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25 Aprile 2013, avevo 10 anni ed ero in silenzio ad una cerimonia commemorativa. Ricordo la tensione di quel momento. Mi domandavo perché dovessimo ricordare un solo giorno all’anno, per di più a bocca chiusa. Aprile 2025, ho 21 anni, ho capito che in quel silenzio c’era un’eco: quello di chi ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. Oggi, quello stesso eco lo sento nei versi di una canzone, in una serie tv che parla di diritti negati, in un libro letto per passatempo. La resistenza, quella con la R maiuscola, non è solo un fatto del passato da ricordare una volta l’anno, ma una vibrazione che cambia linguaggio. E la ritroviamo lì, nei frammenti di cultura che ci accompagnano ogni giorno. «Ogni generazione, dentro una relativa oscurità, deve scoprire la sua missione, compierla o tradirla» -Frantz FanonC’è stato un tempo in cui la resistenza si faceva sui monti, tra staffette, parole in codice e giornali clandestini. Oggi, resistere ha nuove forme. Eppure, qualcosa ritorna: l’urgenza di opporsi ad un regime che opprime, silenzia o omologa. Nel 2025 la resistenza non passa solo per le piazze, ma soprattutto attraverso lo schermo di un cellulare, un testo musicale, un’immagine virale. Non è più solo un’azione collettiva, ma un gesto quotidiano, una scelta di identità. La resistenza oggi può avere il volto di chi sceglie di essere sé stesso in un contesto che lo vorrebbe diverso. Di chi si esprime in un linguaggio che non rientra nei canoni dominanti, di chi racconta realtà marginali, scomode o invisibili. Sono resistenze silenziose, ma profonde: quelle dei corpi non conformi, delle identità di genere, dei migranti che rivendicano spazio, delle donne che rompono il silenzio.La cultura non è mai neutra: è un campo di forze, e anche un campo di battaglia. Resistere culturalmente significa rifiutare modelli imposti, stereotipi, narrazioni uniche. «La cultura è un atto di resistenza.» - Pier Paolo PasoliniIl linguaggio della musica, nei suoi svariati generi, dal rap, trap e cantautorato alternativo, è uno dei veicoli principali della resistenza pop. Da Marracash a Madame, da Caparezza a Rancore, molti artisti italiani raccontano del disagio sociale, malessere generazionale, lotta contro l’omologazione.Nel mondo del cinema, esempi come The Handmaid’s Tale mostrano distopie che non sono poi così lontane dal presente, mentre prodotti italiani come “Strappare lungo i bordi” di ZeroCalcare mettono al centro storie di adolescenti che resistono a un mondo che li esclude.Per il privato, il soggetto individuale, oggi il mezzo principale per opporre resistenza è il digitale. Ha dato forma a un nuovo tipo di attivismo: più veloce, più fluido, più accessibile. Campagne come #MeToo, #FridaysForFuture o #BlackLivesMatter sono nate online tramite i repost sui vari social e sono arrivati ad invadere le strade, dimostrando che resistere oggi può partire da uno smartphone.I social diventano spazi di costruzione collettiva del dissenso, dove il meme diventa arma e il linguaggio virale un modo per sfuggire alla censura. Ascoltare il pensiero di qualcun altro attraverso un video permette di accogliere le idee altrui e formarne una propria; i social danno la possibilità di ascoltare in poco tempo idee opposte, derivanti da svariate parti del mondo, permettono di conoscere all’istante. Questo ha un forte impatto sulla creazione del pensiero di adolescenti e non. Non fermarsi alla prima idea o racconto che ci è stato proposto, ma indagare più a fondo, ci dà modo di approfondire, espandere la nostra conoscenza ed essere più propensi ad ascoltare l’altro. Questo mondo digitalizzato ci dà la possibilità di far sentire anche le nostre voci, voci che senza un mezzo di comunicazione veloce e accessibile sarebbero rimaste inascoltate. In questo modo, la cultura pop si mescola al politico. Ripostare sulle proprie storie di Instagram, condividere un link, mettere like ad un post può diventare una presa di posizione. Un gesto minimo che permette di sentirsi partecipanti attivi, di non restare spettatori silenti. Resistere, oggi, significa essere consapevoli. Usare la cultura non solo per intrattenere, ma per disturbare, per cambiare, per raccontare l’invisibile. In fondo, ogni gesto che rompe il silenzio è un piccolo atto di Resistenza.
Autore
Aurora Malpeli