Komanda, provincia nordorientale di Ituri, Repubblica Democratica del Congo.
È la mezzanotte del 27 luglio, diversi catecumeni della chiesa cattolica si erano riuniti in una sala di preghiera vicino all’ospedale generale della città per prepararsi, con una veglia, alla cresima che avrebbero ricevuto domenica. Insieme a loro le famiglie, i loro cari e diversi sfollati tornati in città dopo la progressiva diminuzione della tensione e del pericolo degli attacchi. Nel silenzio mistico della notte, nel calore sincero della comunità pronta a festeggiare la confermazione dei nuovi fedeli verso una nuova vita, nelle flebili candele, nelle torce, nel canto lontano del cuculo la veglia è stata sventrata senza alcun segnale d’allarme. Nessuno sapeva a quale ora sarebbero venuti i ladri, gli assassini. Nessuno avvisò in quella notte: nessuno in quella notte vegliò su chi vegliava. L’attacco, durato circa un’ora, è stato attuato dai combattenti delle Forze Democratiche Alleate (ADF) armati di machete e pistole che si sono gettati sugli abitanti colti di sorpresa. Una radio sostenuta dalle Nazioni Unite riporta 43 vittime, tra cui diversi catecumeni e alcuni rifugiati: 19 donne, 15 uomini e 9 bambini. Secondo la stessa radio, gli aggressori sarebbero partiti da una roccaforte situata a circa 12 chilometri da Komanda, riuscendo a fuggire prima dell’arrivo delle forze di sicurezza. I testimoni hanno riferito che numerose case sono state incendiate, gli effetti personali sono stati saccheggiati, almeno 3 corpi sono stati trovati carbonizzati, un camion di proprietà di un commerciante di Oicha è stato bruciato. Almeno altre cinque persone sono state uccise in un precedente attacco al vicino villaggio di Machongani. Lossa Dhekana, un leader della società civile di Ituri, ha riferito all'AP News: "Hanno portato diverse persone nella boscaglia; non conosciamo la loro destinazione né il loro numero". Domenica mattina, i corpi delle vittime sono rimasti sul luogo dell'attacco. I residenti, indignati per il silenzio del governo, si sono rifiutati di seppellire i morti finché le autorità provinciali non avranno formalmente riconosciuto l'accaduto e una volta accaduto verranno sepolti in una fossa comune vicino alla struttura della chiesa. Le organizzazioni della società civile locale chiedono l'arrivo del governatore militare a Komanda e l'immediata attuazione di misure di sicurezza per prevenire ulteriori massacri. L'attacco ha riacceso l'attenzione sullo stato d'assedio, in vigore da oltre due anni, nella regione flagellata dalla violenza. Christophe Munyanderu, coordinatore della Convenzione per il rispetto dei diritti umani a Irumu ha affermato: “Komanda rimane un obiettivo vulnerabile nonostante lo stato d'assedio. Le autorità devono assumersi la responsabilità di proteggere i civili.” Dieudonne Duranthabo, coordinatore della società civile di Komanda, ha commentato con sdegno: "Siamo davvero delusi perché è incredibile che una situazione del genere si sia potuta verificare in una città dove sono presenti tutti i responsabili della sicurezza".
Le ADF operano nella zona di confine tra Uganda e Congo e hanno condotto ripetuti attacchi contro la popolazione civile rendendosi responsabili dell'assassinio di migliaia di persone. Due settimane fa avevano ucciso 66 persone nell’area di Irumu, in quello che un portavoce delle Nazioni Unite ha descritto come un bagno di sangue. Anche alcuni gruppi ribelli sostenuti dal Ruanda sono tra i responsabili delle violenze che colpiscono da anni la regione dell’Ituri. L'ADF è stata fondata da piccoli gruppi eterogenei in Uganda alla fine degli anni '90, in seguito al presunto malcontento nei confronti del presidente Yoweri Museveni. Nel 2002, a seguito di attacchi militari da parte delle forze ugandesi, il gruppo ha spostato le sue attività nel vicino Congo e da allora è stato responsabile dell'uccisione di migliaia di civili e nel 2019 ha giurato fedeltà allo Stato Islamico.
Tante candele sono state spente, troppe candele in tutto il mondo, di fame, di fede, di stenti: tutte innocenti. L’instabile male si protrae impunito e la notte si fa sempre più cupa. Poche parole restano davanti all’ennesimo tentativo di colpire una comunità in un momento di vulnerabilità. Pochissime parole rimangono dinanzi al terrore dei barbari indottrinati da chi ha la volontà di fiaccare e far fuggire una comunità pur di appropriarsi dei beni della ricchissima terra nazionale, pochissime veramente se non il grido del funerale :”Stop alla carneficina, tutti hanno diritto alla vita! Quanti morti dobbiamo ancora sopportare in Congo per arrivare alla pace?”
Autore
Manuel Visani