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BOTTINO CRAXI
Sono passati poco più di 25 anni dalla morte di Bettino Craxi, latitante ad Hammamet, avvenuta il 25 luglio del 2000. Ma ormai nessuno lo chiama più latitante, tutti lo definiscono esule. Anche se, al momento della sua morte, Craxi era già stato condannato con sentenza passata in giudicato a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo ENI-SAI ed a 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese. Altri processi furono estinti per “morte del reo”: quelli in cui aveva collezionato tre condanne in appello a 3 anni per la maxitangente Enimont, a 5 anni e 5 mesi per le tangenti Enel, a 5 anni e 9 mesi per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano). Al momento della sua fuga in Tunisia, gravavano inoltre, su di lui, ulteriori tre rinvii a giudizio per la mega evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e per la questione Cooperazione Terzo Mondo.
Nonostante questi dettagli, tutta la classe politica si è recata ad Hammamet per portare fiori sulla lapide dell’ex segretario socialista. Il presidente del senato La Russa, che 30 anni stava dalla parte di coloro che tiravano le monetine davanti all’hotel Raphael, ora è andato anche lui ad omaggiare il defunto: così come il nostro ministro degli esteri Tajani, che ha usufruito dell’aereo di stato, pagato dai xontribuenti, per omaggiare un latitante:”Sarò ad Hammamet per portare il saluto del governo e rendere omaggio a un grande italiano che è stato protagonista della nostra vita politica, ingiustamente criminalizzato. Credo si debba dare un segnale di attenzione a chi poi è morto in esilio, avendo dato molto al nostro Paese. Craxi, Andreotti e Berlusconi sono stati i grandi strateghi di politica estera che hanno permesso all’Italia di contare nel mondo”. Anche il presidente Mattarella, che nel 1989 si dimise da ministro in forte polemica con Craxi, oggi ne tesse le lodi:” Le riforme di Craxi cambiarono l’Italia. Ha lasciato un grande segno nel Paese”. Le inchieste per corruzione e finanziamento illecito, le condanne, la latitanza all’estero sono pudicamente evocate con delicate parafrasi: “La crisi che investì il sistema politico, minando la sua credibilità, chiuse con indagini e processi una stagione, provocando un ricambio radicale nella rappresentanza. Vicende giudiziarie che caratterizzarono quel burrascoso passaggio della vita della Repubblica”.
Dato che siamo il paese degli smemorati, cerchiamo di far luce sul personaggio.
29 settembre 1994. Il pool Mani Pulite fa arrestare Giorgio Tradati, vecchio amico di Craxi e uno dei prestanome dei suoi conti esteri. Il 4 ottobre il Pm Antonio Di Pietro lo fa deporre al processo Enimont. E il suo racconto rade al suolo la difesa di Craxi sui “finanziamenti irregolari alla politica”: “Nei primi anni 80, Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società panamense (Constellation Financière). La prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto… il prestanome”. Lì cominciano ad arrivare “somme consistenti”: nel 1986 sono già 15 miliardi. Poi con Tangentopoli tutto precipita. “Intorno al 10 febbraio 1993 Bettino mi chiese di far sparire il denaro dai conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di Mani Pulite. Ma io rifiutai… avrei inquinato le prove… E fu incaricato un altro. I soldi non finirono al partito… Hanno comprato anche 15 chili di lingotti d’oro (poi ritrovati dai giudici elvetici, per un valore di 300milioni di lire).
Craxi rimpiazza Tradati e affida i suoi conti a Maurizio Raggio, ex barista di Portofino, fidanzato con la contessa Francesca Vacca Agusta, sua vecchia amica. Raggio si precipita in Svizzera, svuota i conti e si ritrova fra le mani 40 miliardi di lire. Di Pietro sguinzaglia i carabinieri a Portofino, dove vive con la contessa a Villa Altachiara. Ma la coppia se l’è già svignata in motoscafo, prima a Montecarlo, poi in Messico. Cimenti, funzionario della Northern Holding, banca che mise a disposizione di Craxi un altro conto, intanto conferma ai Pm: “Raggio ha lasciato sui conti solo un milione di dollari e trasferito il resto su depositi alle Bahamas, alle Cayman e a Panama”. Intanto Tradati continua a raccontare: “I prelievi dai conti svizzeri di Craxi servivano anzitutto per finanziare una tv privata romana, la Gbr di Anja Pieroni (una delle sue numerose amanti) e acquistare un appartamento a New York e uno a Barcellona”.
In poco più di un anno di latitanza, Raggio racconta di aver speso 15 miliardi su 40. Il resto, l’ha riportato a Craxi, latitante ad Hammamet, che gli ha detto come e dove spenderlo. La sua deposizione verrà autenticata dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Milano: “Craxi dispose prelievi… sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tivù (di cui era direttrice generale l’amante Anja Pieroni) un contributo mensile di 100 milioni di lire… Dispose l’acquisto di una casa e di un albergo (l’Ivanhoe) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare “la servitù, l’autista e la segretaria”.
A Tradati diceva sempre: “Diversificare gli investimenti”. E Tradati eseguiva, con varie “operazioni immobiliari: due a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. Senza dimenticare gli affetti familiari: una villa e un prestito di 500 milioni per il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba) bisognoso di soldi per una mostra itinerante e una fondazione dedicate al santone indiano. Intanto il Psi è finito indebitato per l’esaurimento delle mazzette e prima il tesoriere Vincenzo Balzamo, poi i segretari Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco, non sanno più come pagare i dipendenti. Ma Craxi se ne infischia e tiene tutto per sé. Poi vengono le spese di Raggio: 15 miliardi per “il mantenimento della sua detenzione” in Messico e la latitanza in Centroamerica con la contessa e certe distrazioni piuttosto care: 235.000 dollari “per un’amica messicana”; e una Porsche acquistata a Miami.
Il resto rimase nella disponibilità di Craxi, che da Hammamet commissionò a Raggio alcune spese esotiche: l’acquisto di “un velivolo ‘Citation’ del costo di 1,5 milioni di dollari”, l’estinzione di un “mutuo personale” acceso da Raggio (circa 800 milioni di lire), le parcelle degli avvocati e una raffica di “bonifici specificatamente ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per il seguente accredito”; 80 milioni di lire alla Bank of Kuwait Ltd “in pagamento del canone relativo a un’abitazione affittata dal figlio di Craxi in Costa Azzurra”. Il figlio Bobo - spiega Raggio - “aveva affittato una villa sulla Costa nell’ottobre-novembre 1993, per sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Anche lui esule a spese nostre.
Dunque, conclude il Tribunale, i conti di Craxi servivano “alla realizzazione di interessi economici innanzitutto propri” e “Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà lo stesso Balzamo… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti, se non per soccorrere finanziariamente Gbr, in cui coltivava soprattutto interessi ‘propri’”. Le rogatorie dalla Svizzera confermano che Tradati non mente. E dimostrano che sui conti di Craxi, nel 1991, mentre l’amico Bettino imponeva la legge Mammì scritta su misura per la Fininvest, Berlusconi bonificava 23 miliardi di lire in più rate tramite la società occulta All Iberian. Nessuna risposta, invece, avranno le rogatorie del pool sugli altri tesori di Craxi: quelli gestiti da altri tre prestanome - Gianfranco Troielli, Mauro Giallombardo e Agostino Ruju - su conti e società fantasma fra Hong Kong, Singapore, Bahamas, Cayman, Liechtenstein e Lussemburgo. Tutti miliardi rimasti inaccessibili, almeno ai giudici.
Vale la pena ricordare che, quando i difensori di Craxi ricorreranno davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella speranza di ribaltare la condanna, verranno respinti con perdite. "Non è possibile – scrivono i giudici di Strasburgo il 31 ottobre 2001 – pensare che i rappresentanti della Procura abbiano abusato dei loro poteri". Anzi, l’iter dibattimentale "seguì i canoni del giusto processo" e le proteste dell’imputato sulla parzialità dei giudici “non si fondano su nessun elemento concreto… Va ricordato che il ricorrente è stato condannato per corruzione e non per le sue idee politiche".
A questo punto viene da chiedersi: cosa aspettano Mattarella, La Russa e Tajani a portare una corona di fiori anche sulla tomba di Riina o di Provenzano?
Autore
Riccardo Maradini