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È un pensiero che mi ossessiona, non avere nessuna competenza pratica, non eccellere in niente. Avere tante passioni e sentire di non avere talento in nessuna di queste è desolante, soprattutto quando siamo costantemente sottoposti alla bravura degli altri. Ho ballato per 12 anni mediocremente, non sono brava in nessuno sport, non capisco la matematica, non so niente di geografia, non so cucinare, non so farmi una piega decente da sola, non so fare l'uncinetto, ho paura che la mia scrittura non sia all’altezza delle storie che vorrei raccontare e la lista continua. Inutile dire che tutte queste mancanze mi portano a sentirmi un’incompetente e un’impostora, perché per qualche strana ragione le persone intorno a me sono convinte che io sappia quello che sto facendo. Non posso fare a meno di chiedermi chi altro si sente così? Come fanno a nasconderlo meglio di me? E ancora da dove nasce questo senso di inadeguatezza? Chi ci ha fatto la falsa promessa che saremmo stati tutti e tutte bravissime in qualcosa? Ho provato a chiedere queste cose a Google (lo so avrei dovuto chiedere a ChatGpt) e mi ha condotto a centinaia di blog di psicologia che pongono il problema sulla poca sicurezza in sè, eppure credo che non sia questo il punto. Siamo tutti più o meno consapevoli dei nostri limiti e sappiamo più o meno tutti dirci quando siamo bravi o meno in qualcosa, quello su cui mi arrovello è: perchè possiamo fare una cosa solo se veniamo ritenuti abili? Non mi riferisco a cose per cui sono necessarie delle conoscenze, come sistemare le tubature che perdono o salvare vite, ma semplici atti creativi, come ballare e disegnare, se non siamo eccellenti ci blocchiamo oppure iniziamo ad impuntarci finchè non diventiamo meritevoli delle nostre lodi e di quelle degli altri. Per quanto tutto questo sia ammirevole oggi voglio difendere le cose fatte male, le cose di chi ci ha messo amore e comunque non è arrivato al risultato sperato. Pensate a quanto sarebbe liberatorio iniziare a fare qualcosa senza il peso di diventarne esperti. Questo non significa non impegnarsi o non cercare di raggiungere il miglior risultato possibile ma accettare che a volte l’impegno non basta e va bene così. Queste parole sembrano scritte da un'altra persona se penso a quanto pretendo da me stessa in tutto, dall’università al lavoro, ma ho l’impressione che continuiamo a mostrare agli altri solo ciò in cui siamo sicuri di essere bravi, nascondiamo tutto il resto sotto ad un tappeto, ma questo ci allontana da chi siamo davvero, crea dei riflessi fittizi di noi che non sono persone reali, concrete. Non mi riferisco solo alle nostre identità digitali, ormai anche fuori dagli schermi livelliamo e ritagliamo la nostra immagine per essere “i più” di qualcosa. Di queste righe vorrei vi rimanesse questo, una nuova pratica: iniziare a far intravedere agli altri i lati che non vi piacciono, fare qualcosa in cui non siete bravi per il piacere di farla senza pensare al risultato. Si può aprire un mondo di possibilità al di fuori della nostra società iper performativa ed è bene ricordarlo, solo a scriverlo respiro già meglio.
Autore
Anna A. Rizzo