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Partendo dal riarmo europeo. La Von Der Leyen ha parlato di un piano di riarmo da 800 miliardi, senza tener conto del patto di stabilità e quindi del bilancio degli Stati. Questo significa che gli Stati potranno spendere per le armi ma non per la sanità e lo Stato sociale, favorendo inevitabilmente le destre che potranno così crescere in tutta Europa. Tra l'altro, ciò avviene aggirando le stesse istituzioni: il caso della Germania è emblematico, dove hanno approvato il riarmo riconvocando il vecchio Parlamento, senza passare da quello legittimato dalle elezioni. Non crede sia preoccupante il crollo delle cosiddette istituzioni liberali?
Il riarmo europeo è una follia
Questa corsa al riarmo si basa su un presupposto falso: che la Russia stia per invadere l’Europa. Ma Putin non ha bisogno di nuovi territori: guida già il Paese più grande del mondo. Il suo problema non è l’espansione, bensì la scarsità di popolazione. La Russia, pur essendo più estesa della Cina, ha solo 140 milioni di abitanti contro il miliardo e mezzo cinese.
Invadere l’Europa non risolverebbe questa situazione, anzi la complicherebbe. Le regioni ucraine annesse finora non hanno opposto grandi resistenze: la Crimea è sempre stata legata alla Russia e il Donbass é russofono. I referendum in Crimea non sono stati riconosciuti a livello internazionale, anche perché si sono svolti sotto occupazione militare, ma se si ripetessero oggi, probabilmente confermerebbero lo stesso risultato. E se così fosse, dovremmo ammettere di aver scatenato questa guerra per difendere popolazioni che, in maggioranza, vogliono stare con Mosca.
Si sarebbero potuti organizzare referendum riconosciuti, evitando il conflitto. Ora, però, dovremmo chiederci: perché mai Putin dovrebbe invadere l’Europa? E, anche se volesse farlo, pensiamo davvero che questo riarmo disorganizzato—portato avanti da 27 Paesi con altrettanti eserciti nazionali— potrebbe fermarlo?
Un vero esercito europeo non esisterà finché l’Unione non diventerà uno Stato federale o confederale, con una politica estera comune e una difesa unificata. Solo allora avrebbe senso costruire un’unica forza militare. Per ora, stiamo solo aumentando il numero di eserciti nazionali, senza alcuna reale strategia.
Inoltre, questo riarmo non prevede un arsenale nucleare. E se anche lo prevedesse, servirebbero almeno 7.000 testate per eguagliare quelle russe: senza una deterrenza credibile, qualsiasi strategia militare contro Mosca sarebbe insensata.
Quindi, non solo il riarmo europeo non è una soluzione, ma si basa su un’ipotesi infondata: che la Russia voglia davvero invadere l’Europa. Se così fosse, Putin non sarebbe solo un pazzo, ma anche uno scemo.
Stanno accusando Trump di tradire i valori occidentali, ma cosa sono esattamente questi valori?
Ho visto i cosiddetti "valori occidentali" causare milioni di morti nel mondo. Se è questo che Trump rinnega, tanto di cappello. Certo, un capo di Stato non dovrebbe esprimersi come lui né pubblicare certi video: il suo non è uno stile presidenziale. Ma è stato eletto, e invece di concentrarci sulle sue parole, dovremmo analizzare i fatti.
E i fatti dicono che Trump sta cercando di fare ciò che l’Europa avrebbe dovuto fare fin dal primo giorno della guerra in Ucraina: impedirla con un negoziato, magari facendo rispettare gli accordi di Minsk. Avremmo dovuto evitare l’espansione della NATO a Est, ben sapendo che Putin avrebbe reagito militarmente, come ha sempre fatto negli ultimi venticinque anni.
Penso che Trump sia il peggior presidente degli Stati Uniti... esclusi tutti gli altri.
Abbiamo visto tutti lo scontro tra Trump e Zelenskyj alla casa bianca È durato un'ora ma le Televisioni hanno mostrato solamente gli ultimi cinque minuti dello scazzo. C'è stata una grande discrepanza -lo ha scritto anche il generale Minni sul suo giornale- tra quello che è stato raccontato dai commentatori e quello che è successo veramente.
Le volevamo chiedere: cos'è successo davvero in quell'ora?
Il bello è che quel filmato è accessibile a tutti: non è un segreto. Basta avere il tempo di guardarlo tutto. Dura 57 minuti, non tre, come invece hanno voluto farci credere. Se uno guarda solo quei tre minuti, sembra che ci fosse un agguato di Trump a un povero agnellino inerme. Ma se si guarda l’intero filmato, si scopre che è successo esattamente l’opposto.
Zelenskyj era stato invitato alla Casa Bianca per firmare un accordo sui minerali. Gli avevano detto chiaramente: se vuoi firmare, vieni; se non vuoi firmare, stai a casa. Lui aveva accettato e si era recato alla Casa Bianca con l’impegno di firmare. Tanto è vero che non era stato predisposto un tavolo di negoziato a porte chiuse, ma un vero e proprio set televisivo, organizzato per un annuncio congiunto alla stampa. L’idea era di comunicare l’accordo, poi passare alla firma ufficiale in un’altra sala e infine tenere una conferenza stampa congiunta.
Ma, una volta lì, Zelenskyj ha iniziato a dettare condizioni agli americani per mezz’ora. Per 33 minuti, Trump è rimasto in silenzio ad ascoltare una sfilza di richieste che l’Ucraina imponeva agli Stati Uniti, fino a quando ha ritenuto necessario intervenire. A quel punto, gli ha fatto notare che avrebbe dovuto avere un po’ di rispetto per il presidente e lo Stato che lo stavano ospitando. Gli ha ricordato che, senza il sostegno economico e militare degli Stati Uniti, l’Ucraina sarebbe durata 15 giorni dopo l’invasione.
Questo non è stato un agguato organizzato. Semmai, la sorpresa è stata degli americani, che si sono trovati di fronte un Zelenskyj che, invece di firmare, dettava condizioni pubblicamente. E lo faceva davanti alle telecamere, in modo da impegnare gli Stati Uniti su una serie di clausole che, se accettate, avrebbero reso impossibile qualsiasi negoziato ancora prima di cominciare.
Gli è stato fatto notare che, quando si negozia, non si insulta la controparte. Può essere tutto vero quello che Zelenskyj dice su Putin, ma certe dichiarazioni non si fanno quando si è in trattativa. Perché nel momento in cui si negozia, si cerca di trovare punti di accordo, non di allontanare le parti con polemiche che sarebbero più adatte a una situazione di guerra conclusa.
Ma visto che la guerra non l’ha persa la Russia, bensì la NATO, gli Stati Uniti e l’Ucraina, questo non è certo il momento di continuare a insultare Putin. A meno che non si voglia proseguire la guerra e continuare a perderla, ovvero continuare a perdere territori, risorse ucraine e cittadini ucraini, oltre che russi.
Non c’è stato nessun agguato, ma semplicemente uno scontro nato dal fatto che Zelenskyj era andato lì per firmare un trattato e invece, davanti alle telecamere, ha parlato di altro. Zelenskyj detta legge come un vincitore, mentre Trump parla come uno che deve raccogliere i cocci delle politiche disastrose del suo predecessore.
Direttore, ora ci spostiamo dalla politica estera e parliamo di giornalismo. Un tema per noi molto importante. Noi ci rivolgiamo ad un pubblico di giovani e siamo giovani che vogliono diventare giornalisti. Ci vuole spiegare lei, che è un grande giornalista, come è entrato in questo mondo e cosa consiglierebbe di fare a un giovane che vuole entrare a farne parte?
Bisogna studiare molto all’università. Ma, soprattutto, non bisogna aspettare di fare uno stage in un grande giornale per iniziare a fare i giornalisti: bisogna esercitarsi ogni giorno, entrare nel "trip" del giornalismo, leggere tutto, confrontare tutto.
Io lo facevo ancora prima di iniziare a lavorare per quel piccolo settimanale torinese: scrivevo articoli per conto mio. Un aspirante giornalista può scrivere di qualsiasi cosa: raccontare le proprie vacanze, episodi vissuti, cose viste o sentite. L’importante è esercitarsi a scrivere pezzi di cronaca, testi asettici di puro racconto dei fatti, come se fossero dispacci d’agenzia.
Spesso ricevo lettere da aspiranti giornalisti che mi mandano i loro commenti, e cerco di spiegare loro che i commenti si fanno dopo quarant’anni di carriera. Per entrare in un giornale bisogna saper fare cronaca, saper portare notizie. La cronaca non ha nulla a che fare con i commenti: non si nasce editorialisti, quelli bravi lo diventano con l’esperienza. Prima bisogna imparare a fare cronaca.
Serve fiuto: se lo si ha, bisogna affinarlo; se non lo si ha, meglio cambiare mestiere. E poi bisogna leggere, leggere molto, soprattutto pezzi di cronaca, scegliendo dei modelli tra i tanti bravissimi giornalisti.
Oggi il percorso per diventare giornalisti è molto diverso da quello che ho seguito io. In un mondo giustamente tutelato e sindacalizzato, non si può più iniziare come facevo io, lavorando per giornali senza essere assunto, imparando sul campo da chi faceva questo mestiere da anni. Io mi sono fatto le ossa così: osservando, lavorando prima in un settimanale torinese, poi con Montanelli al Giornale.
Un tempo esisteva il "ragazzo di bottega", che scriveva articoli pagati a pezzo, sperando un giorno di essere assunto. Oggi non è più possibile: se un giornale fa lavorare qualcuno senza contratto e viene scoperto, rischia di essere rovinato.
Il reclutamento delle nuove leve avviene oggi attraverso le scuole di giornalismo: gli studenti arrivano in redazione per gli stage e, se dimostrano di essere portati, cerchiamo di trattenerli. È successo così, per esempio, con Giacomo Salvini, che ci è stato mandato da una scuola di giornalismo e ha dimostrato di avere talento per questo mestiere.
Il percorso è cambiato, ma la regola fondamentale resta la stessa: bisogna scrivere, esercitarsi e imparare a fare cronaca.
Sappiamo che lei sarà a Parma per due date, il 3 il 4 aprile, al teatro Due, per la terza stagione del suo spettacolo “I Migliori Danni della nostra vita” della nostra vita. In questo spettacolo lei critica duramente la classe politica ma anche quella giornalistica. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di scrivere al giornale più grosso della nostra città: la Gazzetta di Parma. Per affermare che noi, da tempo, non ci riconosciamo più in quel tipo d'informazione.
Secondo lei, che potere hanno i lettori? È ancora vero ciò che diceva Montanelli: «l'unico vero padrone di un giornalista dovrebbe essere il suo lettore»?
Dovrebbe esserlo, ma purtroppo nella realtà non è così. Tu hai citato la Gazzetta di Parma, dove in passato ci sono stati ottimi giornalisti e direttori, ma oggi, se non sbaglio, è il giornale della Confindustria. Non c’è nulla di male, ha buoni giornalisti, ma resta un giornale di proprietà di un grande gruppo industriale.
Lo stesso vale per Repubblica e La Stampa, che sono giornali pieni di professionisti capaci, ma appartengono a Stellantis. Infatti, non credo possano permettersi di scherzare troppo sul riarmo europeo. Potremmo continuare con Mediaset, il gruppo Angelucci, il gruppo Benedetti… Questo è uno dei problemi strutturali della stampa italiana e internazionale: il conflitto di interessi dei suoi editori.
Tutti si scandalizzano perché Musk ha comprato X, ma farebbero meglio a guardare in casa propria. Tanto più che X non è un giornale. Musk ha enormi interessi, ma non confondiamo una piattaforma social con un organo di informazione.
Non pensa ci dovrebbe essere una rivolta dei lettori?
In un certo senso, Il Fatto Quotidiano è nato proprio da una rivolta dei lettori. Prima del 2009, i nostri lettori compravano altri giornali, spesso imprecando sempre più forte per ciò che leggevano. Quando hanno trovato un giornale finanziato esclusivamente dai suoi lettori e abbonati – e quindi libero di dire tutto ciò che gli altri non possono o non vogliono dire – lo hanno sostenuto.
Se non ci fosse stata l’esigenza di un giornale del genere, Il Fatto non sarebbe mai nato. Se fosse stata solo una fiammata, sarebbe morto poco dopo. Invece, esiste da 15 anni. Questo significa che quell’esigenza c’era e c’è ancora. Noi non prendiamo soldi né ordini da nessuno.
Ed è in questo senso che noi abbiamo cercato di creare un giornale che desse una voce indipendente ai giovani.
Un'altra domanda direttore, perché a questa classe dirigente dà così fastidio la satira?
Perché la satira è linguaggio più efficace per far capire il nocciolo del problema. Senza fronzoli per arrivare immediatamente al punto. Per questo io preferisco il linguaggio satirico a quello predicatorio. Io quando faccio teatro non mi strappo le vesti non piagnucolò, non faccio invettive non ho la faccia triste. Non mi atteggiò a Giacomo Matteotti perseguitato. Io uso la satira che è l'arma più pericolosa perché è una battuta in grado di farti capire quello che è una lunga pratica non riuscirebbe a fare. La battuta arriva immediatamente al punto. Smaschera tutte le architetture del potere con una semplicità potentissima e che arriva a tutti. Chiariamo: la satira è satira solo quando fa incazzare.
Un'ultima domanda di politica interna. Qual'è la sua opinione sul rilancio del nucleare proposto dal governo in questi giorni?
La crisi energetica si risolve togliendo le sanzioni che danneggiano più i sanzionatori che i sanzionati, non parlando di un nuovo nucleare pulito che non esiste. Se esisterà, esisterà tra trenta o quarant'anni e in quel momento sarà giusto parlarne, per ora è ridicolo. È una cosa semplicemente inesistente. Il nucleare che c'è attualmente ha indotto la Germania a dismettere le sue centrali.
ascolta l’intervista completa qui:
intervistatore: Riccardo Maradini
Autore
Riccardo Maradini
Niccolò Delsoldato
Antonio Mainolfi