4
Il bar era pieno quella mattina. Non che generalmente non lo fosse, ma le occasioni per festeggiare e trovare una scusa per concedersi una colazione fuori casa erano certamente un incentivo. Tavolini occupati da coppie o da amiche, colleghi o famiglie, tutti con un sorriso sulle labbra e un bel centrotavola di fiori gialli a decorare.
Tutto all’apparenza perfettamente ordinario, se l’occhio non fosse caduto su un particolare tavolo, occupato da una donna vestita in maniera stravagante. Il lungo vestito e il cappello appoggiato alla sedia avrebbero fatto pensare forse un costume di Carnevale arrivato un po’ in ritardo ma, osservando meglio, qualcosa nel suo viso, nel suo sguardo, avrebbe suggerito molto di più. La donna si guardava intorno come se aspettasse qualcosa, i suoi severi occhi marroni si soffermavano su ogni tavolo, su ogni viso, su ogni coppia che si teneva per mano. Parve rilassarsi solo quando una ragazza, trafelata, si sedette davanti a lei.
-Scusami tantissimo per il ritardo!- Esordì la giovane, togliendo la giacca e appoggiandola allo schienale della sedia. -Sai com’è, trovare parcheggio di questi tempi…-
La donna la guardò perplessa, la testa leggermente chinata sulla spalla -Veramente no-
-Giusto- ricordò la giovane, annuendo tra sé e sé. Aveva accettato l’incontro, ma al momento non le sembrava più la decisione più saggia. -Io sono Giulia.-
-Giulia- ripetè la donna. -Io sono Margherita-
-E’ un piacere conoscerti Margherita- disse Giulia con un sorriso. Bene, sapere il nome della sua misteriosa interlocutrice era già un inizio.
-Come ti è sembrata città?- Chiese ancora, cercando di cominciare una conversazione con la donna seduta davanti a lei.
-Piena- rifletté Margherita dopo qualche secondo. -Ai miei tempi la città era molto più vuota, silenziosa. Meno macchine, diverse. Meno palazzi, meno persone. Meno fiori.-
-Non riesco nemmeno ad immaginarlo- commentò Giulia, i grandi occhi verdi fissi su quelli della donna. -E poi sai, oggi è un giorno speciale, è la Festa della donna. Tutti questi fiori hanno un senso, sono mimose. Ti piacciono?- Chiese, ma si interruppe, vedendo l’espressione confusa di Margherita davanti a lei.
La donna la stava guardando sorpresa, la testa nuovamente piegata sul lato. -Festa della donna?-
-Ma certo- sorrise Giulia. -Sai, per ricordare tutto quello che noi donne dobbiamo sopportare. E’ oggi per quel brutto incendio successo in America mi pare. Una fabbrica, morirono così tante povere lavoratrici. -
Margherita continuava a guardarla senza capire, scuotendo la testa leggermente ad ogni nuova parola della giovane. -Questo sbagliato- disse, gli occhi semichiusi e la fronte corrucciata.
Giulia rimase interdetta per un attimo, guardando la donna davanti a lei scuotere la testa alle sue parole.
-Quell’incendio non è mai successo, non l’otto marzo, non è la vera ricorrenza- Margherita spiegò. -L’otto marzo 1917 scioperarono delle compagne in Russia, operaie sì, ma lo fecero per chiedere la fine della guerra. Lo fecero per la Rivoluzione.-
Giulia alzò le sopracciglia sorpresa. -Sì, sapevo che avesse qualcosa a che fare con la politica, ma non avevo idea fosse questo il vero motivo della Festa.-
-Qualcosa a che fare?- Ripeté Margherita. -Tutto ha a che fare con la politica. La Giornata nasce per richiedere il diritto di voto, nasce anni prima, con le Suffragette: ci fu un grande sciopero a New York nel 1910, organizzato dal Partito Socialista americano, durò mesi. Dopo ci furono riunioni in tutt’Europa, congressi. Fu quando tutto questo arrivò in Russia che la cosa divenne grande, e divenne grande perché l’otto marzo venne presa come data dello scoppio della Rivoluzione di febbraio. Tutto questo è totalmente intriso di politica, non fu un incendio. Non fu mai un incendio. Fu un altro tipo di fuoco, una fiamma accesa che non si è mai spenta.-
Giulia ascoltava attentamente le scioccate parole della donna davanti a lei, ogni sillaba scandita con sdegno e sorpresa. Si sentiva come una bambina piccola, ogni cosa che Margherita le aveva appena rivelato estranea alla sua conoscenza.
-Incredibile- commentò sorpresa. -Non avevo idea che la Festa della donna avesse questa storia, davvero.-
-Immagino- disse piano Margherita. -Continui a chiamarla festa, giusto? Quindi ora è una ricorrenza felice, un momento di gioia.
Giulia sorrise, rispondendo alla sua domanda.. -Oh sì, oggi gli uomini portano un fiore di mimosa alle proprie fidanzate, o figlie, o amiche. Insomma, donne importanti della loro vita. Per essere grati. E poi abbiamo degli sconti sai? Al bar, o al cinema. Cose così.-
-Fiori- rifletté Margherita. -Fiori e sconti, dici. Questi vuol dire che le nostre lotte sono finite, giusto? Le donne sono libere.-
Giulia fu colta alla sprovvista dalla sua affermazione. La situazione era molto più delicata di quello che Margherita stava supponendo.
-Le donne hanno il diritto di voto, qui. Insomma non in tutto il mondo, ma nella maggior parte sì. Siamo… siamo libere, sì. Votiamo, studiamo, lavoriamo. Tutte cose normali.-
Margherita parve poco soddisfatta dalla risposta, incalzando la giovane con altre domande: -Siamo sicure? Siamo uguali a loro, agli uomini? Vi portano fiori per apprezzarvi, ma come altro lo dimostrano?-
Giulia dovette riflettere ancora un attimo prima di rispondere, le sue parole più titubanti. -Beh, varia da persona a persona. Io sono fortunata, questo lo so. Non mi ha ancora portato i fiori oggi, ma mi tratta bene. Lo ha sempre fatto.-
-E le altre?- Margherita chiese ancora. -Tutte le altre.-
-Tutte le altre- cominciò Giulia lentamente. -Tutte le altre non sono fortunate come me, a volte. Insomma, io so che ho una bella fortuna a vivere qui, con il mio fidanzato che mi ama, e con una laurea e un bel lavoro ma non tutte sono così.-
Margherita scosse la testa, delusa dalle parole di Giulia. Non necessariamente da lei, o almeno la giovane sperava così.
-Quando le cose non erano uguali per tutte, scendevamo in piazza. Scioperavamo. Non ci accontentavamo di un fiore giallo per farci sentire apprezzate.-
-Ma noi non siamo più nel 1917- suggerì Giulia sommessamente, non volendo contraddire la donna davanti a lei.
-No certo, non siete più nel 1917. Ora i tempi sono cambiati. E sono cambiati perché donne come loro, come me, hanno deciso di alzare la voce. Hanno deciso che la politica non fosse più affare da uomini, ma da esseri umani, hanno deciso di scendere in piazza ed alzare la voce. Ma la nostra lotta non basta, e non basterà mai se non sarete voi a continuarla- Margherita ribadì, allungando una mano per prendere quella della giovane donna seduta davanti a lei. -Non lasciare che la mia voce vada perduta nel vento, che appassisca come queste mimose che vedi ora sul tavolo. La nostra battaglia deve andare avanti, e deve progredire. Dimmi che non lascerai tutto ciò che ti ho detto in questo bar.-
Giulia fu stupita dal fervore che ora Margherita stava esibendo. La presa della sua mano era forte, più di quanto avrebbe immaginato. Voleva ribadire, ma qualcosa nelle parole e nell'intensità dello sguardo di Margherita le rendevano difficile aprire bocca.
-Pensa per cosa vuoi combattere. Trova la tua battaglia. Che si tengano le loro mimose. Che si tengano i loro sconti. La nostra vita vale molto più di qualche piccolo regalo.- Disse ancora una volta Margherita, lasciando finalmente andare la mano di Giulia.
-Io posso provarci- annuì la giovane. -So che qualche mia collega avrebbe partecipato ad un corteo questo pomeriggio, sai forse saresti andata più d’accordo con loro. Quelle sì che sono combattenti, salari uguali, consultori, parità di genere e tutto il resto.- Giulia rise, quasi imbarazzata dalla situazione.
-No, credo di no- le rispose Margherita. -A loro non avrei avuto nulla di nuovo da dire, ma con te è stata tutta un’altra storia. Conoscerti è stato un piacere immenso, Giulia. Spero sia stato lo stesso per te.-
-Assolutamente- Giulia le sorrise, stringendole la mano mentre quella si alzava dalla sedia. -Io spero che ci rivedremo, prima o poi.-
-Sono sicura che lo faremo- annuì Margherita. -Perché oggi pomeriggio, quando sarai a quel corteo, io sarò accanto a te. Accanto a tutte voi.-
Margherita sorrise, prese un gambo di mimosa dal tavolo e uscì dal bar, il suo lungo vestito inghiottito dalle macchine e dalla folla di persone ignara di ciò che era appena successo in quel posto magico, sospeso tra tempo e spazio.
Giulia rimase seduta al tavolo ancora qualche istante, nel petto la consapevolezza che per lei, quel giorno, il fiore più importante non era stata la mimosa.
Autore
Elena Camuti Borani