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«Vuoi parlarne un altro po’?» «No. Non voglio trascinare questa storia per dei mesi, va bene così.» «Non va bene così, ti devi arrabbiare. Sei capace, se vuoi.» «Onestamente non saprei, ma poi, scusa, non è che dobbiamo parlarne per forza, io sono venuto qui solo per una sigaretta in compagnia.» «E va bene, come vuoi. Me ne passi una?» «Ne ho due. Prendi l’ultima.» «Ma no, se ne hai così poche no.» «Va bene così. Tanto manco mi piacciono.» «Di nuovo “va bene così”. Potrei prenderti a pugni sui denti che risponderesti allo stesso modo. Parlami, dimmi cosa senti per l’amor del cielo.» «Io non lo so. So che in questo momento vorrei sparire. Mi sento come un vetro rotto rimasto sull’asfalto, che aspetta solo di essere sparpagliato dalle scarpe dei passanti. Non sono più capace di fare nulla; forse non lo sono mai stato. Non sono capace nemmeno di addormentarmi. Passo le notti sdraiato a occhi aperti aspettando che il mio corpo collassi dalla stanchezza. Non che al mio risveglio le cose vadano poi meglio.
Mi alzo dal letto, mi lavo il viso e sento che sto toccando qualcosa che non mi appartiene, il mio volto non è lì, eppure lo vedo riflesso davanti a me, che mi guarda. Ha i miei occhi, le mie labbra, la gobba sul naso è uguale alla mia, ma non sono io. E in quei pochi momenti in cui mi riconosco, mi vedo insignificante e piccolo, un ometto ridicolo senza alcuno scopo, senza sogni, senza nulla da dire, un guscio vuoto alquanto rivoltante.
Non doveva andare così. Non è giusto dover assistere senza poter fare nulla. Mi sono ritrovato ad essere uno spettatore della mia vita quando avrei dovuto essere regista, sceneggiatore e attore.
Tu mi hai chiesto cosa sento e quindi voglio farti un piccolo riassunto. Io sto precipitando verso il basso. Cado ogni giorno con più forza rispetto al giorno precedente. So che quando la mia caduta si fermerà l’impatto sarà devastante, ma nonostante mi avvicini al fondo, la strada che mi manca sembra allungarsi sempre di più. Magari arrivasse questa maledetta fine, tutto sommato, mi andrebbe anche bene.
Sono stanco Michi, non posso andare tanto avanti.»
«Non dire così. Che ne è stato delle tue cose? I tuoi libri, i tuoi film, la tua macchina, la tua musica, i tuoi amici, la tua famiglia…» «Non le sento mie. Non sento più nulla di veramente mio.» «Tu hai bisogno di ricostruirti.» «Ricostruirmi?» «Facciamo un esempio: tu vivi in una casa, vivi insinuandoti tra le porte, gli armadi, gli oggetti della tua cucina, il tavolo del soggiorno e il divano; quegli oggetti sono la tua interiorità, il tuo corpo è il veicolo attraverso cui tu ti muovi tra i tuoi tratti. Mettiamo il caso che una catastrofe naturale distrugga la tua casa: le stoviglie saranno spaccate, i muri crepati, il tavolo pieno di calcinacci, i libri giaceranno a terra e il divano avrà i cuscini sventrati. Una volta terminata la catastrofe, comprendi che nonostante il tuo letto sia sempre stato un porto sicuro, come tutto il resto, non puoi dormirci perché ora è pieno di detriti caduti dal soffitto, e nel mezzo di questa scoperta, arrivi a comprendere che il tuo corpo non è più una figura sottile che s’infila tra un oggetto e l’altro, esso è costretto a calpestare tutto ciò che è sparso, è costretto a produrre un rumore a cui non è abituato, a rinunciare all’armonia nella quale ha sempre vissuto. Ricostruirti vuol dire portare il peso di ogni azione compiuta per riavere la tua casa, dal restaurare i muri alla scelta di nuove stoviglie, nella consapevolezza che per quanto tu possa faticare, ogni cosa aggiustata porterà la traccia della distruzione. Non ricostruirai la tua casa da solo; c’è chi, anche indirettamente, ti consiglierà quali stoviglie comprare o chi cercherà di spingerti verso mobili di stili differenti dai precedenti. L’importante è che la decisione ultima su ciò che compone la tua dimora sia sempre tua, perché non puoi vivere in una casa in cui i tuoi gusti non sono stati accontentati. La casa è il luogo della pace e non esiste pace senza autodeterminazione. Prima o poi ti abituerai a muoverti nella tua nuova casa, forse avrai anche più spazio per i tuoi movimenti, e quando ti fermerai a guardare, ricorderai le macerie, ma esse serviranno a darti la consapevolezza del fatto che hai ricostruito partendo da quella distruzione apparentemente insormontabile.»
«Come posso fare?»
«Non è come puoi, ma come possiamo.»