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Era il primo maggio del 1994, a Imola erano le 14:00. C’era caldo, ma non troppo, 31 anni fa le stagioni erano regolari. L’aria era umida ma i venti marini smuovevano le fronde degli alti alberi della riserva del Santerno.
Le monoposto erano schierate in griglia, la Williams di Ayrton era in pole position, subito dietro, la Benetton di Michael Schumacher. Il brasiliano, già tricampeao, non aveva ancora ottenuto una vittoria quella stagione, la sua Williams era difficile da guidare, molto stretta nell’abitacolo, ed estremamente nervosa nelle curve veloci.
Ayrton non era tranquillo, Imola era una trappola mortale a tutti gli effetti, una configurazione del circuito estrema, velocissima in alcuni punti e altri punti che dipendevano dal meccanicismo delle monoposto. Insomma, un terno al lotto. Ad aggiungere ulteriori dubbi al poleman era stata la morte, il giorno prima proprio in qualifica, di Roland Ratzenberger.
Ma la Formula 1 al tempo era “abituata” a dire addio ai suoi figliol prodighi; c’era uno strano rapporto con la morte, tutti la mettevano in conto quando indossavano il casco. Moltissimi sé n’erano andati sfidando il vento e sbriciolando l’asfalto, così, ai vertici, decisero comunque che la gara si sarebbe fatta.
Iniziò così il solito rituale, tornata dopo tornata, curva dopo curva, tra preda e predatore, tra inseguito e inseguitore. Ayrton che provava ad allungare su Michael, Schumi che invece non mollava e rimaneva vicino in attesa di un errore.
Erano le 14:17, all’inizio del settimo giro, la Williams di Ayrton arrivava al Tamburello a più di 300km/h quando improvvisamente il piantone dello sterzo cedette e la sua monoposto iniziò un inesorabile viaggio verso le barriere. L’impatto fu mostruoso.
E ho deciso in una notte di maggio,
in una terra di sognatori
… che toccava forse a me.
Autore
Giuseppe Serra