Ieri, lunedì 15 Settembre alle 23:00 (ora Italiana) i carri armati israeliani sono entrati di nuovo a Gaza. In contemporanea lo stato di Israele ha mosso un attacco aereo con droni ed elicotteri Apache, lanciandoli nella notte. Le esplosioni sono state così potenti da essere udibili a lunga distanza e il cielo sopra Gaza City è stato illuminato da un bagliore arancione, visibile anche dal centro di Israele. Secondo fonti locali, in soli 20 minuti, sono stati registrati 37 attacchi aerei che hanno provocato una fuga di massa dalla zona nord-occidentale della città. Il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato sui social media: “Gaza brucia. Non ci fermeremo fino al completamento della missione”. Secondo Al Jazeera almeno 78 persone sono state uccise durante l'offensiva e centinaia di migliaia di residenti sono stati costretti a fuggire dalla città. Io mi chiedo: cosa cercano ancora? Hanno deciso di fare la guerra alle macerie sul suolo? Alle nuvole grigie? Alla cenere che intossica l’aria? Si è svolta una riunione dei membri di Punto e Virgola pochi giorni fa nella quale è stato stabilito e messo nero su bianco, tutelato dalla inderogabilità del Manifesto, un nuovo elemento all’interno di uno dei nostri documenti costitutivi più importanti: ciò che sta avvenendo a Gaza è Genocidio e nel nostro giornale mai più si potrà asserire il contrario. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Genocidio (1948) stabilisce che un atto è genocidio se soddisfa: uccisione di membri del gruppo; danni gravi fisici e mentali; creazione deliberata di condizioni di vita che portano alla distruzione fisica del gruppo; prevenzione delle nascite nel gruppo; trasferimento forzato dei bambini. Una commissione di inchiesta indipendente dell’ONU, guidata da Navi Pillay, ha concluso oggi che le autorità israeliane hanno commesso genocidio a Gaza. Sono stati identificati almeno quattro dei cinque elementi del crimine di genocidio secondo la Convenzione del 1948. Non serviranno le parole di uno storico, i dati di un analista, gli slogan dei partiti né alcuna dichiarazione internazionale a farci cambiare idea. Non basterà, adesso, fermare la guerra. Nethanyau dovrà rispondere, prima o poi, del massacro immotivato di civili, dei 18.000 bambini morti. 18.000 di cui un 40% sotto i 12 anni. Dovrà rispondere della pulizia etnica perpetuata sistematicamente sul popolo palestinese. Dovrà rispondere di quella striscia di terra che ha deciso di radere al suolo senza remore come atto vendicativo; come la mano del suo Dio su Sodoma, Gomorra, Taberà, Baal-peor, Bet-Semes. Prima o poi dovrà rispondere davanti alla comunità internazionale, davanti a quei POPOLI che ancora si sentono democratici, davanti al giudizio della storia, della morte di Noura Walid Abdulsalam Shaheen, Maryam Nour Al-Din Wael Daban, Fatima Louya Rafiq Al-Sultan e le restanti 17.997 anime innocenti che hanno pagato il prezzo della sua follia. Sapete, io mi definisco spesso un uomo abbastanza rigido, duro: con se stesso, con gli altri. Mi vanto spesso di non piangere. Stamattina ho pianto. Ho pianto vedendo il video di un ragazzo che correva per la striscia, inciampava su i resti delle case e, urlando, perdeva la voce, si strozzava con la sua stessa saliva “mamma, mamma” e io ho pensato a mia madre… mi sono chiesto: «come si può stare in silenzio?». Urlava: «papà, papà, sei qui? Dove sei papà?»… io ho pensato a mio padre sotto un grande sasso e ho pianto ancora. Urlava «Karim» e poi, di nuovo, urlava «Mamma, Papà!!! …. è rimasto qualcuno vivo qui?». Ho pianto e piango anche adesso, mentre scrivo, perché non riesco più a vedere. Però devo… io devo vedere. Tutti noi dobbiamo vedere: soprattutto quelli che, quando si parla di Palestina, continuano a legare il discorso con mille «ma» e mille «però» come se ancora ci fosse qualcosa da dire: NON È RIMASTO PIÙ NIENTE A GAZA… come è possibile che abbiate ancora qualcosa da dire? Giorgia Meloni, in tutto questo, non ha rilasciato ancora una parola d’accusa. Non UNA. Dove sei? Non basta qualche frase pre-confezionata in Parlamento sul “diritto internazionale” e sulla “proporzionalità” per lavarsi la coscienza. Le critiche ti grandinano sulla testa e spero tu possa pagarne il prezzo: Sei accusata, debitamente, di silenzio: di sacrificare la dignità dell’Italia davanti all’orrore. Sei accusata , debitamente, di servilismo: di piegarti mentre conti le vittime come numeri, senza proferire parola. Sei accusata, debitamente, di incoerenza: invochi un cessate il fuoco come se si parlasse di guerra simmetrica e non di Genocidio. Non una sanzione. Sei accusata, debitamente, di avere le mani sporche del sangue dei bambini palestinesi in quanto agente politico immobile, pusillanime, non degno di governare un paese che ha vissuto sulla propria pelle LA RESISTENZA. Il popolo sta agendo, sta manifestando, sta urlando al mondo che la Palestina deve essere LIBERA. Il nostro giornale è qui: combatte con il popolo palestinese. Non con le armi. Con le parole. Segue la flotta che sta portando gli aiuti umanitari. Combatte con lei. Non con le armi. Con le parole. Io sono qui, di nuovo, con le lacrime agli occhi, e parlo a tutti voi che leggete: combattiamo insieme per far sì che il grido d’aiuto di questo popolo oppresso non si perda nel marasma di informazioni, non scemi nella miriadi di notizie. Possiamo essere in guerra anche noi, con loro: non con le armi, con le parole.
Autore
Antonio Mainolfi
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