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Caro Rick, ti confesso che da qualche tempo non riesco più a dedicare neppure un momento alla scrittura — a quell’attività che dona libertà all’uomo e, in qualche modo, lo rende immortale. Credo che questa impasse creativa derivi dalla mia incapacità di dare forma a una realtà che porti ancora con sé la speranza, poiché tutto intorno sembra seguire le orme del male e della disgregazione. Tuttavia, cercherò di rimediare, offrendoti in dono la parte del racconto che avevo lasciato in sospeso…
Umas, dopo essersi confrontato con la morte in persona — Thanatos, apparsogli in sogno — si risvegliò senza sapere più chi fosse né dove si trovasse. La sua coscienza fu inesorabilmente frantumata e, affinché potesse riemergere qualche barlume di memoria, egli dovette, attraverso l’immaginazione — lo strumento più potente e sconfinato dell’ingegno umano — ripercorrere le proprie origini.
Lo fece affrontando, in un dialogo interiore intriso di audacia e umiltà, quell’essere fanciullesco che, nel corso della vita, lo aveva sempre tratto in salvo e gli aveva infuso speranza, ma che, con l’avanzare dell’età, pur restando presente, egli aveva imparato ad ascoltare sempre meno.
Così il fanciullo, di nome Puriel, a cui è stato impedito di esercitare la parola con la purezza di un tempo, fu condannato alla pena peggiore: il silenzio, rassegnato e impotente. (Colmo d’ira e bramoso di vendetta, egli si apprestava a percuotere lo spirito di Umas proprio nel momento della sua massima vulnerabilità. Riporto in seguito, cari miei lettori e care mie lettrici, i raffinati discorsi):
-Puriel: Chi non muore, si rivede. Per quale, egoistico scopo hai invocato il mio aiuto e la mia presenza? Non ricordi forse l’esatto istante in cui, consapevolmente, hai deciso di abbandonarmi e di privarmi dell’identità? Mi hai sottratto autenticità, purezza, trasparenza: tutte qualità che tu, da solo, non sei mai stato capace di meritare né di preservare senza cadere nella corruzione o nel compromesso. Ora dimmi: quale ragione muove la tua improvvisa considerazione? E perché mai dovrei sforzarmi, ora, di comprenderti con empatia?
-Umas: In verità, Puriel, credo di essere morto più di una volta. Eppure, in questo momento, non so più chi io sia: non sento più il cuore stimolare le corde del mio animo. Non ricordo cosa mi sia accaduto, non rammento nulla. Percepisco unicamente rottura e distruzione, come se qualcuno avesse estirpato del tutto la radice di ogni mio pensiero. Solitamente, ciò accade quando si stringe, responsabilmente, un patto con un’entità arcana e ingannevole, che si manifesta nel momento in cui l’individuo terreno smette di essere padrone di sé stesso, smarrendo il proprio libero arbitrio, Ma io, Puriel, non ho stipulato un accordo con nessuno! Dove mi trovo? Chi sono? Ho bisogno di speranza… di sapere che tutto, in qualche modo, andrà bene.
-Puriel: Ora puoi comprendere il dolore che si prova quando si resta privi della propria identità! Caro Umas, hai solamente affrontato Thanatos come nessun altro aveva mai osato fare: non ti sei lasciato sopraffare, ma gli hai rivolto parole che egli ha ritenuto irrispettose e ingiuriose. Lo hai persino accusato di essere privo di personalità e di fondamento. È evidente che abbia voluto punirti secondo quel principio di giustizia divina che porta il nome di legge del contrappasso. Nonostante i tuoi errori, tuttavia, non me la sento di abbandonarti nella solitudine e nello smarrimento. Accoglierò dunque la tua richiesta: ma prima dimmi… quali riflessioni ti conducono all’esigenza di speranza incondizionata?
-Umas: Caro Puriel, innanzitutto ti ringrazio per l’ascolto, per ciò che io ho smesso di fare da tempo nei tuoi confronti. Preservare spontaneità e autenticità è un’impresa che solo chi segue la virtù con ossessione riesce a compiere. Questa difficoltà, per quanto mi riguarda, nasce da una relativa assenza di speranza: essa sembra sfuggire e nascondersi di continuo all’uomo, un po' come la verità. Tale giudizio trae origine da alcune considerazioni di natura letterario-filosofica: A partire dal più grande poeta della nostra tradizione, Dante, ho notato che nella Divina Commedia egli conia il termine trasumanar per consentire sia a sé stesso che al lettore di accedere alla narrazione della visione celeste, della realtà più bella e speranzosa di tutte. Questa operazione viene svolta perché l’uomo, di per sé, non è in grado di contemplare il regno paradisiaco nella sua luminosità, perfezione e speranza. Tutto ciò non avviene nella descrizione dell’inferno, dal momento che la condizione umana sembra, per natura, essere già abituata a quella realtà, già immersa in essa. Per questo aspetto l’inferno dantesco viene recepito con grande interesse da parte dei lettori e ritenuto un capolavoro di autenticità unico e inimitabile, poiché conforme alle sofferenze umane, come riflesso fedele di una condizione di eterno turbamento, di naturale precarietà. Inoltre, riflettendo sui molteplici tentativi di spiegare la struttura dell’universo — che lo si pensi retto dalla Provvidenza, da rapporti di causa ed effetto o dal puro caso — ho constatato come, nel suo andamento indecifrabile, il male e il dolore non scompaiano mai del tutto. Essi restano sospesi su una sottilissima superficie, pronti a riaffiorare e a imporsi, quasi a confermare una tendenza persistente al tormento, lasciando spazio soltanto a fugaci tracce di speranza, bellezza e spontaneità.
È necessario, Puriel, che tu mi insegni ancora una volta a riconoscere e a seguire queste tracce, affinché possa integrarle stabilmente in me stesso, nella mia quotidianità, e far sì che la mia etica e il mio agire risultino giusti e retti, conformi all’umanità che abita in ognuno di noi — quell’umanità armoniosa e sincera che viene oppressa da forze superbe, incapaci di rispettarne la dignità e, talvolta, la fragilità. Mi occorre questo per tornare a ricordare chi io sia veramente.
-Puriel: Umas, il tuo discorso è raffinato ed elevato; la mia risposta, invece, è molto più semplice di quanto tu possa immaginare. È sufficiente, infatti, che tu abbia prestato attenzione all’atteggiamento che ho assunto nei tuoi confronti. Inizialmente decisi di parlarti perché desideravo punirti per come mi avevi trattato troppo a lungo; ma, alla fine, ho anteposto l’empatia e la pietas alla brama di vendetta. So bene che, nella maggior parte dei casi, la decisione più immediata nasce dallo stato in cui si trova il nostro animo: è proprio qui che devi intervenire. Impara a guardare il tuo mondo da prospettive sempre diverse, ma mantenendo saldi i valori che riconosci come giusti. È l’amore, è la speranza, ciò che deve scuoterti, affinché tu rimanga sempre in contatto con te stesso e non ti confonda nella malvagità, che tenterà in ogni modo di attirarti inesorabilmente a sé. Sicuramente non potrai estinguere la sofferenza del mondo né mutarne la natura, poiché essa non dipende da te; ma puoi trasformare il tuo universo interiore, il tuo modo di guardare e accogliere la realtà. Dipende invece da te la direzione che il tuo cuore vorrà seguire, sapendo che per conoscere la speranza, l’amore e la serenità, devi prima conquistarli nella tua individualità, — coltivandoli attraverso ciò che, con spontaneità e purezza, doni agli altri, i quali, a loro modo, condividono la tua medesima condizione di instabilità e smarrimento.
Autore
Samuele Castronovo