Se l’eziologia del disagio mentale potesse parlare, direbbe che la sua origine nasce spesso — se non sempre — tra le mura di casa. L'ambiente familiare costituisce il primo gruppo di riferimento di un cucciolo d'uomo che modella la percezione del sé a partire dalle figure principali di attaccamento: madre e padre. Tra i presocratici che indagavano l'archè di ogni cosa, Pitagora forse era il più attinente a ciò che la psicologia infantile d'oggi ci insegna, cioè che i numeri sono l'essenza fondante del nostro sviluppo. Per usare un linguaggio psicofilosofico, è indubbio che siamo gettati nel "tre". In questo scenario "l'io" non esiste se non come scissione del "due", ossia della diade madre-figlio. Il terzo polo è sempre rappresentato dal padre, figura determinate per l'individuazione del bambino che lo "userà" per affrancarsi dalla simbiosi con la madre, necessaria fino al secondo anno di vita. Sembra vetero-freudiano parlare di dinamiche familiari al fine di trattare il quadro senza cornice della salute mentale che affligge, con percentuali sempre più elevate, il nostro Paese; ma, in fondo, l’unico modo per salvare la società è salvare la genitorialità.
Non è possibile ignorare che il 70% degli adolescenti, confidi i suoi problemi emotivi ai chatbot di chatGPT, anziché cofrontarsi con i propri genitori. La fotografia scattata dall'Atlante dell'Infanzia a rischio, pubblicata da Save the Children, dimostra che molti ragazzi affermano di essersi rivolti all'intelligenza artificiale per chiedere aiuto in momenti in cui si sentivano tristi, soli o ansiosi, oltre il 42% per domandare consigli su cosa fare in ambito sentimentale o scolastico. Dall'Atlante emerge una fotografia di adolescenti sempre connessi e a rischio di isolamento. Preoccupa il fatto che gli strumenti di intelligenza artificiale siano usati per conforto emotivo per via di una caratteristica molto apprezzata che coincide con la disponibilità ad ascoltare l'utente senza giudicare.
Proprio la paura del giudizio affonda frequentemente le sue radici nel contesto familiare: nasce come risposta a esperienze precoci in cui il bambino ha percepito critiche, svalutazioni o aspettative rigide da parte delle figure di riferimento. Quando un genitore giudica in modo costante o ferente, il bambino tenderà a interiorizzare quel giudizio come una verità su di sé. Questo può generare schemi profondi di autosvalutazione e ipervigilanza sociale, che da adulti rendono difficile distinguere il giudizio esterno dalla propria identità. Per guarire esiste un balsamo che si attiva solamente dall'interno anziché da conferme esterne. Significa guardarsi da dentro con gli occhi nuovi di un padre e di una madre interiori che sono il meglio di ciò che abbiamo appreso crescendo. Nella psicoanalisi e nei modelli evolutivi – i “genitori interni” sono le rappresentazioni interiorizzate delle figure di accudimento.
Dal momento in cui il sistema psichico è maturo e sano, i “genitori interni” hanno alcune caratteristiche fondamentali come le voci di dentro che si esprimono in questo modo:
- Supportivi, non giudicanti
Offrono incoraggiamento, riconoscendo gli sforzi e non puniscono per gli errori. Sanno distinguere tra un limite personale e un fallimento. Offrono spazio per sbagliare, imparare e crescere.
La voce interna suona come: “Hai fatto del tuo meglio. Puoi riprovare.”
- Protettivi
Difendono il Sé dalle critiche distruttive, interne ed esterne. Dicono: “Meriti rispetto. Non devi sopportare questo attacco.”
- Regolatori delle emozioni.
Aiutano a calmarsi, a dare un nome ai vissuti e a trovare un senso alle emozioni. Sono la voce che dice: “Capisco che sei triste, respira, affrontiamo la situazione insieme.”
- Nutrienti e realistici
Forniscono conforto e accoglienza. Permettono di sentirsi degni, amati, visti. Portano un senso di sicurezza interna senza creare aspettative irraggiungibili, né idealizzazioni. Ci sussurrano che: “ anche se qualcosa non riesce subito, non significa che tu valga meno. Sei degno.”
- Autorevoli, non autoritari.
Guidano, danno direzione, ma non schiacciano. Sono la parte interna che dice: “So cosa è meglio per te, ma ti rispetto.”
Noi come genitori o futuri tali, dovremmo imparare a capire quanto sia fondante il ruolo della famiglia per un individuo che se la porterà dentro anche se non l'ha mai avuta. Gli studi hanno confermato che è falso affermare che un orfano non senta disagio dell'assenza del padre per il fatto di non averlo mai avuto; ed è pericoloso dimenticare che la madre è colei che ti spinge nel mondo e il padre colui che ti accoglie nello stesso mondo.
In ultima istanza è fondamentale chiarire che i bambini, fino ai cinque anni, vedono i genitori come "funzioni": providers di bisogni che urlano di attenzioni e cibo. All’inizio il genitore deve accettare di essere "usato". Nei primi tempi, infatti, i genitori non appaiono come figure tridimensionali agli occhi dei figli, che li percepiscono solo in modo funzionale. Sarà poi il bambino, in maniera graduale, a iniziare a vedere il genitore come una persona tridimensionale; ed è allora che farà un incontro di scelta, gratuito e non dominato dalla paura.
Ma la mentalità che ostacola lo sviluppo di questo processo sano, emerge quando i genitori chiedono ai bambini di essere "funzioni": si tratta di genitori avidi che, per ignoranza o per paura che i figli crescano viziati, finiscono per opprimerli, spingendoli ad adultizzarsi e a fare cose da adulti prima del tempo. Ed è semplicemente accoglienza e rispetto: questo che i genitori devono consegnare al mondo che verrà. Non esiste futuro sano senza una genitorialità sana. Se vogliamo salvare la società, dobbiamo iniziare da qui: da come accogliamo, nutriamo e cresciamo i nostri figli. Solo così invertiremo la patogenesi dei disturbi mentali in salutogenesi della vita quotidiana.