A volte vien voglia di indire una raccolta firme per salvare il nostro Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Salvarlo dalla sua condizione di servo di tre padroni, Giorgia Meloni e i due Berluscones, Marina e Pier Silvio.
La Presidente del Consiglio, nell’agosto del 2023, propose una legge per tassare gli extraprofitti delle banche, dovuti ad una congiuntura fortunata: il rialzo dei tassi di interesse da parte della BCE. Ma subito Tajani viene richiamato all’ordine da Marina Berlusconi, padrona di Forza Italia e, guarda un po’, presidente di Fininvest, che controlla il 30% di una banca, Mediolanum, che non è proprio contenta di versare parte dei suoi profitti allo stato.
Così la norma viene stoppata da Tajani, e verrà approvata solo in seguito, depotenziata e spolpata dall’interno. Il decreto-legge viene trasmesso al Parlamento e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2023, ma, durante l’esame del testo in Commissione ambiente e industria del Senato, i partiti di maggioranza presentano un emendamento che cambia molto il provvedimento. Da un lato, le banche possono scegliere di non pagare la tassa purché destinino un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il loro patrimonio (per la precisione le riserve indisponibili). Se le banche avessero usato questa sorta di riserva per distribuire utili, avrebbero pagato una penale. Dall’altro lato, l’importo massimo della tassa da versare era portato allo 0,26 per cento sugli attivi ponderati (RWA), escludendo quindi i titoli di stato.
Infatti, le principali banche – parliamo per esempio di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio, Mediobanca e Credem – hanno deciso di avvalersi della facoltà di destinare le somme dovute come tassa sugli extraprofitti a riserva non distribuibile. In questo modo, l’erario viene privato di un incasso di 1,8 miliardi di euro circa.
Prendiamo il caso di Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana. In occasione della presentazione dei risultati del secondo trimestre, a fine luglio, il suo Ceo Carlo Messina affermava: “I risultati solidi e positivi dei primi sei mesi dell’anno ci consentono di aumentare la previsione di un utile netto 2023 ben superiore a 7 miliardi di euro”. E aggiungeva: “Quest’anno potremo distribuire ai nostri azionisti 5,8 miliardi”. In altri termini, la banca a fine luglio prevedeva di fare accantonamenti superiori a 1,2 miliardi, importo non molto diverso da quanto imposto dalla così detta tassa sugli extraprofitti.
Intanto Marina Berlusconi, il 31 maggio 2024, viene nominata Cavaliere del Lavoro da Sergio Mattarella. Inoltre, è molto attiva sul fronte dei diritti civili, fautrice di un partito più Liberal e spostato verso il centro, e per questo viene trattata dai giornali e dal fronte politico come una novella Santa Maria Goretti: “Alfieri (Pd): ‘Per governare non basta dire no armi. Marina B.? Su alcuni temi battaglie comuni”, “Calenda: ‘Seguire l’agenda di Marina B. con dieci svolte, non solo di governo’” (Foglio, 18.2). “La lezione della Cavaliera ai cattivisti di destra” (Stampa, 18.2). “Marina Berlusconi agita Forza Italia: ‘Ha raccolto l’eredità del padre’. Il plauso dei centristi Iv. Cicchitto: ‘Le sue parole aiutano partito e governo a evitare derive pericolose’” (Repubblica, 18.2). “Mulé: ‘Le parole di Marina sono un predellino intellettuale’” (Foglio, 19.2). “Marina B., la politica che serve” (Alessandra Mussolini, Riformista, 19.2). “La lezione di Marina B. alla politica italiana” (Dino Giarrusso, Identità, 19.2). “Perché il manifesto di Marina è piaciuto molto anche ai macroniani” (Sandro Gozi, eurodeputato, Foglio, 20.2).
E proprio per questo Tajani si sente incoraggiato, nonostante il parere contrario dei suoi alleati di Governo, a battere la strada dello Ius Scholae, ovvero il riconoscimento della cittadinanza per minori nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni, che avessero risieduto nel Paese legalmente e senza interruzioni frequentando regolarmente almeno 5 anni di studio, in uno o più cicli scolastici. Lo Ius Scholae inizialmente è sostenuto anche da Pier Silvio, che nel dicembre del 2024 dichiarava: “il partito sta andando bene e Antonio Tajani sta facendo un ottimo lavoro. FI è tornata sopra la Lega anche grazie a un modo di fare politica serio e non propagandistico. Per esempio, ho molto apprezzato la proposta sullo Ius scholae, auspico che il governo riesca ad approvarlo…”.
Perciò, nonostante la contrarietà più volte espressa dagli alleati, Tajani va avanti e nella Masseria di Bruno Vespa, solo il 6 luglio dichiarava: «Vorrei convincere i nostri alleati e i cittadini: non siamo pericolosi lassisti, né deboli, ma l’esatto contrario: la nostra è una norma per rendere più seria la concessione della cittadinanza. Il modello è quello dell’Impero Romano che inglobava» dice. Ma, soprattutto, ci tiene a ribadire che lo Ius scholae è parte del programma del centrodestra «al punto 6», dove si parla di integrazione di immigrati regolari. «Tuttavia - aggiunge -, lungi da me la volontà di mettere in difficoltà il governo...». Quindi spiega: «Il nostro programma non è solo questo».
Poi arriva il Contrordine, il 9 luglio Pier Silvio, pronto per la politica (perfino la seconda carica dello Stato lo auspica:“Vedo bene i Berlusconi in politica. Non solo Pier Silvio, ma anche Marina, Barbara, Luigi, di cui mi dicono un gran bene…” Ignazio La Russa, FdI, presidente del Senato, 30.7), dice: “In FI servono volti nuovi e lo Ius Scholae non è una priorità”. Rompe le uova nel paniere a Tajani, che aveva appena bissato la gag dell’estate scorsa, quando si era tirato dietro il Pd e i giornali, salvo poi votarsi contro da solo sul più bello. A settembre 2024, infatti, dopo le chiacchiere estive, era giunto puntuale il dietrofront al momento del voto su un emendamento scritto appositamente da Carlo Calenda per svelare il bluff: cittadinanza per i minori figli di immigrati dopo un ciclo scolastico di 10 anni, praticamente la proposta sventolata per giorni e giorni dai forzisti. Che però in aula avevano votato no.
Ma tornando al presente, ora Tajani deve rimangiarsi tutto: “Anche per me lo Ius scholae non è una priorità, l’ho sempre detto. Io e Pier Silvio siamo in perfetta sintonia. Magari scendesse in politica!”. È un uomo profondamente in difficolta il nostro Ministro degli Esteri, per cui possiamo lasciargli passare l’ultima gaffe: il 26 luglio, ha dichiarato che, prima che l’Italia riconosca lo Stato di Palestina, i palestinesi devono riconoscere Israele: non gli hanno detto che lo fece l’Olp di Arafat a Oslo nel 1993, appena 32 anni fa. Ma d’altra parte, come disse Corrado Guzzanti nei panni di Emilio Fede, “provate voi a leccare culi in movimento”.
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Autore
Riccardo Maradini