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Se fosse ancora vero quell’articolo della Costituzione italiana che recita «la sovranità appartiene al popolo», guardando le quarantamila persone a Genova che il 30 agosto hanno accompagnato fino al porto gli aiuti raccolti per Gaza, in quella meravigliosa fiaccolata, e rilevando come da due anni le piazze italiane non cessino di urlare a un’unica voce “Palestina libera!”, sarebbe stato naturale per il governo italiano prendere le distanze dal massacro abominevole, dall’annientamento meccanico che Israele sta infliggendo al popolo palestinese. La prima scelta avrebbe dovuto essere interrompere le partnership aziendali, fermare la massiccia esportazione di armi e, oggi, proteggere quei civili europei in rotta sul Mediterraneo che – si dica per amore o per interessi politici – sono salpati con un obiettivo che ha trovato grazia agli occhi del mondo: creare un corridoio umanitario che consenta di rifornire la popolazione della Striscia di beni di prima necessità, fermare la catastrofe umanitaria ormai in corso ( i dati stimano 600.000 persone colpite dalla fame e senza ripari), riaprire uno spazio di dialogo per giungere alla liberazione degli ostaggi. Tuttavia, alla luce di quanto detto, le risposte di questo governo – e anche quelle dell’opposizione – sono state vaghe ed evasive. Hanno assicurato la protezione della flotta, ma allo stesso tempo tentato di screditare l’impegno e l’obiettivo di questa definendola “un impegno simbolico”, dimenticando che duecento tonnellate di aiuti umanitari sono il carico di quelle navi che, a nostro parere, sono qualcosa in più di un semplice simbolo. La tutela di questi aiuti, e dei civili che li stanno portando, e l'interruzione dell'esportazione di armi (l'Italia è sul podio dei paesi per vendita di armi ad Israele, il terzo al mondo) è la ragione più intima del presidio organizzato ieri in Piazza Garibaldi, a Parma. Un presidio coordinato con quelli delle piazze dell’intera nazione. Monologhi carichi di dolori, canti ad un'unica voce, poesie dall'Egitto, è quanto di ieri vogliamo rivivere in questo articolo. Non quelle frasi dettate dalla disperazione, ma i bambini che danzano avvolti dalla bandiera palestinese. La gente che ricorda di avere un cuore, che riconosce quando una cosa ha superato il limite ed è diventata diabolica ed abominevole, e allora non ha più senso parlare di storia, di torti e di ragioni: bisogna fermarli, bisogna parlare, bisogna attraversare il mare.







Autore
Alessandro Mainolfi
Lorenzo Menozzi