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La Francia sta affrontando un momento cruciale e queste settimane sembrano essere il punto di svolta del prossimo futuro. Dopo le elezioni del 2024 che hanno visto un incredibile successo del Rassemblement National poi sconfitto al secondo turno, la coalizione di governo non si è mai dimostrata, oggettivamente, capace di governare il Paese, con continue crisi causate da dinamiche interne, in un momento in cui i Paesi europei devono affrontare gravi minacce esterne. La data che potrebbe segnare un punto di svolta nella sua storia recente sarà l’8 Settembre, data in cui il Primo Ministro François Bayrou affronterà un voto di fiducia all’Assemblea Nazionale, che appare già come una battaglia quasi impossibile. La sua coalizione centrista (nel grafico, in giallo), con soli 210 seggi su 577, non ha i numeri per reggere l’urto di un’opposizione compatta, che va dall’estrema destra del Rassemblement National (a destra) fino alla sinistra radicale di La France Insoumise che guida la coalizione di sinistra (in rosa).
Il Presidente Macron, in caso di caduta del governo, si troverà davanti a un bivio: tentare la strada di un nuovo premier in grado di raccogliere una maggioranza fragile; oppure sciogliere il Parlamento e richiamare i francesi alle urne. Entrambe le opzioni, sottolineano diversi analisti, non farebbero che accentuare la percezione di instabilità, già definita dal Wall Street Journal come una italianizzazione della politica francese, segnata da governi brevi, voti di sfiducia ricorrenti e maggioranze precarie. Questa instabilità istituzionale non è solo una questione di aritmetica parlamentare: come accennato prima, la situazione geopolitica attuale dell’Europa è talmente complessa che l’instabilità della Francia (rispetto alla solidità governativa interna di Germania e Italia) mina la credibilità internazionale di Parigi, riduce anche il peso decisionale dell’Unione Europea e, soprattutto, riduce il peso decisionale francese all’interno della stessa Unione Europea. Questo è facile da tradurre nel piano geopolitico: sono anni che la Francia perde sempre più i rapporti con le sue ex-colonie nell’Africa, sostituita da Russia e Cina.
Il malato d’Europa: la crisi economica francese
Se la politica francese sta vacillando, l’economia non è assolutamente in grado di sostenere il colpo, anzi, aggrava la situazione. L’attuale debito pubblico al 113% del PIL si aggrava con un deficit che nel 2025 si attesterà al 5,8%. È la Francia ora a trovarsi al centro delle preoccupazioni dei mercati e delle istituzioni europee. Le misure proposte dal governo Bayrou nel bilancio 2026 – tagli per 43,8 miliardi di euro, blocco delle assunzioni nel settore pubblico, congelamento dell’indicizzazione delle pensioni e persino l’eliminazione di due giorni festivi – sono state definite dallo stesso premier una “chirurgia d’urgenza”.
È importante notare però come gli economisti si dividano: alcuni, come Olivier Blanchard del MIT, hanno ricordato come le politiche di austerità in un contesto di crescita debole possano rivelarsi controproducenti, alimentando la recessione invece che contenerla. L’FMI, pur riconoscendo la necessità di consolidare i conti, ha suggerito un approccio graduale e accompagnato da riforme strutturali volte a rafforzare la produttività.
Intanto i mercati guardano con crescente diffidenza a Parigi: i rendimenti dei titoli decennali hanno superato il 3,5%, livello più alto da un decennio, e le grandi imprese francesi, da Carrefour a Engie, hanno lanciato l’allarme sul rischio recessione. Christine Lagarde, presidente della BCE, ha avvertito che “la caduta di un governo nell’eurozona sarebbe un evento preoccupante”, pur precisando che il sistema bancario francese resta solido. In questo quadro, la Francia appare come il nuovo malato d’Europa, etichetta che in passato era toccata all’Italia e, negli anni Novanta, alla Germania post-riunificazione.
Prospettive future
Il tessuto sociale mostra segni di profonda tensione: ifrancesi hanno già manifestato contro la riforma delle pensioni voluta da Macron e le nuove misure di austerità rischiano di riaccendere la piazza. Un sondaggio del CISE (LUISS) ha mostrato che oltre il 70% dei cittadini non si fida più né dell’Assemblea Nazionale né del governo, un livello di sfiducia che colloca la Francia tra i Paesi più disillusi d’Europa. Si può parlare di un affaticamento democratico: la popolazione si sente intrappolata tra élite tecnocratiche considerate distanti e opposizioni radicali che non appaiono pronte a governare. Questo cortocircuito rischia di trasformarsi in un fertile terreno per l’ascesa definitiva del Rassemblement National di Marine Le Pen, oggi accreditato come il partito più popolare nel Paese. Eppure, non mancano spiragli: la Francia resta una potenza industriale e tecnologica con un forte investimento nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale, settori che l’Unione Europea considera strategici. L’innovazione digitale, se sostenuta con politiche pubbliche coerenti e con un maggiore supporto alle PMI, potrebbe rappresentare una via di uscita dalla stagnazione economica.
Autore
Daniele Mainolfi
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