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Caro Rick, da troppo tempo il mio inchiostro non sfiora più il respiro dell’esistenza terrena e ritengo che sia giunto il momento di intervenire: il mondo, infatti, sta attraversando una crisi di umanità; è malato fino al midollo e, mai come in questo interminabile istante, assistiamo al dissolversi di identità, coscienze e valori “sociali”. Sembra che la crudeltà si stia imponendo sull’empatia, e che la morte stia educando le sensibilità a riconoscerla non più come eccezione, ma prassi abituale, ordinaria, necessaria. Se difatti tutto si trasforma, conoscendo un principio e un epilogo, soltanto la morte rimane fedele a sé stessa, pur rivelandosi nelle sue infinite manifestazioni. Tutti i grandi pensatori di ogni epoca — filosofi, scienziati, poeti, scrittori, intellettuali e religiosi — hanno cercato di intraprendere un dialogo con tale legge naturale infallibile, volto a comprendere il senso ultimo, le ragioni e gli scopi che ne governano l’intramontabile esistenza: un tentativo che, tuttavia, non è mai risultato onnicomprensivo e non ha mai dissolto le paure e le esigenze gnoseologiche che ciascun essere umano ha trascinato con sé nel corso della storia.
Anche Umas, il protagonista che ci sta accompagnando nel corso dei mensili, dopo essersi smarrito in sentimenti travolgenti quali amore e nostalgia, si trovò faccia a faccia con la morte stessa — con Thanatos, per la precisione, così come l’aveva udita nominare, con accezioni diverse, nell’Iliade, nell’Odissea, in alcune tragedie di Euripide e nelle riflessioni di Freud (tutti testi imprescindibili presenti sulla sua scrivania) — e gli rivolse alcune domande. Riporto qui, prezioso amico mio, il breve ma intenso dialogo. (Umas udiva la voce di Thanatos — che riconobbe immediatamente — ma i suoi occhi non scorgevano nulla: né volti, né forme, soltanto un buio compatto e un’oscurità senza confini. Alle sue spalle una porta; e su di essa incise parole che parevano sussurrare da un altro mondo: «Tre sole domande sono concesse, a un misero umano, infelice e senza speranza.»):
-Thanatos: È un piacere averti qui. Quale impresa hai compiuto per avere l’onore di parlare con me?
-Umas: Innanzitutto vorrei che ti presentassi. Vorrei almeno conoscere il nome e l’identità di chi ha la pretesa innata di ritenersi superiore. A nessun essere ti sei mai degnato di rivelarti con sincerità ed educazione. Parlo a nome dell’intera umanità.
-Thanatos: Non so se conviene anteporre il coraggio al rispetto nella tua situazione di naturale inferiorità e impotenza. Non considererò questo tuo capriccio come una domanda. Ma, prima di punirti, desidero sapere la ragione di così tanta furia.
-Umas: Personalmente non comprendo il fondamento della tua esistenza. Quale divertimento muove la tua essenza nel depredare con violenza, senza la possibilità di scelta o di arbitrio, ciò che non appartiene mai a te, ma a tutti gli altri?
-Thanatos: Non colgo la complessità della risposta che ti aspetti. La mia azione attribuisce valore e conferisce senso al vostro essere — che altrimenti sarebbe spoglio e immobile —, dona gratuitamente adrenalina e vita autentica, come nessun’altra realtà nell’universo. Dovresti essere riconoscente e venerare il mio ruolo anziché oltraggiarlo. Ma tu, e tutti voi, avrete ciò che meritate!
-Umas: Il tuo vanto, caro Thanatos, è completamente privo di virtù: dal momento che ostenti un tale senso di giustizia, ti sembra corretto che uno solo stabilisca il destino di tutti gli altri? Credo invece che tu confonda egoismo per generosità e ritengo che il vuoto che ti illudi di colmare privando ogni cosa di sé stessa sia dovuto alla fragile identità che ti ha sempre caratterizzato. Ciò che osi chiamare potere incontrastabile è, in realtà, eterna debolezza. Parte dell’umanità sostiene che ci sia una realtà nuova dopo di te e che tu sia soltanto un punto di inizio verso una condizione migliore. È così, dico bene?
-Thanatos: Subirai atroci sofferenze rivolgendo a me tali ingiurie! Nessuno mai si permetta di mettere in dubbio il mio ruolo e la mia perenne presenza. L’aldilà non esiste, sono stato chiaro? È il solito modo con cui voi esseri insignificanti intendete dare conforto alla sventurata anima che credete di possedere. La vostra tendenza risiede nel cercare una giustificazione a tutto ciò che vi circonda e date sempre la colpa a qualcun altro se non siete soddisfatti della vita che conducete. Mancate di umiltà e rassegnazione. La fine arriverà per ciascuno di voi, irriconoscenti umani, una volta per tutte!
-Umas: La verità è che ti piace soltanto dettare legge a tutto ciò che non può contrastarti. Lo fai anche adesso, limitando la parola umana a sole tre domande. Tu pecchi di viltà e codardia. La stirpe umana però non ne uscirà sconfitta, la fine divorerà anche te un giorno. Sarai distrutto da te stesso. Ora rivelati, mostrati in tutta la tua mostruosità! Chi sei veramente?
Alla terza domanda Umas vide, per un istante, un riflesso sgretolarsi e si svegliò senza sapere più chi fosse e dove si trovasse. La coscienza si frantumò inesorabilmente. Questa esperienza lo segnò per il resto dei suoi giorni. Ma ciò, cari lettori e care lettrici, sarà narrato nei prossimi scritti.