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“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Questa citazione storica, generalmente attribuita a Massimo d’Azeglio, riassume in poche parole il clima generale di dispersione e di non appartenenza che animava la penisola subito dopo l’Unificazione. Persone che allora non avevano nulla in comune, se non una generica somiglianza nella lingua, e nel credo religioso, si trovavano catapultati in un falso senso di appartenenza ad una Nazione, appena nata e ancora disunita. Clima che nel tempo è cambiato, rendendo (lentamente e faticosamente) il nostro Paese un territorio ricco di tradizioni e sentimenti condivisi. “Bisogna fare gli italiani” risuona, colpisce per la sua unicità. Il popolo italiano è stato “fatto”, unito da un marasma di dialetti, culture, tradizioni. Diverse persone, ognuna ancora attaccata alla propria micro-patria di appartenenza, ha sviluppato una coscienza collettiva, ha imparato una lingua comune. E ora, chi questa lingua la conosce, la studia, chi lavora e sostiene l’Italia come proprio Paese, Italiano non lo è. O almeno, deve percorrere un lunghissimo iter per poter vedere riconosciuto un diritto tanto gratificante quanto fondamentale. Perché, a quanto pare, chi vive, studia, lavora, paga le tasse e conosce lingua, dialetti e tradizioni italiane, ma non è nato in questo Paese, può solamente chiedere di essere riconosciuto come italiano dopo dieci anni. E prima che tutti i documenti siano compilati, prima che tutte le pratiche vengano registrate, passano in media altri due anni. E in tutti questi anni, questa persona non può partecipare alle elezioni politiche, né ai referendum e alle amministrative regionali, è limitata nei suoi spostamenti in Europa, non può partecipare a determinati concorsi pubblici o ricoprire certe cariche per la difesa e la pubblica sicurezza. Insomma, chi contribuisce alla crescita e allo sviluppo del Paese (anche più di chi Italiano lo è da generazioni), deve aspettare anni e anni prima che gli venga riconosciuto il diritto di essere italiano. Siamo passati dall’avere uno Stato senza italiani, che abbiamo dovuto “fare”, ad avere migliaia di persone che avrebbero ogni diritto di essere italiani ma che, per la legge vigente, non possono esserlo se non aspettando tempi lunghissimi. Tempi, tra l’altro, di molto superiori alla media dell’Europa occidentale, che prevede cinque anni per la richiesta. E nonostante l’Italia abbia registrato, nel 2022, il maggior numero di persone ad aver ottenuto la cittadinanza, tra tutte le altre nazioni europee, ciò non toglie che la procedura sia lunga e tortuosa. “Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani”, e ora che gli italiani ci sono, diamo loro il diritto di esserlo.
Autore
Elena Camuti Borani