Come un ponte abbandonato è diventato uno dei simboli della crisi abitativa a Parma
Schiera di dimore di fortuna allineate sul Ponte Nord, mattina del 3 aprile - foto Giannino Arrigoni
Verso le 7 del mattino di giovedì 3 aprile un ingente numero di forze dell’ordine ha proceduto all’allontanamento di diversi senzatetto dal ponte Nord. Il ponte, fornito di un tunnel sopraelevato di acciaio e vetro, originariamente destinato ad ospitare bar, negozi ed uffici, è rimasto a lungo in disuso, diventando per molte persone una disperata possibilità di rifugio, soprattutto nei freddi e umidi mesi dell’inverno parmense, i quali, in mesi recenti, si sono rivelati fatali se passati all’agghiaccio.
Una delle tende del ponte prima dello sgombero – foto Giannino Arrigoni
Quando il sole sta ancora sorgendo, la schiera di sacchi a pelo e tende è già stata svuotata dei suoi occupanti. Gli agenti hanno concentrato i presenti sul lato Ovest del ponte, dove gli operatori del Comune ne hanno raccolto le generalità.
Poliziotti e assistenti sociali sulla scena – foto di Lorenzo Menozzi
Sono queste scene drammatiche: la vita di decine di persone stipata in buste e borse tutt’attorno; un ragazzo seduto a terra si mantiene la testa fra le mani mentre attorno a lui, qualcuno lascia velocemente il ponte; un uomo si allontana aiutato da stampelle mentre un ragazzo più giovane lo segue con una borsa al seguito. Un signore fra questi si avvicina e dice con tono rassegnato, prima di scomparire: “Sono in Italia da 25 anni, ma adesso non ce la faccio più”.
Un uomo si allontana dal ponte (sinistra) mentre gli operatori parlano con gli occupanti (destra) – foto Giannino Arrigoni
Le dimore, fatte di teli, cartoni, ringhiere, materassi, vengono poi smantellate e, insieme a tutto ciò che è rimasto, caricate su furgoni dell’Iren, per poi venir buttate in un container compattatore posizionato appositamente sul greto del torrente.
Operatori Iren smantellano le dimore – foto Giannino Arrigoni
Operatori Iren caricano tutto ciò che trovano sul furgone – foto Lorenzo Menozzi
Coperte, piatti, libri ed effetti personali si vedono cadere rovinosamente a terra, mentre gli operatori si fanno strada decisi tra le capanne, armati di forcone e tronchesi. In poco tempo, tutte le baracche vengono ammassate una dopo l’altra dentro i furgoni e portate via.
Operatore brandente forcone si appresta alla demolizione - foto Giannino Arrigoni
Furgone Iren carico dei detriti dello smantellamento delle tende – foto Giannino Arrigoni
Il compattatore sul greto del torrente – Foto Giannino Arrigoni
I presenti al momento dell’operazione sono 25, prevalentemente uomini. Purtroppo, il totale reale dei senza tetto che risiedevano lì è probabilmente più alto poiché diversi sono coloro che avrebbero lasciato il ponte prima, proprio per evitare di essere colti dall’operazione del Comune. Inoltre, il ponte veniva utilizzato da alcuni in modo sporadico poiché, dando rifugio, ad alternanza, a svariate persone, non c’era la garanzia di avere un posto sicuro ogni notte. Altri, infatti, come soluzione avevano scelto di ripararsi al di sotto del ponte, tra i piloni, separati dal resto dell’accampamento.
Tra i piloni del ponte – Foto Giannino Arrigoni
Unica soluzione
A. è un uomo che ha trascorso diverse notti in una delle tende. Viene dalla Tunisia, ha 40 anni, è in Italia già da 15. Ci siamo conosciuti proprio sul ponte due giorni prima dell’arrivo delle autorità e mi raccontò di come diverse vicissitudini l’hanno condotto alla strada ormai da 5 anni. Una tenda vuota ex-dimora di A. – foto Giannino Arrigoni
“A me le cose andavano bene, lavoravo come carpentiere, facevo pereti e stucchi” mi diceva, sfogliando diversi documenti, prove di passati impieghi. “Io tutto quello che facevo era per mia figlia, tutti i regali (erano) per lei”. Più volte ripete che tutto ciò che vuole è poter riavere la sua vita e per ottenerla, ha bisogno di una fissa dimora e del lavoro. A. racconta che ha dovuto abbandonare più volte i luoghi dove dormiva, allontanato dalle autorità. Le volte che è finito in dormitorio, è potuto stare solo due settimane per poi essere costretto ad andare via per mancanza di posto, tutto ciò aumentandogli la sfiducia nel processo, come per altri nella sua condizione. Ciononostante, a quanto riportato dal Comune, su 25 dei presenti, 22 avrebbero aderito ad essere ricollocati in dormitori per una sistemazione temporanea. Ciò che succederà dopo è un aspetto che gli assistenti sociali intendono definire a tu per tu nei giorni a venire. La parola dell’Amministrazione Sul luogo sono arrivati più tardi il sindaco di Parma Michele Guerra e l’Assessore alle Politiche Sociali e incaricato dell’emergenza abitativa Ettore Brianti, per confrontarsi con i dirigenti dell’operazione.
Il confronto sul ponte – foto Giannino Arrigoni
“Abbiamo questo progetto che stiamo sviluppando con i servizi sociali, finanziato dal PNR, che si chiama Housing First, il che ci dà la possibilità per circa 27 persone di cominciare un percorso assistito” ha detto Brianti. “Nei nostri alloggi non facciamo un problema né di permessi di soggiorno né di residenza né di nazionalità. Noi con l’Unità di Strada facciamo un lavoro di analisi dei bisogni, ma ci sono molte persone che vengono da fuori, stanno qualche giorno e poi scompaiono - ed in questi casi gli possiamo dare un alloggio dove stanno 20 giorni. Però dipende da loro”.
“Noi non lasciamo in strada nessuno – ha continuato l’assessore, rivolgendosi direttamente alla comunità -Io ti posso dare un alloggio temporaneo perché tu sei in strada, e quindi hai bisogno, se invece vuoi proseguire, ci sono gli appartamenti dove puoi stare quanto vuoi; si fa un percorso insieme, e ti si può dare una casa, sennò devi lasciare il posto per altri” ha chiarito Brianti. Il sindaco Guerra ha espresso approvazione per l’operazione che ha definito essersi svolta “in piena tranquillità”, sottolineando il buon lavoro dell’Unità di Strada e delle forze dell’ordine. “Sono state operazioni che hanno richiesto una preparazione lunga e complessa: per mesi il personale del Comune ha incontrato queste persone, spesso di notte, dialogando con loro e spiegando che c’era una possibilità per fidarsi. Ringrazio le Forze dell’Ordine e tutte le realtà che hanno reso possibile questo intervento, particolarmente delicato, e che in ogni fase hanno tenuto al centro le persone”. Ha detto Guerra. In una lettera alla Gazzetta Di Parma pubblicata il giorno stesso, Guerra ha voluto rispondere ad alcuni esponenti della Lega Parma i quali, nei giorni precedenti, avevano fatto campagna per lo sgombero del ponte, girando un video, anch’esso poi pubblicato, dove facevano pressione sul Comune per la riqualifica della zona.
“La nostra Unità di strada e i servizi sociali offrono [inoltre] possibili percorsi di vita, collegati a condizioni abitative dignitose e a progetti di formazione-lavoro che consentano di rispondere alla fragilità attraverso un vero inserimento nella società. -Scrive Guerra.
Assessore Brianti e Sindaco Guerra – foto Giannino Arrigoni
“La Lega invoca lo sgombero. E lo fa mettendosi in bella posa davanti alla fragilità, alla povertà e alla disperazione di quelle donne e quegli uomini. Una fotografia che se da un lato non può non far pensare ai fallimenti di un Governo che, soprattutto nella sua componente leghista, aveva promesso di fermare i flussi e rendere le città più sicure, dall’altro ricorda un modo di fare moralmente discutibile”. Anche L’associazione Rete Diritti in Casa, gruppo di attivisti che si occupa della difesa del diritto alla casa, ha pubblicato un post sulla sua pagina Instagram in risposta alla notizia dello sgombero:
“Parliamo di un ponte costato 25 milioni di euro e inutilizzato per 10 anni. A questi, si aggiungono 6 milioni di euro stanziati dal Governo in risposta a un emendamento di Laura Cavandoli, deputata parmigiana della Lega. Sono fondi che si inseriscono in un più ampio piano di “riqualificazione urbana”, dove “riqualificazione” suona sempre più come l’imperativo “allontana il povero!”. Il post continua sottolineando la natura temporanea dei dormitori, e che questi provvedono solo a dare un letto per le ore notturne, rimarcando la necessità di una sistemazione più permanente e stabile. “È una soluzione insostenibile e inconciliabile con molti lavori e con alcune specificità personali, come l’età e malattie. L'amministrazione ha promesso una soluzione stabile e duratura entro i prossimi 15 giorni. Noi come Rete Diritti in Casa vigileremo sulla situazione”. Il diritto all’abitazione Le storie, come quella di A., purtroppo, non sono isolate. Storie di persone che all’improvviso si trovano imprigionate in una realtà dalla quale è estremamente difficile uscire. Per una persona che è ospite dell’Italia, la questione si complica automaticamente. La casa è uno dei fattori più critici per la sopravvivenza e la realizzazione di un individuo, oltre che un diritto riconosciuto dall’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU. Ciononostante, questa stessa società è spesso rapida a creare un muro fra le persone in estremo bisogno e coloro che potrebbero invece tendere una mano d’aiuto. Diffidenza, pregiudizi, razzismo, sono ancora tra i maggiori responsabili di un fenomeno che colpisce più duramente la parte della popolazione immigrata a Parma e nel paese, e per la quale è sempre più difficile trovare una casa. La popolazione complessiva di Parma sta inoltre crescendo, proprio grazie ad una parte del flusso migratorio che, trovando nella città un posto sicuro dove sistemarsi, decide di restare, ma la crisi abitativa può vanificare o mettere seriamente in discussione il modo in cui questa accoglie i suoi ospiti. Starà all’amministrazione ed alla comunità rispondere in modo deciso a questa crisi, e dimostrare se e a quale costo, il diritto alla casa sia veramente ritenuto innegabile in questa città.
Autore
Giannino Arrigoni