Il vertice Nato si apre con una domanda che da settantacinque anni tormenta molti, e che oggi si fa concreta: l’America è ancora pronta a difendere l’Europa? Donald Trump, a bordo dell’Air Force One diretto verso l’Olanda, ha risposto con sufficienza a una domanda che vale il peso dell’intera Alleanza Atlantica: «L’Articolo 5? Dipende dalla definizione». Per chi non lo sapesse: l’Articolo 5 del trattato NATO è il cuore pulsante della mutua difesa. Se uno viene attaccato, tutti rispondono. Ma cosa succede se il principale garante — gli Stati Uniti — smette di considerarlo vincolante? Non è la prima volta che Trump solleva dubbi sulla lealtà automatica degli USA. Tanto che i Dazi sembrano, oltre che una punizione finanziaria, anche un incentivo a spendere in armamenti. Già nel 2018, e poi ancora durante la sua campagna del 2024, aveva accusato i partner europei di “non pagare abbastanza”. Oggi rilancia: non solo chiede il 2 % del PIL in spesa militare, come previsto dal trattato, ma punta dritto al 5 %, spesa insostenibile, affermando che l’America “non può continuare a fare da scudo gratis” per l’Europa.
I leader europei, dal canto loro, oscillano tra preoccupazione e prudenza diplomatica. Il neosegretario generale della Nato, l’olandese Mark Rutte, si è affrettato a rassicurare: “Gli Stati Uniti sono totalmente impegnati nella NATO. Trump è stato decisivo e ha fatto pressione perché l’Europa si assuma le sue responsabilità. Ora lo farà, in grande”. Le parole di Trump sono arrivate poche ore dopo un attacco missilistico mirato condotto dagli Stati Uniti contro siti nucleari in Iran. Secondo il presidente a comando dell’aquila calva, l’azione ha “completamente distrutto le capacità iraniane di sviluppo atomico”.
La Cnn non è d'accordo: i raid Usa contro tre impianti nucleari iraniani lo scorso fine settimana non hanno distrutto i componenti principali del programma nucleare iraniano e ne hanno solo ritardato l'avvio di mesi. Un report interno della DIA, l’intelligence militare americana, concorda con la testata e raffredda definitivamente l’euforia: i danni, pur reali, potrebbero aver ritardato di soli 3-6 mesi lo sviluppo del programma nucleare iraniano. Un’operazione muscolare, più politica che militare. Un messaggio, insomma, più che una soluzione. È evidente che Trump stia giocando su due tavoli. Da un lato si presenta come il difensore risoluto dell’Occidente, pronto a colpire chi minaccia la stabilità globale. Dall’altro usa la leadership americana nella NATO come leva di potere: “vi difendiamo, ma solo se ci conviene”. La strategia funziona. Mentre a L’Aja i leader europei cercano di restare compatti, Trump raccoglie applausi tra i suoi sostenitori e pressioni crescenti da parte degli alleati. La NATO è ancora un’alleanza militare, ma oggi sembra sempre più un negoziato permanente.
L’Europa si scopre vulnerabile. Non solo militarmente, ma anche simbolicamente. L’idea di un’America “sempre presente” vacilla. La guerra in Ucraina, le tensioni con la Cina, il ritorno della minaccia iraniana, e ora un presidente americano che mette in discussione la clausola della mutua difesa. Il patto sacro su cui si regge l’Atlantico scricchiola sotto il peso enorme di questo presente.