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L’una e trenta di pomeriggio. È appena terminata una lunga mattinata dedicata alle voci dei genitori e familiari di giovani giornalisti uccisi dalle mafie e, di lì a breve, don Luigi Ciotti riceverà la cittadinanza onoraria presso il comune di Parma. È all’ombra di una siepe della Corale Verdi, seduto ad un tavolino un po’ appartato dai discorsi delle persone circostanti, che mi ha regalato qualche attimo del suo prezioso tempo. Saputo di una ragazza corsa lì per porgli qualche domanda, abbandonato il piatto caldo appena arrivato in tavola, don Luigi ha preso posto a lato di quel tavolino con un accogliente sorriso e ha cominciato a sfogliare le pagine di «Punto e Virgola». Ed è a questo tavolo che sono nate le parole di seguito riportate.
Don, ho saputo degli eventi meravigliosi che Lei ha tenuto e terrà nella giornata di oggi, e c’è una cosa che mi ha incuriosito molto. Questa mattina ha avuto modo di parlare di alcune di quelle persone che hanno fatto della lotta per la libertà la loro “missione di vita” con ragazzi giovani, giovanissimi: com’è parlarne con un pubblico così giovane, come reagiscono davanti a un problema così gravoso quale la mafia e tutto ciò che essa comporta?
Questa mattina abbiamo ascoltato la testimonianza dalla voce di parenti e genitori di giovani giornalisti uccisi in giro per il mondo, che ancora oggi cercano giustizia e verità. Uno di loro, Andy Rochelli, era un bravo fotografo che documentava in territori più difficili. È stato ucciso in Ucraina. I suoi genitori sono qui oggi. Ci sono poi i genitori di Mario Paciolla, i cugini di Ilaria Alpi e di Miriam Hrovatin.
Oggi abbiamo incontrato la sofferenza e il dolore, e il grido che si è alzato, che anche io ho amplificato nella chiusura, è un grido di ricerca della verità, perché senza verità non si costruisce alcuna giustizia. Ecco, tutte queste vicende non hanno mai trovato la loro verità. Eppure, si sa, le verità passeggiano in giro: c’è chi sa, c’è chi ha visto. Eppure, c’è chi ha l’interesse che queste verità non emergano, chi ha l’interesse di depistare; ci sono dei poteri “alti”, che manovrano da dietro tutte queste operazioni. Il grido di oggi è volto al diritto alla verità.
Secondo me, ciò che oggi ha colpito questi ragazzi di scuole diverse, con orientamenti scolastici differenti, è l’aver sentito la carne, la vita, l’aver toccato la sofferenza e anche la speranza, perché una delle speranze è che si possa arrivare alla verità. Tutti quei familiari che sono qui oggi, infatti, non sanno: non sanno la ragione profonda per cui i loro ragazzi sono morti. Per molte delle storie narrate, però, la verità che vi si cela dietro si capisce; ciò che manca è una verità giudiziaria, una sentenza, un tribunale che confermi di chi è la colpa, chi ha coperto tutto questo, perché sono stati uccisi.
I ragazzi, quando trovano delle cose vere, coerenti, ci sono: non è vero che non ci sono. Voi stessi avete costruito Punto e Virgola per cercare di portare un vostro contributo di letture su questi problemi. Voi ci siete. Avete bisogno di una società di adulti che sappia ascoltarvi, valorizzare e riconoscere le vostre capacità, le vostre intuizioni.
Oggi i vostri percorsi sono inediti, sono diversi da quelli dell’adolescenza di tutti noi (anche noi chiedevamo le stesse cose: di poter essere protagonisti di un cambiamento, di essere ascoltati, di poter agire), oggi voi rappresentate una linfa nuova.
Io ho visto molta attenzione oggi: c’era la carne, la vita, la sofferenza di persone che hanno visto i loro figli spazzati via, non li hanno mai più visti vivi, sono tornati morti. Sono qui ora, che mangiano… Immagina un padre e una madre che non sanno la verità, o che sanno una verità che è stata compromessa: di Paciolla si dice che si è impiccato lui, ma tutte le prove dimostrano che non era possibile! Ma perché?! Perché si devono coprire certe persone, perché ci sono interessi personali a monte; e allora noi ricordiamo a chi di dovere che la memoria non può andare in prescrizione. Pensa che, in Italia, l’80% dei familiari delle vittime innocenti di violenza criminale mafiosa non conosce la verità, o ne conosce solo una parte. Eppure, le verità passeggiano per le vie delle nostre città…
L’omertà uccide la verità, ma anche la speranza. Senza verità non puoi costruire la giustizia. Dopodiché noi pensiamo di conoscere gran parte della verità, ma manca pur sempre la verità giudiziaria e c’è da chiedersi come mai manchi questa verità.
Mi ricollego, a proposito di questo discorso, a una frase detta da Lei: “La democrazia può progredire solo in una società di cittadini informati, l’informazione è veicolo di cittadinanza attiva ed è importante per la formazione delle coscienze”. La mia domanda è: a noi, Punto e Virgola, che siamo una piccola realtà giornalistica che sta nascendo e sta provando a farsi largo nel panorama dell’informazione, quale consiglio darebbe per raggiungere un’informazione che sia definibile “autentica”, vera?
L’informazione ha tre caratteristiche.
Per prima cosa deve trattarsi di un’informazione libera, altrimenti non può dirsi informazione.
In secondo luogo, deve essere un’informazione seria, attenta, documentata, un’informazione rigorosa insomma.
Infine, dev’essere un’informazione pluralistica.
Sono tre caratteristiche fondamentali dell’informazione, in particolare la libertà. Chi scrive deve essere libero, non condizionato dalla testata o asservito ad altri giochi e interessi. Purtroppo, molti ragazzi che oggi scrivono per lavoro vengono pagati per molte testate sei o dieci euro al pezzo. Capisci? C’è uno sfruttamento anche: magari devono scrivere pezzi che scrivono di giustizia e legalità mentre loro stessi sono sottopagati e non riconosciuti. C’è un’incoerenza di base che non li rende del tutto liberi, perché qualora si permettano di dire qualcosa contro la proprietà o porre domande che non sono comode a certe persone rischiano di non avere più nemmeno quel piccolo spazio che gli permetta di fare i primi passi verso la crescita della loro vita.
E per quanto riguarda le grandi testate, al di là dei più giovani che sono più soggetti a questo tipo di limitazioni dall’alto, quanto crede che, nel nostro Paese, si sia liberi di scrivere?
C’è una fetta di persone che, per l’appunto, non sono del tutto libere. Sono un po’ condizionati, costretti dalla necessità di sbarcare il lunario. Poi certamente esistono anche realtà in cui questo è possibile con serenità, rispetto e riconoscimento per chi scrive, ma sono purtroppo ancora troppo rare, e questo non va bene
Ripeto: l’informazione deve essere libera, non condizionata, non al servizio di qualcuno o al soldo di interessi di altri.
Autore
Sofia Berna