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Oggi Romei Pia è un’anziana signora di 81 anni, il suo viso esprime dolcezza e serenità. Mostra un po’ di emozione nel raccontare la storia della sua vita, che considera “nulla di particolare”.
In realtà, l’esperienza della signora Pia rappresenta un esempio concreto di come la determinazione e il desiderio di riscatto possano condurre a una trasformazione personale e professionale, nonostante le difficoltà economiche e culturali di origine, soprattutto per una donna nel dopoguerra. Attraverso la sua intervista, emerge un percorso segnato dalla volontà di studiare, dalla necessità di lasciare un contesto rurale tradizionale aspirando ad una carriera come infermiera.
Un’infanzia tra promesse e difficoltà economiche
Romei Pia nasce il 3 febbraio 1944 a Colombaia, un piccolo paese nel comune di Castelnovo ne’ Monti, all’interno di una famiglia contadina. Cresce in un ambiente in cui la vita quotidiana era fortemente legata alle attività agricole: i suoi genitori gestivano la stalla, l’allevamento di bestiame e la coltivazione dei campi. Pur essendo immersa in questa realtà, Pia fin da piccola manifesta una spiccata propensione per lo studio. “Odiavo fare la contadina e andare alle mucche quindi non lo facevo, però mia sorella Maria ci andava. Io invece, a volte, facevo il formaggio, perché avevo le mani fredde, mia mamma mi diceva che avevo le mani giuste quindi lo faceva fare a me. Allora, a volte, per evitare quei lavori mi nascondevo nel pollaio per leggere, lei mi chiamava e io zitta!”.
Già a nove anni, spinta dal desiderio di studiare, ma non avendo le possibilità economiche per accedere alla scuola, scrisse al pontefice Pio XII chiedendo un aiuto per studiare. Racconta: “A 9 anni ho deciso di scrivere al Papa, gli ho scritto e gli ho detto che ero una bambina povera che però avevo tanto il desiderio di studiare, i miei non potevano farmi studiare, e gli ho chiesto se lui mi poteva aiutare, però non ho ricevuto nessuna risposta.”
Una zia, maestra, aveva promesso che avrebbe provveduto lei al mantenimento di Pia e di sue sorelle per permettere loro di studiare, ma, in realtà, i soldi venivano spesi diversamente e l’istruzione restava fuori portata delle bambine.
Parlando dei suoi sogni: “Il mio sogno era di studiare prima di tutto. Poi dopo lo studio volevo insegnare, tanto è vero che poi c’erano dei bambini vicino a casa mia che avevano un libro di favole, e a me quel libro di favole quanto mi piaceva! Un giorno mi sono fatta coraggio e sono andata a casa loro e gli ho chiesto se per favore me lo potevano prestare. Poi, io leggevo le favole, e loro, nel pomeriggio oppure verso sera, venivano a casa mia e io quello che avevo letto glielo raccontavo”
La partenza per Genova e il lavoro
“I miei genitori volevano fare una casa e allora io ho detto: qui sarà bene che vada a fare qualcosa così li aiuto e nello stesso tempo recupero pian piano un po’ di soldini per studiare”. Quindi, a soli 14 anni, Pia decide di cercare nuove opportunità.
Il trasferimento a Genova segna il primo passo verso l’indipendenza: trova un lavoro come babysitter, esperienza che le permette di iniziare ad accumulare i primi risparmi necessari per proseguire gli studi.
La partenza non avviene senza tensioni familiari: mentre il padre la accompagna nella nuova città, la madre, colpita dalla decisione della figlia, reagisce mostrando preoccupazione. Tuttavia, la scelta di Pia è ben ponderata: non si tratta solo di una fuga, ma di un tentativo concreto di cambiare la propria posizione sociale e formarsi per un futuro migliore.
Nel corso dei primi anni a Genova, svolge diverse mansioni, tra cui quella di cameriera, pur mantenendo “il bollino dello studio”. L’esperienza in ambienti lavorativi urbani le offre un primo contatto con una realtà diversa da quella del paesino, mettendo in luce la necessità di acquisire autonomia economica e formativa.
Durante questo periodo, rifiuta la proposta di percorsi professionali che non corrispondevano alle sue aspirazioni: una signora, per la quale lavorava, ad esempio, le propone una posizione come segretaria offrendole la possibilità di frequentare un percorso di studi per svolgere quell’impiego, ma Pia chiarisce che il suo obiettivo è quello di diventare infermiera, quindi, rifiuta quel posto e si trasferisce a Milano dove ha la possibilità di frequentare le scuole serali per conseguire il diploma di terza media.
La formazione e il lavoro nella sanità
L’interesse per il settore sanitario si sviluppa attraverso una serie di esperienze lavorative: dalla Clinica Igea a Milano all’Ospedale Massini, Romei accumula competenze e conoscenze pratiche. L’obiettivo finale diventa la formazione professionale come crocerossina.
“Mi piaceva la Croce Rossa perché il mio papà, quando ha fatto la guerra, l’ha fatta tutta nella Croce Rossa: andava a prendere gli ammalati, gli infermi, quelli che andavano fuori di testa, e mi raccontava tante cose della Croce Rossa, che aiutava questi ragazzi, e anche io sentivo il desiderio di aiutare le persone.”
Quindi cerca un corso da crocerossina a Milano, ma essendo tutti i posti occupati, avrebbe dovuto attendere svariati mesi perché si liberasse un posto per lei. “Io avevo fretta di andare a studiare e allora sono andata a Bologna, sono andata a sentire all’ ospedale Sant’Orsola, e lì c’era ancora posto.”
A Bologna, intraprende un corso di formazione per infermieri professionali della durata complessiva di circa 27 mesi, seguito da un ulteriore anno di pratica. Durante questo periodo, vive nel convitto adiacente l’ospedale, dove riesce a pagare la retta mensile grazie ai risparmi degli anni precedenti. Gli ultimi due mesi di corso, quando le risorse erano terminate, riceve un aiuto economico della sorella minore che lavorava a Genova.
Questa esperienza formativa, sebbene caratterizzata da sacrifici, rappresenta un tassello fondamentale nel percorso della signora Romei verso l’indipendenza professionale.
“Ho studiato come non mai, quando la mia compagna di stanza dormiva io studiavo; infatti, poi mi sono diplomata con il massimo dei voti, e guardavano anche il comportamento. Un don che era stato ricoverato in ospedale, una volta dimesso, mi ha mandato proprio una bella lettera, voleva ringraziarmi perché io non volevo apparire, io veramente facevo quello che mi sentivo nei confronti dei pazienti, degli ammalati, delle persone che avevano bisogno, cercavo anche di tirarli su di morale, di dirgli qualche parola buona”.
Una volta concluso il percorso formativo, Romei Pia non rientra più nel contesto familiare. Pur mantenendo i contatti – inviando supporto economico e piccoli regali, come un orologio per il fratello – non torna nel paese di origine: “Sono partita a 14 anni e non sono più tornata. Quando mi sono sposata, a 24 anni, mi sono trasferita nella casa di mio marito”.
Una scelta di autonomia
Il suo percorso è stato caratterizzato da scelte mirate, senza gesti eclatanti ma con una determinazione instancabile.
“Le mie sorelle mi hanno rinfacciato il fatto che me ne sia andata,” confessa. “Ma io non potevo restare. Ho lottato per quello che volevo, per essere la donna che desideravo essere.”
Oggi, la sua storia è un esempio di forza e determinazione. Non ha cambiato il mondo con gesti eclatanti, ma ha cambiato il suo senza fare rumore.
La signora Pia conclude il racconto con una frase che ripete da sempre ai suoi figli e ai suoi nipoti: “Studiate, anche se il lavoro che farete potrà essere il più umile, lo studio è qualcosa che vi rimarrà dentro per sempre e che non vi potrà togliere mai nessuno”.
Autore
Aurora Malpeli