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Dal mazzo di chiavi
estraiamo la chiave dell’onore
Un valore che sembra appartenere al passato, ad un mondo che non esiste più, di cui verrebbe da dubitare circa la sua effettiva esistenza. La parola potrebbe suggerire ad alcuni immagini di cavalieri inginocchiati davanti a un padrone o una dama, per poi partire alla volta del fronte contro eserciti di malvagi. Oppure, verrebbero in mente fotogrammi di omaccioni che gridano a gran voce la propria superiorità.
Concezioni ormai vecchie.
È necessario, a mio avviso, trovare un’idea di onore ben diversa da quella che comunemente compare nella mente delle persone. Troppe volte questo valore è stato schiacciato, abbassato al livello della salvaguardia della propria reputazione. Il voler salvare la faccia non dovrebbe essere chiamato ipocrisia o dipendenza?
Ma l’onore è sempre stato un puro fatto sociale: onorabile è chi mantiene una condotta irreprensibile, o forse solo conformista, mentre gli onorevoli sono i potenti arroccati nel proprio prestigio. Gli onori della cronaca non sono altro che un warholiano quarto d’ora di celebrità.
Tra convenzioni e tributi, ritengo si possa salvare ciò che è racchiuso in un augurio ormai in disuso: “Va’ e fatti onore.”Dunque vai, devi partire alla ricerca delle tue imprese; ti guadagnerai le vittorie e sopporterai le sconfitte. L’onore sarà una tua personale stella polare.
Se esso diventa una dimensione interiore, simile ad un sentimento, possiamo sentirci portatori di una luce. Perché essa inizi a brillare, però, dobbiamo prima di tutto ricordare il senso di un’altra parola coperta di polvere, ovvero dignità. Dobbiamo vederci degni di portare la nostra identità e sostenere il nostro stesso giudizio, senza lasciare spazio a falsità o facili bassezze, cui indulgiamo per quieto vivere o per piaceri senza scopo.
Ma trovare dentro di sé questi germi maligni non è motivo di disperazione: anzi, riconoscerci infestati ci spinge a muovere i primi passi per arrivare a percepire di nuovo il nostro onore. “Posso essere migliore di quel che sono?” In un’ottica umana, fuori dalla logica della competizione e dell’avidità, la risposta è sì. “Come?” Per mettere a fuoco i nostri difetti basta ascoltare le lamentele e le giustificazioni, nonché le nevrosi, dietro le quali ci nascondiamo in nome della pigrizia e della paura. È bello e giusto cercare di essere migliori e diversi; perché difenderci con la spiegazione di comodo che, siccome tutti hanno debolezze ed imperfezioni, allora non vale la pena di intraprendere alcun percorso? Vogliamo sottometterci fino a questo punto alla logica del minimo sforzo?
Le energie di cui siamo così avari, in realtà, rimangono inutilizzate. Guadagniamo tempo solo per ammazzarlo con passatempi indegni di noi. Niente è più lontano dal senso dell’onore che il rifugiarsi dietro e dentro la propria ombra, chiamandosi fuori dalla vita con mille distrazioni.
In conclusione, il senso dell’onore, da difesa acritica dell’orgoglio o desiderio di promozione sociale può diventare un sentimento complesso e personalissimo, fatto di autocoscienza, dignità e investimento della vita. “Sentirsi onorati”, allora, significa prima di tutto che la luce da noi emanata è abbastanza forte da illuminare le coscienze altrui; il nostro impegno viene riconosciuto e le fondamenta del nostro senso dell’onore ne vengono rafforzate. Ma se anche non venissimo notati, la consapevolezza maturata ci permetterebbe di vedere nitidamente l’essenza del nostro operato, ovvero le intenzioni dichiarate e quelle nascoste che lo ispirano. Esse, se buone, fanno sì che il nostro onore possa nutrirsi da sé, vivere di se stesso. Altrimenti, avremmo trovato i lati di noi ai quali andrebbe dedicato tempo e lavoro.
Autore
Giovanni Raffaldi