2
È da mesi che si parla delle numerose proteste della Gen Z, la generazione di persone nate tra il 1997 e il 2012 e conosciuta per essere la prima generazione di “nativi digitali”.
Le proteste sono avvenute in tre continenti e dieci stati diversi, partendo dall’Argentina e arrivando fino al Marocco passando per Nepal e Madagascar.
I giovani sono stati il motore principale delle sollevazioni, accomunati non solo dall’età ma dal risentimento verso la classe politica dei loro paesi, incapace di soddisfare i bisogni di una generazione segnata dalla crisi finanziaria del 2008. Coloro che sono stati protagonisti nel rovesciamento dei loro governi provengono da contesti politici diversi e hanno vite diverse ma tutti, una volta cresciuti, hanno avuto davanti lo stesso scenario: un mondo del lavoro frammentato, salari bassi, inflazione galoppante, un aumento della polarizzazione politica una gravissima disparità sociale.
Si sono trovati sommersi da difficoltà e profonde diseguaglianze, accentuate enormemente dal Covid-19, il tutto mentre le loro nazioni erano vittima di eventi meteorologici estremi causati dalla crisi climatica.
Per fare un esempio il Marocco, citando l’ISPI, coi suoi 38,5 milioni di abitanti, conta circa 9 milioni di under 28 e ormai da anni forma laureati con scarse prospettive occupazionali: la disoccupazione giovanile è al 36% e circa il 20% di questi è senza lavoro.
È da contesti come questo che nascono le proteste, anche se la causa scatenante cambia da uno stato all’altro.
Le proteste sono caratterizzate anche dall’assenza di leader o portavoce, caratteristica dovuta a una profonda sfiducia nelle istituzioni, una particolarità che possiamo ritrovare anche nelle proteste del 2010-2011 chiamate “Primavere arabe”.
Inizialmente pacifiche, le proteste prendono una piega violenta in varie nazioni quando i governi fanno intervenire polizia ed esercito per sedarle. In Nepal, per esempio, i manifestanti vengono brutalmente attaccati e questo innesca una risposta ancora più forte che, anche grazie al loro vantaggio numerico, porta alla caduta del governo.
Sempre in Nepal, a seguito delle elezioni per il primo ministro avvenute su Discord, è stata eletta Sushila Karki, una giurista nepalese nota per aver incarcerato un ministro corrotto, per aver difeso l’indipendenza della magistratura e per le sue battaglie per i diritti delle donne.
Questa vittoria però non è comune e, anzi, rischia di essere un'eccezione se vediamo come sono finite in altri stati. Prendiamo come esempio il Madagascar.
In Madagascar le sollevazioni popolari iniziano il 25 settembre e, pochi giorni dopo, il presidente del Madagascar Andry Rajoelina scioglie il governo e nomina i nuovi ministri, tutti militari.
Il 13 ottobre il presidente malgascio lascia il paese, ma il finale non è lo stesso del Nepal. Dopo la sua fuga la Corte costituzionale lo dichiara incapace di governare e nomina il colonnello Michael Randrianirina come presidente ad interim.
La nuova amministrazione militare ha disposto la dissoluzione di tutte le istituzioni di governo tranne l’Assemblea Nazionale e ha abolito la Costituzione vigente, che sarà rimpiazzata dopo una consulta referendaria, e ha disposto anche la transizione verso un governo civile della durata di due anni.
Un finale che mostra come queste proteste, sebbene abbiano la forza per cambiare le cose, potrebbero non avere la capacità organizzativa per portare avanti la loro lotta anche dopo la protesta.
Una situazione che ricorda quella delle “Primavere arabe”, dove l’assenza di una ideologia definita, di obiettivi precisi e l’incapacità di tradursi e strutturarsi in partiti o movimenti solidi ha impedito dei cambiamenti sostanziali nelle nazioni dove erano avvenute.
Tutte queste proteste danno un segnale molto forte. Le persone più giovani sono stanche della realtà in cui vivono e la vogliono cambiare, spinti dalla frustrazione per la loro situazione socioeconomica e dalla speranza di riuscire in questa impresa.
Ma bisogna stare attenti, se il Nepal ci mostra come le proteste possano portare cambiamenti profondi il Madagascar ci mostra che i giovani non sono l’unico attore esistente in queste nazioni caratterizzate da una situazione lavorativa in crisi, profonde spaccature sociali e la presenza di più attori interessati a sedere nei palazzi di potere.
Fonti
Francesco Petronella Gen Z: cresce la protesta dei giovani nel mondo | ISPI
https://www.aljazeera.com/news/2025/10/14/madagascar-president-dissolves-parliament-after-fleeing-army-backed-protest
https://aliseoeditoriale.it/il-colpo-di-stato-della-gen-z-in-madagascar-porta-i-militari-al-potere/
Samik Kharel ‘More egalitarian’: How Nepal’s Gen Z used gaming app Discord to pick PM
Autore
Tommaso Tenca