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Il pellegrino s'avviò per una landa desolata. Nessuna pianta vi cresceva: il terreno era fatto di strati di pietra grigia, come tante lapidi impilate. Poté almeno rallegrarsi del fatto che fosse così liscio e uniforme da poterlo attraversare senza fatica.
Nel bel mezzo della sua noia, però, scorse una massa scura riversa su di una piana molto ampia. Finalmente qualcosa rompeva la monotonia!
Ma smise di sorridere vedendo che si trattava del corpo di un enorme cinghiale.
Stava lì abbandonato nel suo sangue, col ventre aperto da un taglio netto; nonostante fosse morto, alzò la testa e guardò il pellegrino coi suoi piccoli occhi tristi.
"Ti darei il benvenuto, se solo questo fosse un buon luogo dove ritrovarsi."
"Capisco... Ugualmente ti ringrazio."
"Se così poco ti rende contento."
"Perché sei qui?"
L'animale rimase in silenzio, assorto. Trovare la risposta richiedeva un certo impegno.
"Una volta correvo libero sulla terra morbida, tra gli alberi e i rovi. Il bosco pensava a ogni mio bisogno, vivevo senza paura e combattevo fieramente contro i clan dei Lupi e delle Aquile.
Non conoscevo rimorso né dubbio. Ero a tutti gli effetti una forza della natura, un mezzo attraverso il quale la vita operava."
"E poi?"
Una nuova pausa.
"Poi conobbi l'Uomo, che camminava per i sentieri a testa alta, e ricordo che rimasi colpito. Non prestava attenzione ai frutti della terra, nemmeno ai ruscelli freschi o alle ghiande pregiate. Allora pensai a uno degli uomini predatori, ma non portava con sé gli artigli lucenti che quella razza sfodera dai fianchi. E sulla schiena non portava le canne nere rumorose e fumanti, che fanno tanto male ai miei simili. Non stava cacciando."
"E allora cosa voleva?"
"Mi sforzavo di capirlo, pareva non fare altro che vagare senza meta e guardarsi intorno.
Così uscii dalle frasche, facendo rumore perché mi notasse, e lentamente mi avvicinai."
Il pellegrino depose il bastone e si sedette in ascolto.
"Gli ringhiai contro, avvertendolo che aveva sconfinato in un territorio non suo, ma quello non cambiò atteggiamento. La cosa m'indispettiva, ma lo trovavo anche curioso, interessante. Allora, a gran voce, gli domandai cosa volesse."
Creatura, io non ho desideri. Ho scelto di perdermi in questo bosco per uscire dalla vita e dal suo laccio, che mi lega alla terra e ai suoi affanni.
"Dici cose senza senso."
Privo di senso in realtà è tutto questo. Non vedi come le piante crescono stupidamente e le bestie rincorrono le prede, tanto per continuare a esserci? Perché vivere, creatura, se ho smesso di apprezzare ciò che implica l'essere vivi? Considera le mie parole. La dimensione fisica della vita è bisogno fatto solido, continuo, eterno. La mente e l'anima producono soltanto sogni, fantasmi che non hanno niente di vero.
"Allora devo ucciderti. Io sono vita: se sei contro la vita, dunque sei un nemico."
Non ti fermerei. Ma ricorda ciò che ti dico e diffondi le mie parole presso gli altri viventi, forse qualcuno di loro ascolterà. I miei simili apprezzano sempre un sacrificio.
"Un... sacrificio?"
Sacrificandomi, andrò incontro ad una morte che sarà trasformazione. Il mio corpo non mi assillerà più, la mia essenza sarà sostituita dal messaggio che ho scelto di portare. Rimarrà ciò che ho deciso essere la parte più importante di me.
Ora vieni.
"Caricai e lo sventrai con le mie zanne. L'Uomo cadde senza un suono, e io per tanto tempo rimasi a guardarlo. Era un cadavere. Non capivo in cosa avrebbe dovuto trasformarsi, se non in ossa e poi in terra."
"Me ne andai, e scoprii che quel che aveva detto era rimasto dentro di me. Non era qualcosa da cui potevo scappare. La sua voce continuava a ripetere:
la vita e il suo laccio
vero
sacrificio
sacrificio
sacrificio
Parole che mai avevo considerato ora sembravano minacciose, e pensai alla mia, di vita. Mi sentii strano a ricordare le battaglie passate: erano come sogni confusi e veloci. Poi, quanto tempo avevo passato a mangiare o a cercare da mangiare? E quanti figli avevo avuto? Anche loro vivevano così? Tutti?"
"Volevo dimenticare l'Uomo, ma non ci riuscivo. Così tornai dove l'avevo lasciato, trovandolo ancora lì, adagiato nella sua morte. Lo raccolsi e galoppai verso le tane degli uomini."
"Non erano felici di vedermi. Lasciai loro il corpo del loro simile, dicendo che avrebbero potuto farne quel che volevano, e che portavo un'importante messaggio da lui lasciatomi quando era vivo."
"Parlai della vita, di come fosse illusoria, fatta di necessità e cose che non capiamo. Di come fosse importante il fatto di non avere desideri, e del sacrificio di sé con cui quell'Uomo voleva aiutare gli altri uomini."
Fu il silenzio.
Il pellegrino prese timidamente la parola: "Quindi tu...?"
"Sì." Il cinghiale sembrò leggere i suoi pensieri. "Gli uomini, mentre parlavo loro del sacrificio, smisero di ascoltarmi. Furiosi, sacrificarono me.
Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai in questo luogo.
E ora? Cosa rappresento, io? Qual è il messaggio che ho mandato venendo sacrificato?"
"Forse... quello che stai comunicando a me."
"..."
"Non capisco. Perché l'Uomo voleva così tanto morire? Davvero ha continuato a vivere in te? Ma perché ora sei qui? Cos'è questo posto?"
Il cinghiale sembrò profondamente afflitto.
"Non lo so."
Tacque e si lasciò cadere, restando immobile come il corpo morto che era.
Il pellegrino, perplesso, s'alzò e riprese il suo cammino, voltandosi ogni tanto a guardare l'animale, immolato per sempre su di una tavola di pietra.
Era giusto, aveva un significato il fatto che dopo la morte continuasse a tramandare i propri ricordi e a cercare una causa che desse senso alla propria esistenza?
Il pellegrino non lo sapeva.
Autore
Giovanni Raffaldi