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Settembre a Parma: tra memoria storica, ingiustizie silenziose e la lotta pacifica della comunità
In Giudea, giorni, mesi, 77 anni addietro, una piccola cerchia, una rovina d’uomini cominciò ad uccidere e massacrare, a depredare e a cacciare via dalle proprie case il popolo palestinese. Si verificò un vero e proprio esodo, un disastro che in arabo si chiama “Nakba” (Catastrofe) che coinvolse 700.000 palestinesi. Da quel giorno, gli eredi di quella piccola cerchia d'uomini hanno continuato -quando riuscivano ad ottenere il potere- a depredare, disperdere e annientare il popolo palestinese sotto gli occhi del mondo. Molti paesi tiranni di tutto il pianeta si sono resi complici di questo crimine. Tra i tanti spicca, tronfio sul podio, quello italiano che, secondo l’Istat, nel 2024 ha esportato senza controllo “armi e munizioni” verso Israele per un valore di 5,2 milioni di euro; nel 2023 per 12,3 milioni; nel 2022 per 16,8 milioni; e così via, tanto che potremmo risalire a lungo negli anni della storia fino a scovare la nostra firma in ogni atto, perfino nel giorno in cui si consumò quel primo massacro. Non è però questo l’obiettivo dell’articolo. (Rubo solo un ultimo momento sul tema per segnalare un dato curioso, trovato in un articolo di Altrəconomia: «sempre secondo l’Istat, a Parma non abbiamo esportato, ma importato da Israele armi e munizioni per un valore di 16,1 milioni di euro»). L’obiettivo dell’articolo è piuttosto raccontare le due grandi e coraggiose manifestazioni pacifiche che hanno attraversato Parma in questi giorni, e la risposta che il nostro Comune ha dato loro. Vorrei cominciare da quella di ieri, 22 settembre, coincisa con lo sciopero nazionale delle attività, che ha visto una splendida adesione in tutta Italia. Preciso subito che, a differenza di quello che farò io — e non senza poca vergogna —, ho appreso che alcune testate della zona hanno parlato male di questo evento e lo hanno fatto, secondo me, contro l’interesse pubblico. Tra i tanti esempi raccolti riporto in questo pezzo un articolo della Gazzetta di Parma che ringraziamo sempre per le sue perle: titola “Disagi in città” e si concentra, da una parte, su questioni che sono sciocchezze, come le madri amareggiate perché i figli sono rimasti a casa (quasi volessero dire: “guai a passarci del tempo con questi ragazzi”), e dall’altra parte su qualcosa che sembra più serio, ossia i pendolari che non sarebbero riusciti a raggiungere Milano o Bologna per lavoro o università. A parte che alla Gazzetta, dello scopo ultimo e più importante dell’università, non so quanto importi, ma resta il fatto che quei pochi pendolari, una volta arrivati a Bologna, come avrebbero potuto muoversi, lavorare o studiare serenamente, visto che anche lì, come nel resto d’Italia, la città era attraversata da manifestazioni e bloccata dallo sciopero? Ricordo anche che parliamo di un evento comunicato con largo anticipo. Oppure, se fossero arrivati a Milano, sarebbe stato preferibile che quei venti o venticinque studenti o lavoratori finissero negli orribili scontri e prendessero due o tre manganellate in stazione mentre cercavano l'uscita? La manifestazione, invece, per chi c’era, cioè tutti, tutte e tutt*, ha avuto tutt’altro valore: il grande valore di una lotta giusta, calma e pacifica, combattuta con amore, con grande cifra umana, per pietà nei confronti dei palestinesi e per il senso di comunità che si sta creando in questa splendida città. Un sublime fiume di vita, di colori, di persone che si sono accalcate sulle strade per dire “Adesso basta!”. Manifestare con calma e amore è un atto che rafforza la comunità e la dignità di tutti, andrebbe detto più spesso. Una visione splendida è quella che emerge nei ritratti fotografici di Lorenzo Menozzi e Luca Fantuzzi: un amore che ha riempito le piazze con ogni età, ogni sesso, ogni ceto; un amore che ci mancava. A Parma non si sono viste violenze, ma solo abbracci, canti e speranza. Lorenzo e Luca hanno anche ritratto magistralmente la precedente manifestazione, quella del 21 settembre, nata in seguito alla decisione del Festival del giornale Open, che si è svolto per tre giorni a Parma, patrocinato dal Comune e dall’Università, di ospitare nella sua ultima giornata Ehud Olmert, ex ministro israeliano. Olmert si dichiara contrario alle attuali operazioni di Netanyahu, ma si è macchiato di crimini molto simili, come l’uccisione di mille civili nell’operazione “Piombo fuso”, oltre a una doppia condanna per corruzione. Nessuno nega che sia di un’altra pasta rispetto a Bibi, più bonario se vogliamo, ma per la comunità palestinese della nostra città, in questo momento, avere un rappresentante delle istituzioni israeliane seduto comodo su una poltrona morbida in Piazza Garibaldi, a discorrere tranquillamente con Mentana, è stata una grande mancanza di sensibilità da parte dell'amministrazione, e anche una profonda offesa. Molte associazioni hanno indetto una manifestazione pacifica che non ha visto scontri con la polizia né tantomeno disordini. Eppure il Comune ha deciso di blindare la piazza: numerose squadre di polizia armata bloccavano ogni accesso e ogni uscita. Hanno impedito alla gente pacifica di Parma di entrare nel luogo simbolo della democrazia, Piazza Garibaldi, e contestare liberamente chi stava parlando. Davanti alle squadre, nessuno ha aggiunto violenza a quella subita. La manifestazione si è spostata alla statua del Partigiano, e lì si è parlato, si è cantato e ci siamo abbracciati. Lì, più che mai, mi sono sentito orgoglioso d’essere cresciuto in questa città. Sotto il riverbero vermiglio delle bandiere che sventolavano al sole, ho continuato a manifestare, portando il mio pensiero e le mie preghiere a Dio per quella flotta di eroici naviganti che, speriamo, imporranno il nostro volere di pace. Vero è stato l'amore di questi giorni. Vero il cuore che era addolorato. Vera anche la rabbia che proviamo.
Autore
Alessandro Mainolfi
Luca Fantuzzi
Lorenzo Menozzi