Gli anni della vita di papa Francesco sono stati ottantanove. Bergoglio è morto a ottantanove anni sazio di giorni. E oggi che la sua voce si è spenta, resta il suono, come quando cala il silenzio e tuttavia si continua a sentire qualcosa che ci ha scosso il cuore. Resta la traccia
di un uomo che ha cercato Dio nel volto degli uomini, e ha insegnato, con umiltà concreta, che la verità si fa carne soltanto quando passa
attraverso l’amore. Ha servito la Chiesa come vescovo di Roma dal 2013 e, oggi, questi anni sembrano stati pochi mesi, tanto è stato l'amore che molti hanno provato per lui.
Innanzitutto, una cosa voglio scriverla ora: non se n'è andato senza aver fatto tutto quello che aveva detto: dall'anno della sua elezione, Papa Francesco ha segnato un cambiamento profondo nelle maniere, nelle parole e nelle priorità della Chiesa cattolica; ha camminato accanto, non davanti. Ha addolcito le intenzioni e, quasi per miracolo, ne ha allungato gli orizzonti, è riuscito ad abbracciare, in tanti modi, tante volte, anche i più giovani. Pur senza intaccare i dogmi fondamentali, le sue riforme hanno inciso profondamente sul modo in cui la Chiesa si presenta al mondo: in una semplice veste bianca, senza alcuna mozzetta rossa, scarpe nere in cuoio, semplici, una croce al collo in ferro ed un anello in argento, nessun trono su cui sedersi, sedie strette in legno: i discorsi iniziati con "Buongiorno" e finiti con. "Buona domenica e buon pranzo". Se penso al suo pontificato lo immagino come una corrente calda che, attraversando i corridoi freddi della Curia, ha sparigliato gerarchie, riti, abitudini: spingendo la Chiesa a scendere in strada, a impolverarsi di umanità. Al centro, come una rosa in un deserto, la misericordia. Tante volte lo ha ripetuto: «Perdonare tutto». In un clima di guerre e tragedie la misericordia è stato il motore che ha generato il Giubileo Straordinario, per riportare al cuore del messaggio cristiano l’idea che Dio è più grande dei nostri peccati. In questo spirito, ha concesso ai sacerdoti la possibilità di assolvere peccati considerati gravi dalla Chiesa, come quello dell’aborto, che prima erano riservati solamente ai vescovi.
Un cambiamento significativo riguarda anche i divorziati risposati: nel documento Amoris Laetitia (2016), il Papa ha aperto alla possibilità di accesso ai sacramenti dopo un percorso di discernimento. Ha così allentato l’armatura dottrinale senza romperla, lasciando passare l’aria, la vita, la complessità concreta delle persone. Uno dei punti più discussi è la dichiarazione Fiducia Supplicans (2023), in cui si ammette la possibilità di benedizioni alle coppie omosessuali e alle coppie irregolari. Non si tratta di un matrimonio effettivo, ma è comunque un importantissimo gesto pastorale: una carezza che lascia la speranza in un futuro sigillo.
Con la costituzione Praedicate Evangelium (2022), Papa Francesco ha riorganizzato la Curia Romana come un architetto che apre finestre in un edificio ingessato, e fa entrare aria, e chiude gli occhi davanti al sole che governa alto e imperturbabile il cielo. Ha dato maggiore centralità all’evangelizzazione e aperto ruoli decisivi anche ai laici e alle donne, che prima erano riservati solo ai chierici. Inoltre, ha istituzionalizzato l’accesso delle donne ai ministeri laicali del lettorato e dell’accolitato, rompendo un’abitudine antica. Con l’enciclica Laudato si’ (2015), il Papa ha inserito la cura dell’ambiente tra i compiti morali della Chiesa. Ha parlato di “ecologia integrale”: un’idea che fonde la tutela del creato alla giustizia sociale, come due vene di uno stesso cuore. Per lui, la crisi climatica è anche crisi spirituale, una perdita di senso prima che di ghiacci.
Papa Francesco ha ripetuto instancabilmente che la Chiesa deve essere “ospedale da campo”: immagine semplice, potente, che dice tutto. Ha istituito la Giornata Mondiale dei Poveri, denunciato le ingiustizie economiche, le logiche di scarto, le disuguaglianze. Nel 2019 ha firmato il Documento sulla Fratellanza Umana ad Abu Dhabi: unponte gettato verso l’islam, il mondo intero, la speranza di una convivenza possibile. In un tempo segnato dalla paura e dall’odio, ha scelto la tenerezza come linguaggio. In una Chiesa che rischiava di diventare fortezza, ha riaperto le porte e ha detto: entrino tutti. Tutti.
Ora che è morto, ci si accorge che il suo pontificato è stato – come scrive Agostino parlando della vita – “un pellegrinaggio verso l’amore”. Ha fatto della sua esistenza un ponte tra il Cielo e le periferie, un grido mite che resterà.
E allora non si può che concludere così: non temere, Chiesa di Cristo. Non piangere, popolo di Dio. Chi ha seminato col cuore, non muore. Si trasfigura.
E resta.
Autore
Alessandro Mainolfi