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Aprile è da sempre il mese che richiama alla memoria una delle battaglie più significative della nostra storia, quella per la liberazione dell'Italia dall'occupazione nazifascista. La Resistenza, che ha visto giovani e meno giovani combattere nelle montagne e nelle città per un futuro di libertà, è oggi un simbolo che, seppur datato, non ha perso la sua attualità. Ogni anno, in questo mese, risuona forte la domanda: "Fischia ancora il vento?". Il vento che spirava nel 1945, simbolo di un'epoca di lotte e sacrifici, è lo stesso che oggi soffia su un mondo profondamente cambiato, ma non per questo meno impegnativo. Quell'aprile del 1945 ha rappresentato la liberazione da un regime che aveva soffocato la dignità umana e la libertà. Ma non bisogna dimenticare che la Resistenza non si è mai limitata alla lotta contro un nemico visibile e concreto. La vera battaglia, quella che i partigiani hanno affrontato con coraggio e determinazione, è stata anche contro un'idea di società che negava il diritto alla libertà, all'uguaglianza e alla giustizia. La memoria di quella lotta continua ad essere viva non solo attraverso le celebrazioni, ma anche attraverso l'impegno quotidiano delle nuove generazioni, chiamate a difendere quegli stessi valori in un mondo che, purtroppo, sembra ogni giorno più fragile. La Resistenza di oggi non si combatte solo sui terreni fisici, ma si svolge in un contesto globale caratterizzato da nuove sfide. Da un lato, assistiamo al ritorno di governi nazionalisti e autoritari che minano il progresso delle democrazie liberali; dall'altro, il cambiamento climatico ci mette di fronte a un'emergenza climatica che potrebbe avere impatti devastanti sul nostro futuro. Le difficoltà si moltiplicano e le generazioni più giovani si trovano a dover fare i conti con una realtà che, più che mai, appare incerta e imprevedibile. Uno dei fenomeni più preoccupanti che caratterizza questa realtà è il pregiudizio con cui oggi vengono etichettati i giovani. Spesso, infatti, siamo visti come una generazione "fannullona", incapace di comprendere il significato di sacrificio e impegno. Un'etichetta che ci dipinge come esseri svogliati, dediti solo al benessere e alla comodità, senza la stessa determinazione che distingueva chi ha lottato per la libertà durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma questi stereotipi sono non solo ingiusti, ma profondamente errati. Non si tiene conto di un aspetto fondamentale: le difficoltà che oggi dobbiamo affrontare sono diverse, ma altrettanto complesse ed insidiose. La crescente crisi economica, le difficoltà nell'affrontare il mercato del lavoro, la paura di un futuro senza certezze sono solo alcune delle sfide con cui i giovani d’oggi si confrontano.
Ma la lotta che si sta combattendo non si limita a queste difficoltà materiali. C'è un aspetto che sta emergendo sempre più prepotentemente: la battaglia per la salute mentale. Viviamo in un mondo in cui la competizione, le aspettative sociali e la pressione costante per "avere successo" stanno generando una vera e propria crisi psicologica tra le nuove generazioni. La solitudine, la depressione, l'ansia e il burnout sono temi sempre più diffusi, ma poco discussi apertamente. È un fenomeno che, nonostante stia lentamente ottenendo più attenzione, rimane ancora stigmatizzato in molte parti della nostra società. La salute mentale è diventata, forse più di ogni altra cosa, la nuova frontiera della lotta odierna. L'ansia di dover essere sempre performanti, la pressione di essere costantemente visibili sui social media e la paura di non essere mai abbastanza stanno creando una generazione che fatica a respirare. Non è un caso che oggi si parli di "resistenza silenziosa": una lotta che non si vede, che non ha il volto di una battaglia armata, ma che è ugualmente significativa. Nonostante tutto, però, i giovani del XXI secolo sono ancora una volta i partigiani di una resistenza che non si è mai fermata. Siamo chiamati a combattere per un mondo che sappia accogliere le diversità, che lotti per un ambiente più sostenibile, che difenda i diritti fondamentali di ogni individuo. La lotta non è finita, ma si è evoluta, come evolute sono le sue forme. Non si tratta più solo di combattere contro un nemico visibile, ma di affrontare i fantasmi di un mondo che non sembra più in grado di prendersi cura delle sue nuove generazioni . La consapevolezza che un domani migliore sia possibile, e che dipenda dalle scelte che compiamo oggi, è ciò che ci spinge a non arrenderci. La memoria dei partigiani del '45 ci ricorda che la libertà va difesa, ma che va anche costruita ogni giorno. Non possiamo ignorare la lezione che ci arriva dalla storia: una lotta che sembra finita non lo è mai, perché le battaglie continuano, spesso in forme diverse, ma altrettanto cruciali. La resistenza è una lotta che unisce generazioni, che trascende i confini e che si esprime attraverso l'impegno quotidiano per un mondo più giusto, equo e, soprattutto, sano. ln questo aprile, quindi, la domanda "Fischia ancora il vento?" ci invita a riflettere non solo sul passato, ma anche sul nostro presente. Perché quel vento che ha soffiato sui partigiani del '45 continua a soffiare anche oggi e tocca a noi, come nuove generazioni, raccogliere il testimone. Siamo chiamati a resistere, con la stessa passione, con la stessa determinazione e, più di ogni altra cosa, con la consapevolezza che battaglia per la libertà, per l'uguaglianza e per la salute mentale è la sfida del nostro tempo.
Autore
Pietro Intini