Tornare a casa dopo un’intensa giornata di studio o di lavoro, godere del calore del riscaldamento: per la maggior parte delle persone sono tutti aspetti che fanno parte della normalità. Tuttavia, spesso dimentichiamo che rappresentano ancora un privilegio. Non tutti hanno una casa dove poter stare, un tetto sotto cui rifugiarsi, i mezzi per potersi permettere un tenore di vita sufficiente, fatto di cibo, vestiti e la possibilità di lavarsi. Sto parlando dei cosiddetti senzatetto, senza fissa dimora, homeless, clochard, o ancora in senso dispregiativo barboni. Vivono per le strade, nella solitudine e nell’indifferenza di una società che li ha creati e poi abbandonati con la volontà di nasconderli perché “rovinano il decoro delle nostre belle città”.
Un po’ di leggi
“Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”
Questo è l’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948. Afferma quali sono le necessità vitali di ognuno, cioè le condizioni imprescindibili attraverso cui si realizza il benessere degli individui. Una vita dignitosa è dunque possibile grazie ad una serie di requisiti materiali, tra cui la presenza di un’abitazione.
Sempre in materia di diritto internazionale, nel Comitato Onu dei diritti economici, sociali e culturali del 1991 si parla di housing right. Gli stati firmatari riconoscono:
“il diritto umano ad un alloggio adeguato, che deriva dal diritto ad un adeguato livello di vita, è di vitale importanza per il godimento dei diritti economici, sociali e culturali.”
Per quanto riguarda l’UE, nella sua Carta Sociale Europea, adottata nel 1961 e poi successivamente rivista nel 1996, si parla di Diritto all’abitazione nell’articolo 31:
“ Per garantire l’effettivo esercizio del diritto all’abitazione, le Parti s’impegnano a prendere misure destinate:
1 a favorire l’accesso ad un’abitazione di livello sufficiente;
2 a prevenire e ridurre lo status di"senza tetto"in vista di eliminarlo gradualmente;
3 a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti.”
In Italia il diritto alla casa non è formalmente presente nella Costituzione, ma la Corte Costituzionale nel catalogo dei diritti inviolabili della persona sancisce che un’abitazione«rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione».
E a Parma?
I numeri parlano chiaro, a Parma, come del resto in tutto il Paese, la situazione peggiora sempre di più. L’ultimo report della Caritas rivela che nel 2024 sono stati:
- 15883 i colloqui fatti a persone e famiglie in cerca di un posto dove poter dormire, vestiti e un aiuto economico
- 19151 gli interventi di aiuto eseguiti nel territorio
- 102136 i pasti erogati alla mensa
- 2540 docce effettuate
Sono numeri preoccupanti che continuano a salire ogni anno di più e ci mostrano come Parma, seppur piccola rispetto a città come Milano o Torino, non sia incolume dall’avanzamento di questa diffusa povertà. Le persone non riescono più a sostenere le spese volte a garantire un tenore della vita accettabile, che si parli di cibo e il mantenimento di una casa.
A proposito di questo ultimo punto, la città sta affrontando un'emergenza abitativa considerevole: è sempre più difficile trovare abitazioni a prezzi accessibili e per quanto riguarda gli affitti la questione si fa ancora più spinosa. Cresce infatti il numero degli affitti in nero (fenomeno della no locazione affitti) e, i grandi proprietari che possiedono parecchi immobili offrono soltanto soluzioni a breve termine. Al momento si contano poi 700 sfratti in esecuzione. A tutto ciò si aggiunge la mancanza di case popolari, le quali sì, sono presenti a Parma, ma in numero molto inferiore rispetto alla grande richiesta, dal momento che le domande sono più di 2000. Queste persone allora non possono fare altro che chiedere aiuto agli sportelli della Caritas o alle altre associazioni che si occupano del problema. E sempre più spesso non resta che la scelta, o meglio, l’unica ed ultima opzione, della strada.
Intervista a City Angels Parma
Per approfondire meglio la questione sul territorio di Parma, ci aiutano a fare luce i volontari di City Angels della sezione di Parma.
Partendo dall’inizio, come è nata l’associazione di City Angels e di cosa vi occupate.
City Angels Italia ODV è un'organizzazione di volontariato nata a Milano nel 1994. Il fondatore è Mario Furlan detto Stone, la pietra, dato che ogni volontario ha il suo nickname per la strada. Una sera si trovava in stazione centrale a Milano dove ha visto molte persone che dormivano in stazione, allora è nata l’idea di creare un’associazione che potesse aiutare chi vive per strada. Ha cominciato poi a cercare persone che lo aiutassero in questo scopo. Dopodichè ovviamente si è creata un’associazione la cui sede principale è proprio a Milano e che conta più di 150 volontari. In Italia attualmente ci sono 22 sezioni aperte più 2 in Svizzera. Noi siamo la sezione di Parma, nata nel gennaio del 2011, quindi nel 2026 compiremo 15 anni e al momento contiamo 25 volontari. Noi di City Angels ci definiamo volontari di strada e di emergenza perché operiamo appunto in strada e di emergenza nel senso che andiamo in aiuto del più debole, di chi ha bisogno. Il più debole non è solo chi è senza dimora, può anche essere una donna che vuole essere accompagnata a casa perché ha paura, oppure un avvocato che ha dei documenti importanti e vuole essere scortato fino alla macchina. Il più debole è chi non riesce a fare le scale della stazione e ha bisogno d’aiuto, è dunque un servizio a 360 gradi quello che offriamo, indipendentemente dal sesso, dall’età, dalla nazionalità, dalla religione e dall’orientamento politico, aiutiamo chiunque abbia bisogno. Siamo un’associazione particolare, sulla nostra divisa ci sono scritti due nomi: solidarietà e sicurezza. Camminando la sera sulle strade in squadre siamo riconoscibili proprio grazie alla nostra divisa e fungiamo in un certo modo anche da deterrente. Se vediamo una situazione di pericolo per qualcuno, fino ad un certo punto possiamo intervenire, altrimenti chiamiamo le forze dell’ordine che intervengono a soccorrere queste persone, siano esse ferite, in difficoltà o bisognose di supporto. Noi uniamo le due cose facciamo entrambe le attività durante le nostre serate, appunto solidarietà e sicurezza.
Per quanto riguarda la vostra sezione, la sezione di Parma, quali sono i vostri compiti e cosa organizzate?
Allora nella sezione di Parma abbiamo settimanalmente 4 uscite, alcune hanno come obiettivo la solidarietà, altre la sicurezza. Il martedì la squadra è presente in stazione dove distribuiamo cibo, acqua, vestiti e coperte a senza fissa dimora e ad utenti che hanno bisogno per altre situazioni di bisogno o di disagio. Il mercoledì invece le squadre si occupano di sicurezza. Il comune e la polizia ci hanno affidato zone di difficoltà della città, come il quartiere San Leonardo, dove le squadre girano, e come abbiamo già detto prima la nostra presenza funge da deterrente visivo. Appunto a noi come associazione ci viene riconosciuto questo scopo di deterrenza, anche se ovviamente non siamo armati, siamo normali cittadini, però in situazioni critiche siamo un occhio vigile e attivo. Durante questo controllo del territorio fatto da noi volontari è chiaro che si fa anche solidarietà, se in queste camminate di tre ore incontriamo persone che hanno bisogno diamo una mano, con noi portiamo sempre i beni di prima necessità pronti per essere distribuiti. Inoltre collaboriamo anche con l’ENPA, portiamo un aiuto anche agli amici a quattro zampe che vivono per strada con i loro padroni.
Vi occupate dunque di dare aiuto alle persone senza una fissa dimora che vivono in strada. Dal momento che vi confrontate quotidianamente con questa situazione, Parma come è messa al riguardo?
A Parma la situazione non è delle migliori, ultimamente i numeri stanno crescendo. Tempo fa abbiamo provato a fare un censimento nelle zone intorno alla città ma non siamo riuscitia trovare un punto fermo, dal momento che queste persone si spostano sempre. Siamo arrivati a contare circa 180 persone, che sono solo quelle che siamo riusciti a trovare, anche se ultimamente appunto sono parecchio aumentati. Basta pensare che al martedì in stazione giungono circa 150 persone. Tutto è peggiorato dopo il covid, molti hanno perso il lavoro e la casa. Se prima del 2020 molte utenze erano stranieri, ora sono in maggioranza italiani coloro che richiedono assistenza, anche intere famiglie che da un giorno all’altro si sono trovate senza casa e a dover vivere per strada. Molti si vergognano ad andare in Caritas e si rivolgono a noi, dato che non chiediamo documenti o altro. Caritas è un’associazione importantissima ma ha regole molto ferree, quindi se non hai documenti, non puoi per esempio andare da loro a fare la doccia o usufruire dei dormitori. Noi invece non chiediamo niente.
Quali sono i motivi, le ragioni che portano le persone a vivere in strada?
Sono pochi ormai quelli che lo fanno per scelta, anni fa erano più numerosi, qualche ragazzo giovane, ma più che altro il vivere in strada è dovuto a necessità legate a problemi economici, familiari e di salute. Ci sono infatti molte persone che sono state allontanate dalle famiglie perché davano segni di squilibrio. Anche persone che avevano già in precedenza disagi legati a dipendenze si sono trovate per strada non riuscendo più a sostenere le spese di queste. Molte volte però la dipendenza da droghe o alcol è una conseguenza per chi vive in strada. Secondo queste persone l’alcol protegge dal freddo e dunque è una necessità, ma porta l’effetto contrario e fa cadere nell’ipotermia. Inoltre la dipendenza è l’unico modo per evadere dalla situazione difficile di degrado in cui si sono trovati.
Le persone che vivono per strada sono dimenticate dal resto della società e spesso vivono sole, voi però grazie al vostro lavoro provate a toglierle dalla loro solitudine, anche solo scambiando qualche parola.
Si, infatti nei corsi di formazione per preparare i volontari ad andare su strada diciamo sempre che il dialogo è una delle cose fondamentali. Cercare di aprirsi ad un dialogo non è facile, queste persone sono tutte rifiutate dalla società e già il fatto di andare a chiedere loro nome è qualcosa di importante. Magari subito rispondono in malo modo, però noi non ci arrendiamo, insistiamo e, dal momento che sai il nome, la volta successiva li incontri e li saluti chiamandoli per nome, aprendo in questo modo una porta. Probabilmente l’ultima persona a chiamarli con il loro nome è stata la mamma, si crea quindi un’apertura profonda. Il dialogo, un sorriso, sono importanti. Noi non possiamo e non riusciamo a risolvere tutti i problemi della vita di queste persone ma già solo il fatto di stare qualche minuto a parlare è una cosa che aiuta a creare una sintonia.
Ora che è arrivato l’inverno sicuramente la situazione andrà peggiorando. Voi come associazione e più in generale la città come vi state preparando?
Non solo noi ma anche altre associazioni sul territorio si curano dell’emergenza freddo, per esempio Padre Lino, la Caritas e la Pubblica. Assieme a queste associazioni, il comune e l’assessorato per il welfare abbiamo avuto un incontro in cui si è predisposto il piano per l’emergenza freddo. Ogni sera è presente fuori un’associazione ad offrire assistenza, noi abbiamo il martedì appunto, in questo modo la settimana è coperta. A partire da novembre poi vengono aperti i dormitori. Le strutture maschili a Parma sono 3, per un totale di un centinaio di posti, la struttura femminile offre invece una decina di posti. Noi se incontriamo persone che hanno questa necessità dobbiamo contattare il referente dei dormitori e, se la persona in questione rispetta tutti i requisiti per accedervi, lo accompagniamo. Non tutti possono andare a dormire lì, ci sono delle regole precise. Se si accetta di andare a dormire in dormitorio bisogna lavarsi, essere sobri, non creare disordini e avere i documenti, necessari per questioni di sicurezza e rintracciabilità. In conclusione, si, il comune si prodiga ma è una voce nell’oceano, i posti a Parma sono limitati, e per i motivi appena elencati molti continuano a dormire per strada.
Dati: Bilancio Sociale 2024 Caritas, Rete Diritti Casa
guarda su youtube il servizio di Viola Mattioli