Mercoledì 16 luglio, Israele ha effettuato potenti attacchi aerei nei pressi del palazzo presidenziale siriano e contro il quartier generale militare nel cuore di Damasco. La Siria ha condannato fermamente gli attacchi israeliani, definendoli una "pericolosa escalation". Il ministero della Sanità siriano ha riferito di un bilancio di 3 morti e 34 feriti nei raid su Damasco (la Reuters parla di 7 militari uccisi). L'esercito israeliano ha colpito obiettivi anche nella Siria meridionale, dove i combattimenti tra gruppi drusi, le tribù beduine e le forze di sicurezza siriane proseguono da oltre quattro giorni. Israele allarga e intensifica così la sua guerra nella vicina Siria. L’attacco aereo ha avuto uno scopo intimidatorio: il governo ha intimato alle forze governative siriane di fermare l'offensiva sulla roccaforte drusa di Sweida, dove si sono registrati più di 300 morti in tre giorni di sanguinosi scontri.
Ma perché interessa così tanto a Israele il popolo druso e chi sono?
I drusi sono una minoranza religiosa non musulmana che accoglie nella propria dottrina elementi dell’islam sciita, dell’ebraismo, dell’induismo e del cristianesimo. In Siria sono circa 700.000, radicati a Suwayda -nel sud del paese- e nelle periferie di Damasco e contano spesso su milizie locali come la coalizione armata “Suwayda Military Council”. Si sono rafforzati militarmente durante la guerra civile durata quasi 14 anni. Per garantirsi una forma di autodifesa, nel tempo, i drusi hanno organizzato delle proprie milizie armate che esercitano tuttora una certa influenza e controllo su porzioni del territorio locale, sotto la guida di figure carismatiche e capi locali. Alcuni di questi gruppi, come la Brigata al-Jabal, ha preso parte alle operazioni militari del 2024 che hanno portato alla caduta del regime di Assad. La maggior parte degli altri drusi (quasi 300.000) vive in Libano e in Israele, comprese le alture del Golan, che Israele conquistò dalla Siria durante la guerra in Medio Oriente del 1967 e annesse nel 1981. Nei mesi e nelle settimane scorse il governo israeliano ha ripetutamente invitato il nuovo governo siriano a proteggere la comunità drusa di Siria, legata a livello confessionale e familiare alla comunità drusa in Israele e a quella in Libano. Israele, infatti, considera i drusi una minoranza leale anche perché prestano volentieri servizio nelle forze armate. Il leader religioso della comunità drusa in Israele aveva invitato nei giorni scorsi "tutti i Paesi e le fazioni attive e influenti in Siria" a intervenire e fermare gli attacchi sulla roccaforte di Sweida. Decine di drusi israeliani hanno sfondato la barriera lungo la zona cuscinetto al confine tra Israele e Siria, nelle Alture del Golan, e si sono uniti ai drusi siriani dopo aver scavalcato il valico di frontiera.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ieri ha dichiarato:"Stiamo operando per salvare i nostri fratelli drusi". Già all'inizio di quest'anno, con l’insediamento del nuovo governo, Netanyahu aveva avvertito che non avrebbe tollerato alcuna minaccia alla comunità drusa nella Siria meridionale da parte delle nuove forze di sicurezza del Paese. Ha chiesto inoltre la completa smilitarizzazione di gran parte del sud, affermando che Israele vede il gruppo islamista sunnita del presidente siriano Ahmed al-Sharaa come una minaccia. Nel maggio scorso, era stato raggiunto un accordo tra Suwayda e il governo centrale di Damasco, che prevedeva principalmente l’inserimento delle forze druse all’interno dell’esercito nazionale siriano. Si era cercato dunque di fare dei passi avanti, tuttavia, tale accordo non è mai stato pienamente attuato portando a manifestare quei dissidi che erano stati più o meno nascosti per molti mesi e sfociati nella brutale offensiva di Suwayda.
Padre Fadi, parroco francescano dal 2015 in Siria, a Latakia, ha raccontato:“È in corso una segregazione religiosa nei confronti delle minoranze cristiane, drusi, sciiti e alawiti, che sfocia in una pulizia etnica: solo nel mese di marzo le milizie governative sono andate nelle loro case, hanno rubato i loro beni, li hanno uccisi. In tutto circa quattromila persone hanno dovuto assistere all'incendio della propria abitazione. Il tutto "giustificato" dall'accusa (infondata e soprattutto su civili, personale sanitario e agricoltori) di essere fiancheggiatori del governo di Assad. [...] In Siria sta prendendo piede un islamismo sempre più estremista: auto munite di altoparlanti transitano nei quartieri delle minoranze con slogan che invitano la gente a convertirsi o ancora vengono rapite delle ragazze cristiane che spesso scompaiono per sempre. [...]Da mesi le persone hanno smesso di chiedermi soldi, mi chiedono soltanto di aiutarle a scappare. Il salario medio di un dipendente statale è di 250.000 lire siriane e le famiglie avrebbero bisogno di almeno tre milioni di lire al mese per arrivare a fine mese. Si muore di fame per strada, persino i padri di famiglia musulmani vengono in lacrime alla porta della parrocchia per cercare un conforto e un aiuto, incapaci di sfamare i propri figli.”
Da una parte abbiamo Netanyahu che in un orwelliano ragionamento -la guerra è pace- decentra l’attenzione sul fronte esterno pur di mantenere il potere e salda la nazione, dall’altro abbiamo al Sharaa che tenta di riabilitarsi dinanzi all’opinione internazionale -come l’incontro a maggio con Macron per una Siria libera, stabile e sovrana- e celare il suo passato non troppo remoto con ANF e Al Qaida. Macron vuole invece che tutte le componenti della società siriana vengano rispettate e, alla luce dei fatti, questo non sta accadendo. Il popolo muore d’inedia nelle strade e le minoranze non vengono protette. E Gli Stati Uniti, che prima del 2024 offrivano oltre 10 milioni di dollari per avere informazioni che portassero alla cattura di al-Sharaa, che fanno? Rubio dice che siamo sulla strada della de-escalation, Trump, candidato al Nobel per la pace da Netanyahu, pensa invece a cambiare la ricetta della coca-cola.
Autore
Manuel Visani