Mi piace pensare di aver colto il senso del celebre incipit: "A lungo, mi sono coricato di buonora". A scriverlo fu Marcel Proust, che trascorse più di un decennio, prima di morire, chiuso nella sua camera da letto a comporre il suo capolavoro. Direi che le premesse per una riflessione sul tema di questo mese, la morte, sono ben poste.
Tutti sappiamo che esistono periodi difficili, periodi nei quali è più che lecito tentare di sottrarsi al malessere con ogni mezzo possibile. Ognuno reagisce a suo modo, che è personale, tragicamente ed eroicamente personale, e bisogna ammettere che dormire è davvero un’ottima soluzione per interrompere con decisione il flusso delle inesorabili sofferenze giornaliere. Tutto è sospeso, si potrebbe rinascere un'altra volta, forse.
Tuttavia, accade alle volte che non si riesca nemmeno a chiudere occhio e si è costretti a trascinare la propria esistenza oltre il limite di sopportazione. Anche nella Recherce c'è un momento simile: il protagonista poco dopo essersi addormentato si sveglia e accende un fiammifero per vedere l'ora: quasi mezzanotte. In quell'istante, egli evoca la figura del malato che, destatosi, intravede una luce sotto lo stipite della porta. Pensa: son salvo, è già mattino e tra poco verranno a prendersi cura di me. Poi il lume si spegne e gli ultimi brusii con esso. La battaglia solitaria con la sofferenza è appena cominciata.
Dopo di che il risveglio ha tutta la sua fenomenologia. Se si è riusciti ad addormentarsi, tempo di ricordarsi chi si è ed ecco che il malessere ritorna. Riprendendo sempre uno spunto da Proust, l'istante che precede la presa di coscienza, quello in cui si è chiamati, attraverso gli oggetti attorno, a ricostruire la propria vita, pezzo dopo pezzo, dolore dopo dolore, è proprio il momento che sopra tutti ci consentirebbe di percepire l’esistenza nella sua essenza. Si è, e al contempo non del tutto: ancora qualche secondo di tregua. Poi ogni cosa si fa chiara, il malessere, fisico o morale, pure; vivere diventa quindi un atto coraggioso, che per molti si inaugura levandosi da quel luogo che è stato rifugio e dolce esilio per alcune ore. Ed è anche ironico pensare che nella migliore delle ipotesi un giorno saranno proprio un materasso, un cuscino e delle lenzuola, ad accogliere le nostre ultime ore di vita.
Ma scusate, non avevo visto l'ora tarda; seguendo questo corso di pensieri mi accorgo che è giunto il momento: ora vado a dormire, forse sognare, annegare nella notte, forse morire.
Autore
Emanuele Poli