1
Negli ultimi mesi Kanye West è tornato a far parlare di sé. A suscitare un’ondata di indignazione tra il pubblico sono state alcune sue dichiarazioni sui social, dal contenuto parecchio discutibile. Una raffica di tweet antisemiti, in cui dice di essere un nazista e di “amare” Hitler; commenti omofobi, razzisti e contro tuta la cultura woke. E’ vero che il rapper ha sempre comunicato con il suo pubblico in modo provocatorio, ma questa volta potrebbe aver superato il limite. Kanye sembra volersi dare in pasto agli haters, dimostrando di essere libero di dire quello che vuole e che l’odio degli altri non lo spaventa. Arrogante, sfacciato e senza filtri, è un bullo che ce l’ha con tutti. Ma dietro tutto questo, la sua musica ci dice qualcos’altro. Il 19 marzo Kanye ha sorpreso i suoi fan con la pubblicazione di una versione preliminare dell’album che uscirà a giugno. L’album si intitola “Bully”e, traccia dopo traccia, affronta da una prospettiva molto personale ed intima i concetti di forza, mascolinità, fama e potere. In queste canzoni Kanye ci parla della sua ansia, della sensazione di vuoto e perdizione (“Serotonin, where you hiding?”). Ci parla del senso di colpa di far soffrire chi gli sta accanto a causa del suo “brutto carattere”, del conflitto tra il suo ego, la megalomania e il bisogno di essere amato davvero. Una serie di versi ed immagini che assomigliano molto a una richiesta di aiuto. L’arte non può giustificare i suoi errori, ma possiamo prendere le sue canzoni come il frutto di una “espiazione” dai mali che vive. E apprezzarle per questo. Sarebbe bello se il terribile bullo che vediamo in pubblico in realtà fosse solo una maschera per proteggere le sue insicurezze e fragilità; come quei bulli dei film, che aggrediscono gli altri perché si sentono oppressi a loro volta. Finché la sua musica riuscirà a essere vera e profonda, possiamo continuare a sperarlo.
Autore
Carlotta Adorni