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Nella notte tra il 16 e il 17 ottobre, intorno alle ore 22, a Campo Ascolano (Pomezia), un ordigno carico di esplosivo ha fatto saltare in aria l’auto dell’autore e conduttore di Report Sigfrido Ranucci e quella della figlia.
Sono stati riportati gravi danni alle vetture e danni minori alla facciata del palazzo. Non ci sono stati feriti solo per una questione di minuti; la figlia del giornalista era passata davanti all’auto sotto la quale era nascosto l’ordigno poco prima dell’esplosione.
Sul caso indaga l’Antimafia, si parla di un ordigno rudimentale ma, data l’assenza di telecamere, gli inquirenti stanno cercando informazioni e testimoni. La bomba avrebbe potuto uccidere.
Si tratta di un atto intimidatorio di estrema violenza e vigliaccheria, arrivato a seguito di una lunghissima serie di minacce che da anni si stavano riversando sul conduttore ed intensificatesi negli ultimi mesi.
Le autorità giudiziarie erano a conoscenza dei fatti e della delicatezza della situazione - Ranucci è infatti sotto scorta da tempo e questa era già stata rafforzata alla luce delle ripetute intimidazioni.
Non sorprenderà apprendere che, anche in questo caso, non vi è chi si sottrae dal definirlo vittima - termine usuale per coloro che a causa delle loro inchieste si trovano costretti a vivere o sopravvivere sotto scorta nel nostro Paese.
Il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha annunciato un ulteriore ed immediato innalzamento della scorta, certo necessario, ma non sufficiente.
Ciò che è accaduto oggi - l’esplosione architettata dell’auto di un giornalista davanti alla propria abitazione - non succedeva in Italia da almeno 30 anni.
Così come da un bel po’ di anni non si vedevano mobilitazioni così ampie e prese di posizione così critiche ed aperte da parte di personaggi del mondo dello spettacolo, della musica e della cultura.
Si sta muovendo qualcosa e qualcuno ha timore che possa crescere sempre di più.
Già pochi mesi fa, a luglio, la Rai aveva deciso per la prima volta tagliare quattro puntate di Report, una delle trasmissioni che più incolla i telespettatori alla televisione. Ranucci si era espresso a Riguardo, dicendosi amareggiato e descrivendo lo scopo e l’importanza della sua trasmissione, ovvero quello di “Incarnare lo spirito del servizio pubblico al servizio del pubblico che paga il canone che è l’unico editore di riferimento, non può esserlo la politica”.
L’attacco di questa notte arriva poco dopo l’annuncio da parte di Ranucci delle tematiche che verranno trattate nel corso della prossima stagione.
Questo evento è di grande rilevanza e offre innumerevoli spunti di riflessione in questo momento e periodo storico critico e importante, in cui gli equilibri di potere sono ciondolanti da un lato e dall’altro sembrano essere più saldi che mai ed in cui la popolazione e l’opinione pubblica stanno assumendo un ruolo ed una potenza che sempre meno riescono a passare inosservati.
La mancata protezione dei giornalisti - della libertà di stampa e di parola - da parte del governo fomenta odio e delegittimazione.
Tutto ciò si muove spettralmente in un clima di solitudine e incertezza, come quello in cui si è trovato il conduttore negli ultimi tempi e stanotte.
Ignazio la russa, seconda carica dello Stato, aveva querelato Report - e quindi Ranucci che per anni vi è stato autore per poi diventarne conduttore - portandolo davanti ad un tribunale, definendo tutti loro “calunniatori schifosi” per i servizi di inchiesta che riguardavano la sua famiglia. Le querele erano arrivate anche da molti esponenti della ‘cumpa’ di Fratelli d’Italia e non solo.
Maurizio Gasparri in Commissione di Vigilanza Rai lo sbeffeggiava, offrendogli “un cognacchino e una carota per farsi coraggio”; sempre quest’ultimo aveva definito il programma “Tele Hamas”.
Il ruolo dei giornalisti, soprattutto per quanto riguarda l’inchiesta, va protetto e sostenuto, non ostacolato e deriso; il ruolo dell’informazione in situazioni di conflitto come quella attuale è sacrosanto.
Il soppiantamento dell’informazione televisiva da parte del web ha una forte ambivalenza: da un lato limita i danni delle narrazioni distorte ma dall’altro - come disse Ranucci in un’intervista non molto tempo fa - dà spazio all’informazione online, una sorta di bibliotecario ubriaco.
La possibilità per i cittadini in Italia e all’estero di informarsi tramite fonti autorevoli che spesso smascherano ciò che vuole essere tenuto nascosto come fossero briciole sotto il tappeto fa paura ma è un diritto imprescindibile.
Come ha ricordato ieri il giornalista palestinese Safawat Kahlout in una conferenza sul ruolo dell’informazione nei conflitti, si potuta prevedere la gravità della situazione non appena è stato vietato ai giornalisti internazionali di entrare a Gaza. L’informazione è un vero e proprio potere, un soldato che lotta. Anche la solidarietà è importante, ma non basta.
La Televisione ed i giornali costruiscono troppo spesso - e volontariamente - un racconto falsato e superficiale della realtà, sfamando un pubblico affamato di indignazione, comodo nelle proprie poltrone e certezze.
Dietro, davanti, sopra e sotto di loro l’inchiesta resiste, più agguerrita che mai, pronta a dare i frutti di mesi ed anni di lavoro e corsa ad ostacoli.
L'inchiesta è viva. E proprio perché è viva, fa paura. E fa tremare
Autore
Amy Sardei
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