3
In America, nel non lontano 1992, una nota azienda produttrice di una celebre linea di bambole decise di crearne una in grado di parlare. Non era una grande novità, tuttavia, posti di fronte a questo prodigio della tecnica, alcuni addetti non riuscirono a concepire, tra le altre, una frase migliore della seguente: "Math class is tough"; che, casualmente, poteva poi essere seguita da "Want to go shopping?" oppure "Let's plan our dream wedding!"[3].
Gli esperti americani in educazione si opposero, ne nacque una polemica, l'azienda si offrì di sostituire le bambole parlanti con un modello meno loquace, i creatori dei Simpson ne trassero spunto per un episodio.
Al tempo, infatti, si voleva dimenticare una questione spinosa, per molti anni dibattuta, circa la predisposizione o meno delle donne alla matematica. Non era che il 1989 quando per la prima volta fu pronunciata una presa di posizione ufficiale in una relazione nazionale tramite l’affermazione: “ Cross-national studies of gender differences in mathematics suggest that most of the differences observed are due to the accumulating effects of sex-role experience at home, in school, and in society”[1].
Qui si parla di divario e difatti alcune differenze erano emerse negli anni precedenti. I risultati di certi test condotti negli Stati Uniti effettivamente mostravano una superiorità di punteggio a favore dei ragazzi e si registrava una significativa preferenza per gli indirizzi umanistici da parte delle ragazze. Eppure, nonostante gli sforzi, nulla di concreto è stato provato, ma i pregiudizi persistevano, soprattutto tra la gente comune. Sheila Tobias, una ricercatrice ed attivista che si dedicò tra gli anni '70 e '80 della disparità di genere nelle scienze e soprattutto in matematica, pubblicò per il grande pubblico il libro "Come vincere la paura della matematica". Esso, oltre a trattare l’ansia matematica in generale, sviluppa un'analisi basata sulla differenza di educazione tra i sessi (sarà essenziale tener presente, in seguito, che il libro ha già la sua età e che tanto è cambiato dal momento della sua pubblicazione).
La studiosa infatti afferma, ad esempio, quanto la possibilità di accedere a determinati giochi un tempo ritenuti maschili, quali le costruzioni o altri oggetti da smontare e rimontare, potrebbe avere un effetto propedeutico per determinate materie come la matematica, dove la capacità di visualizzazione delle forme nello spazio è fondamentale; di contro, suppone che il porre tra le mani della bambina una bambola, oltre a suggerire o insinuare, forse, già una sorta di ruolo sociale predeterminato, non sia molto utile in termini di stimoli cognitivi. Inoltre ipotizza quanto anche attraverso lo sport moltissimi ragazzi riescano fin da piccoli a familiarizzare con alcuni rudimenti di statistica e combinatoria, come ad esempio la media goal di un calciatore o il funzionamento di un certo tipo di torneo, e di come anche questa dinamica sia da prendere in considerazione. Tanti sono gli aspetti da analizzare, dalle aspettative all’isolamento sociale, dalla mancanza di modelli ispiratori ai pregiudizi biologici. Non essendo esperto ancora in psicologia dello sviluppo e in didattica, si preferisce esibire una parte di quanto affermato e defilarsi. Tuttavia, sono interessanti le conseguenze di tale approccio: le donne, infatti, non sono più vittime di una disgrazia genetica, ma persone inserite all’interno di uno sviluppo storico dal quale sono influenzate; e l'acquisizione di competenze o la loro assenza, l’assimilazione di ruoli sociali più o meno imposti, di pregiudizi paralizzanti, inevitabilmente concorrono a formare la concezione che esse avranno di sé e delle proprie abilità; e se si è convinti che percorrendo una via si è condannati al fallimento, difficilmente la si considererà con la dovuta attenzione. Ma è ancora più importante constatare come effettivamente, negli anni successivi, lo studio delle dinamiche psicologiche e sociali riguardanti i pregiudizi sulle donne abbia permesso di comprendere le ragioni di tanti fallimenti, non solo femminili, in matematica, che bisogna ricordare con voce categorica non essere una materia elitaria. Così facendo, si è potuto intervenire anche a favore di moltissimi ragazzi che soffrivano perché il loro insuccesso, di fronte a una società così esigente, veniva percepito come umiliante.
In conclusione, non possiamo far altro che rimandare a testi e articoli più completi del presente, con la speranza di aver acceso un piccolo interesse nel cuoricino del lettore o della lettrice.
[2] “Come vincere la paura della matematica” di Sheila Tobias
[3] Teen Talk Barbie - Wikipedia
Autore
Emanuele Poli