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La morte nelle poesie di Shiv Kumar Batalvi
“Non ponete rimedio alla tristezza di Shiv,
ha oggi intenzione di morire il dannato”
- Shiv
Da bambino, mentre facevo i compiti in cucina, il televisore di casa mia era sempre acceso su questo canale regionale indiano che in Italia è possibile vedere con l’antenna parabolica, ricevendo il segnale dal Regno Unito. Durante la pubblicità, veniva sempre menzionata la tradizione culturale del Punjab, ogni volta - sotto questa serie pubblicitaria promossa dal canale - si trattava di uno specifico aspetto di questa terra. In particolar modo veniva nominato un certo Shiv Kumar e presentata una sua poesia sotto forma di canzone:
“Alcuni alberi mi sembrano figli,
altri madri.
Alcuni sono figlie, spose,
qualcuno fratello.
Alcuni mi ricordano mio nonno,
con poche foglie sparse.
Altri, mia nonna
che lanciava le choori1 ai corvi. (nota: choori= boccone di pane)
Alcuni alberi sono come amici
Li bacio e li abbraccio.
Una è come la mia amata,
dolce e dolorosa.
Ci sono alberi
che vorrei prendere in spalla e farli giocare.
Altri che vorrei baciare e poi morire.
Gli alberi oscillano insieme
quando soffiano i venti forti.
È verde la lingua degli alberi,
ho voglia di continuare a scrivere.
Vorrei rinascere come albero e,
se tu volessi ascoltare la mia canzone,
te la canterei tra gli alberi.
Gli alberi sono come mia madre:
che la loro ombra viva per sempre”.
Così scoprii e incominciai ad amare il più grande poeta contemporaneo del Punjab: Shiv Kumar Batalvi. Nato nell’odierno Pakistan e trasferitosi in India con la famiglia dopo la spartizione del paese in seguito all’indipendenza dal colonialismo. Il tema principale della sua poesia era il birha, la separazione amorosa. Musa più nota della sua poesia fu Anusuya Singh Estevez, figlia di Gurbaksh Singh, noto scrittore nonché pioniere della letteratura punjabi moderna. La relazione della coppia venne ostacolata dal padre di lei, forse per questioni religiose - Batalvi era di religione gindu mentre Anusuya era sikh - oppure per questione di prestigio e classe sociale.
Vi propongo questa sua opera:
Titolo: La mia ombra va affievolendosi
Nell’alto mezzogiorno sopra la testa,
la mia ombra va affievolendosi,
le tombe mi aspettano
come madri aspettano figli.
Scotta il terreno della vita.
nella mia esistenza di albero solitario,
si è levato un polverone dei miei mali.
Si propaga un turbinio di dolori.
Ho detto, dunque: “Maledetto l’albero
le cui stesse ombre se lo sono divorato”.
Le tombe mi aspettano
come madri aspettano figli.
Bruciano nella frattura sentimentale
pane secco e secchi bocconi.
Gli anni volgono al termine
ma non termina la lontananza.
Mi hai mentito a sazietà
corvo maledetto.
Le tombe mi aspettano
come madri aspettano figli.
La gente ha ascoltato i miei canti,
ma nessuno ha conosciuto il mio dolore.
Migliaia hanno baciato il mio capo,
ma nessuno ne ha compreso il volto.
Oggi tale volto,
io stesso, vado nascondendo.
Le tombe mi aspettano
come madri aspettano figli.
- Shiv Kumar Batalvi
(Traduzione dal punjabi di Prince Singh Pundir)
La vita del poeta fu molto travagliata e non trovò mai pace. Affogava i suoi dolori e le sue esperienze nell’alcool, cercava ossessivamente la morte.
Il consumo smodato di alcolici lo portarono ad ammalarsi di cirrosi epatica, rifiutò le cure. Morì il 6 maggio 1973 all’età di 36 anni.
“Chiunque muoia nella stagione della giovinezza,
diventa un fiore oppure una stella.
Nella stagione della giovinezza muore l’innamorato,
oppure qualcuno con un buon karma”.
- Shiv Kumar Batalvi
Autore
Prince Singh Pundir