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«Quando è successo?» «Mmh, vediamo. Era passato giusto qualche mese quando decisi finalmente di mettere mano alle cose del suo studio. La casa e l’attività erano mie di diritto ed a quel punto era decisamente arrivata l’ora della mia successione, dovevo solo prendere il possesso della stanza e dei documenti che vi erano contenuti. Salii la scala scricchiolante e quando fui davanti alla porta chiusa bussai stupidamente, come se mi aspettassi di sentire la sua voce che dall’altra parte mi intimava di non disturbare. Con il senno di poi non so se girai lentamente la maniglia più per gustarmi il momento o perché avevo paura di trovarmelo lì davanti con uno sguardo piuttosto infastidito. Entrai silenziosamente guardandomi intorno, conoscevo bene i particolari dello studio, ma esaminai i quadri con le foto dei suoi viaggi, le pile di libri accatastate, il vecchio giradischi impolverato, il tappeto orribile ed infine quella malvagia scrivania che per tutta l’infanzia mi era sembrata un prolungamento di lui stesso. Lì per lì mi venne in mente di gettare pure quella cosa nella tomba fredda in cui avevo gettato lui. Le girai intorno sfiorandola con la punta delle dita, mi sedetti sulla poltrona, estrassi un cassetto dopo l’altro vuotandone il contenuto sul piano di lavoro. Nell’ultimo che avevo rovesciato vidi che era rimasta attaccata al fondo una busta, di quelle che si usano per inviare moduli per posta. Era attaccata con due pezzi di nastro adesivo che la attraversavano da parte a parte, quasi che il bastardo avesse intuito che una volta andato all’altro mondo gli avrei rivoltato i suoi preziosi cassetti e mi pensasse così idiota da non accorgermene, un’ennesima dimostrazione della sua stima per me, non crede?» «Era lì dentro?» «Proprio lì. A quel punto non me ne importava più di quel mucchio di carta straccia sparsa sulla scrivania, ero curioso di sapere cosa c’era dentro, magari era qualche piccolo appunto sulle mazzette che distribuiva qua e là per assicurarsi il quieto vivere.» «Invece era la lettera…» «Le ho già detto di sì.» «Per telefono mi ha detto solo che era un po' amareggiato, non mi ha detto che cosa c’era scritto, non è che era una lettera per lei?» «Figuriamoci, anche se avesse vagamente sentito il bisogno di dirmi qualcosa credo sarebbe stata una lettera piena di insulti e continui rimandi a quanto si vergognasse di me, era per una donna, una certa Talia.» «Forse un’amante.» «No, decisamente no. L’ha scritta qualche giorno dopo quella visita del medico di cui le avevo parlato l’ultima volta, quando ancora riusciva a salire le scale, altrimenti non avrebbe potuto fissarla al cassetto.» «Posso chiederle che cosa c’era scritto?» «Certo. Lui iniziava rivelando che ormai non aveva più molto tempo, la diagnosi lo aveva portato a riflettere sul periodo in cui lui e questa Talia si erano frequentati. Parlava di quando era molto giovane, sicuramente prima di sposarsi con mia madre, perché nominava il suo vecchio liceo. Mio padre descriveva quanto quella donna fosse bella nei suoi ricordi; dei suoi capelli color miele e di come la luce del tramonto le cadeva sul viso quando si incontravano di nascosto. Le raccontava per filo e per segno di come ricordava il loro primo incontro, di come ripensava ossessivamente a quell’addio. Continuava paragonando la sua presenza ai primi fiori che annunciano l’arrivo della primavera tiepida e la ringraziava per avergli tolto il gelido inverno dalle ossa.» «Tutto qua?» «Assolutamente no, c’erano quattro pagine intere, ma non ricordo più nulla a parte il fatto che ogni tanto vedevo i fogli contorcersi in alcuni punti; evidentemente piangeva mentre scriveva.» «Che ne ha fatto della lettera?» «L’ho bruciata.» «Perché?» «Più la leggevo, più capivo che in un certo senso stava parlando anche a me: la busta fissata nel cassetto perché sotto sotto voleva che la trovassi, le lacrime sul foglio e la dolcezza che mostrava nell’esprimersi erano elementi che mi chiedevano disperatamente di recapitare quella confessione d’amore alla donna chiamata Talia.» «E lei non voleva dargli questa soddisfazione, giusto?» «Vedo che ha capito.» «Lo odia a tal punto da non concedergli l’ultimo desiderio?»
Autore
Gabriele Parenti