Sabato 5 luglio, allo stadio Renato Dall’Ara di Bologna, è andata in scena una delle tappe del tour estivo di Marco Mengoni. Un concerto che definirlo tale sarebbe riduttivo.
Seguendo la suddivisione della tragedia greca, prologo, parodo, episodi, stasimi ed esodo, il cantante di Ronciglione è riuscito a creare qualcosa che andasse oltre al tipico stereotipo del concerto. Un vero e proprio viaggio dentro la musica, riadattando perfettamente il genere tragico ad una sensibilità contemporanea. Una voce fuori campo che parla al pubblico, il coro (Mengoni e i suoi coristi) che rispondono con i loro più grandi successi alle battute del solista. Insomma un capolavoro.
La capacità di entrare in sintonia col pubblico senza nemmeno provarci, attraendolo vorticosamente nell’essenza musicale più pura. Un’estrema attenzione per il dettaglio, con una scenografia a dir poco sublime. Un vero concerto strutturato in atti, capace di creare un perfetto climax teatrale, in grado di tenerti concentrato in attesa del prossimo successo da urlare a squarciagola.
Una scenografia mozzafiato, condita da una regia perfetta, incalzante e centrata. Tutto nella meravigliosa cornice dello stadio bolognese. Un concerto che ha espresso il più intimo significato di Musica, che ha saputo arrivare dritto nell’anima di chiunque, commovendo, divertendo ed emozionando.
Un’esibizione che è stata l’esempio perfetto di inclusivitá. Una profonda critica sociale di fondo, sia nei confronti del paese in cui viviamo che del mondo che ci circonda. Un viaggio dentro la depressione, dentro i momenti duri della vita che ti spezzano le gambe. Un racconto introspettivo generazionale, capace di includere qualsiasi persona. Tutto questo in sole due ore e mezza.
Insomma, tutto quello che la musica dovrebbe essere. Tutto quello a cui la musica dovrebbe ambire, senza lasciare spazio a quelle mere esibizioni a scopo di lucro e “instagrammabili”. Uno studio profondo e ricercato per creare qualcosa senza precedenti, un’opera contemporanea adattata ad un contesto da “stadio”. E non dobbiamo spaventarci a chiamarla Opera, perché Mengoni ha davvero fatto qualcosa di unico.
Ha saputo variare, cambiare, suonare più generi, passando dal jazz al pop, dal gospel al blues. È stato capace di creare delle scene surreali, con una performance scenica che lo ha portato due spanne sopra a chiunque in Italia. Internazionale e generazionale. Sono questi i due aggettivi con cui mi sento di definirlo. Perché davvero quello che ho visto è qualcosa che fanno le popstar mondiali.
Quindi grazie Marco, perché finché ci sarai tu, la Musica non cesserà di esistere. Che gli altri prendano esempio.
Autore
Giuseppe Serra
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