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Alle 11:00 del 29 ottobre 2025, l’ufficio stampa governativo della Striscia di Gaza ha diffuso l’ennesimo bollettino che c'ha fatto male al cuore: il numero dei giornalisti uccisi nel conflitto è salito a 256, dopo l’uccisione del reporter Muhammad Al-Munirawi, corrispondente per il quotidiano locale Falasteen newspaper nella Striscia di Gaza.
Tra i tantissimi che hanno o perso la vita, oggi, ricordiamo Ismail Abu Hatab, nato a Gaza City nel 1993; cresciuto in un campo di concentramento e osservando la sua città per anni sotto occupazione scelse giovanissimo, come atto di resistenza, di diventare fotografo e videomaker. Ha lavorato con la BBC, con la Deutsche Welle, e ha fondato una sua piccola agenzia indipendente, la C-Light. “Between Sky and Sea”, è il titolo della mostra che ha portata a Los Angeles all’inizio del 2025, dove raccontava Gaza con un linguaggio dove la distruzione si mescolava alla speranza. Il 30 giugno di quell’anno, un attacco aereo israeliano lo ha colpito in un internet café del centro città. Aveva solo trentadue anni.
E poi Saleh Aljafarawi, ventotto anni, freelance, volto noto dei social palestinesi e voce limpida di una generazione che ha mostrato Gaza al mondo, con un telefono in mano. Il 12 ottobre 2025, mentre indossava l’elmetto e il giubbotto con la scritta “Press”, è stato colpito da colpi d’arma da fuoco, secondo il Committee to Protect Journalists, da un gruppo armato, nella zona di Al-Sabra, a Gaza City, mentre documentava la parziale ritirata israeliana. La sua morte ha mostrato un altro volto del pericolo: non solo i bombardamenti, ma anche la violenza interna, l’assenza di qualsiasi spazio protetto per chi racconta.
Questi sono solo due delle vite di in un bilancio duro e lunghissimo, che cresce ancora inesorabile nonostante gli allarmi da tutto il mondo; e che lascia dietro di sé non solo nomi e corpi, ma anche la lenta dissoluzione di un diritto che dovrebbe essere inviolabile, e che l'unione Europea dovrebbe tutelare: il diritto di raccontare. Esattamente come facciamo noi a Parma quando raccontiamo i problemi della nostra città; hanno perso la vita giornalisti della nostra età a Gaza, non lo dimenticheremo. Avevano solo vent'anni.
Non molto tempo fa, la Committee to Protect Journalists contava 225 vittime tra giornalisti e operatori dei media. Poi, a settembre, la Federazione Internazionale dei Giornalisti parlava già di 248. All’inizio di ottobre, l’agenzia APA fissava il numero a 254. Oggi, dopo i raid autorizzati dall'abominevole Benjamin Netanyahu, due in più, eppure nessun numero sembra bastare a restituire la misura della catastrofe... «Gaza è diventata il più grande cimitero per giornalisti della storia contemporanea», lo scrive il The Guardian solo poche settimane fa, quando tutti speravamo che il genocidio si potesse fermare. Solo illusioni. La Striscia è tornata a bruciare. Secondo AP News e The Washington Post, gli attacchi aerei israeliani delle ultime ore hanno ucciso almeno 104 palestinesi, tra cui 46 bambini, e ne hanno feriti più di 250. È la più grave ondata di violenza dalla firma del cessate il fuoco del 10 ottobre. Israele accusa Hamas di aver rotto la tregua; ma Hamas nega.
Autore
Alessandro Mainolfi
Antonio Mainolfi
Daniele Mainolfi
Giuseppe Serra
Riccardo Maradini
Samuele Castronovo
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