1
Vorrei esistessero gli allarmi per l’anima.
Non li immagino simili a quelli delle abitazioni, n’é tanto meno a quelli delle auto. Non li immagino come allarmi software. Non si materializzano nel mio pensiero come schermate anti-virus: “DANGER”;
NON VI È niente da AVVERTIRE.
Attaccherei volentieri tra il fegato e il lunghissimo, e poi all’origine della T1 fino alla tibia, magari anche un paio nei padiglioni auricolari e poi tante, tantissime sul cuore (dentro e fuori), delle sirene antiaeree. Come quelle che si vedono nei film bellici, avete presente no? iniziano a suonare con i bombardamenti e la gente corre, si ripara dietro ai pattumi, scappa dal fuoco, urla, si dimena, si lancia nelle abitazioni diroccate: Bum bum e poi ninoninonino e correre, cazzo! darsela a gambe!! Sballarsi d’adrenalina aggrappandosi alla voglia di vivere un’ora ancora; di proteggere quell’esistenza detestabile del quotidiano (ovvero l’unico equilibrio che sia riuscito, voltando e volteggiando, cadendo e strisciando, a trovare).
Io in guerra non ci sono stato mai, fuori da me.
Vorrei esistessero allarmi dell’anima tutte quelle volte che le lacrime, dietro ai miei comunissimi bulbi oculari, mi stringono la gola e mi abbassano la pressione; che poi sento irrequietezza nei denti e nelle unghie e nella mia estranea voce;
non trovo nessuno ad aspettarmi.
Il termine tormento proviene dal latino Tormentum: le macchine d’assedio romane. Ed è per questo che quando si parla delle ferite dell’anima si parla sempre, in una certa misura, di bellica. Credo che l’esistenza umana, se esperita nel pieno delle sue possibilità, si fondi sulla profonda e viscerale guerra nei confronti di se stessi, I NOSTRI PRIMI NEMICI. Ed è dunque a tutela DI noi stessi DA noi stessi che necessitiamo di allarmi: dall’intrusione strisciante e ossessiva del nostro pensiero, che scava nella nostra anima con unghie merdose; e attacca dall’alto.
Cosa vado cercando, C? Dimmi: cosa vado cercando? Non suonano le sirene all’arrivo dell’Assatanato, che sbava scavando e vuole scoprire tutto di me.
Ma io NON SO CHI SONO! Io non so dove trovarmi! Non so dove cercarmi: non ricordo se mi sono lasciato sotto o sopra il mobile, in bagno o a casa del mio perduto migliore amico, nel ripostiglio della cantina io, davvero, non ricordo se mi sono appoggiato lì: in modo distratto o occasionale, se mi sono lasciato in borsa o nello zaino, vicino al fumo o alle vecchie fotografie di famiglia.
Io non so proprio nulla di me, ho solo alcune notizie dell’anima e nessuna sirena antiaerea. Non alzo mai, mai, e poi mai, bandiera bianca: sono soltanto un “Io” tra i tanti “Io” che ho: in difesa, barricato nella guarnigione più profonda del mio buio… in difesa, dalle domande non mie - di cosa porto la voce? La febbre all’anima me l’ha data la società, e davvero non per altro le urlo “influenza!” - mi perdo: alzo i Mac10 e volano, veloci, bombardano lo stomaco, la testa, il cuore (l’oki non aiuterà!). Davvero, non per altro le urlo “malattia!”, non ho intenzione di scavare ancora…
Oh notizie dall’anima!!! Raccontatemi il fronte!
Non m’hanno insegnato a conoscermi ed ecco che adesso TUTTO MI SONO NEMICO; ed ecco che adesso io sono il mio Diverso; è me che temo.
Vorrei avere sirene dell’anima che suonassero la canzone dell’amore perduto; sugli accordi di Coyita correrei e vorrei Changing of the Guards di Bob Dylan, alle volte, quando è dalla mia superficialità che sto scappando; vorrei che andasse Vecchio Quartiere di Inoki quando non so più chi sono; e vorrei che suonassero il Notturno No. 20 di Chopin ogni volta che tu mi abbracci e sento di dovermi trovare, in qualche posto, dentro, in qualche modo, contro e insieme a quello che sono.
copertina a cura di Martina de Fazio - instagram: armanti__
Autore
Antonio Mainolfi