. Secondo il Decreto Cingolani, le aree situate a meno di 500 metri da stabilimenti industriali sono considerate idonee, e molti impianti fotovoltaici a terra rientrano in questa categoria, creando un conflitto tra le normative.
Tuttavia, nonostante anche enti come ANAS, Snam, Terna e l’Esercito non abbiano sollevato obiezioni, il comune ha deciso di opporsi. In particolare, ha ritenuto che l’area in questione non fosse idonea, poiché non permetteva di coltivare terreni agricoli di valore. Pertanto, il comune ha deciso di non concedere l’autorizzazione.
Le due aziende che avevano proposto il progetto hanno quindi deciso di fare ricorso al TAR, sostenendo che la normativa statale prevale su quella regionale. Il TAR di Parma, però, ha respinto il ricorso, riconoscendo che, sebbene l’obiettivo nazionale di raggiungere il 2050 con energie rinnovabili sia prioritario, è necessario anche tutelare i vincoli paesaggistici e i beni culturali. In sostanza, la sovrapposizione di interessi, tra quelli legati all’energia e quelli legati alla protezione del paesaggio, deve essere regolamentata in modo equilibrato.
Di conseguenza, il progetto si è fermato, in attesa di una soluzione. Va sottolineato che Roma non interviene direttamente in questi casi, poiché per impianti sotto i 10 MW l’autorizzazione è in capo ai comuni. Un altro aspetto importante è che l’Enel ha manifestato un interesse nell'area, data la vicinanza della centrale elettrica ai terreni interessati ai progetti che permetterebbero un passaggio diretto alla rete elettrica.
È importante fare alcune precisazioni sui progetti proposti, che sono tre. Due di essi riguardano impianti fotovoltaici a terra, con una potenza inferiore a 10 MW, quindi di competenza dei comuni, e interessano principalmente la zona ovest della via Emilia. Il terzo progetto, invece, riguarda un impianto agro-fotovoltaico che prevede l’installazione di piloni alti più di 4 metri nei terreni, che continuerebbero a essere coltivati. Con una capacità di oltre 80 MW, questo progetto ha un impatto di rilevanza nazionale e rientra sotto la competenza dello Stato
Tuttavia, il progetto agro-fotovoltaico, che prevede standard di tutela della fauna locale più rigorosi, richiede una riflessione più approfondita e una visione a lungo termine, in sintonia con gli obiettivi stabiliti dall'agenda europea per l'approvvigionamento energetico.